NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il generale Marcantonio Sanfermo

di Italo Francesco Baldo

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Il generale Marcantonio Sanfermo

Il nostro Risorgimento è costellato da tanti protagonisti, alcuni notissimi, altri meno, alcuni rimarranno solo nelle memorie familiari e altri non ebbero e non avranno il loro nome iscritto in alcuna lapide o saggio. Eppure ciascuno di loro ha fatta, come si dice, la sua parte, e di loro bisogna serbare ricordo. Ciò è particolarmente facile quando vi sono occasioni speciali, come un anniversario. Allora la memoria si fa vita, ossia, come diceva Cicerone la “storia è vita della memoria”. A noi compete questa memoria e lo facciamo anche ricordando sia i maggiori, quelli dei monumenti per intenderci, sia quelli che hanno lasciato tracce deboli oggi, ma magari all’epoca della lotta a favore di un’Italia unita, importanti e celebrate. Tra questi protagonisti merita di essere oggi ricordato anche il generale Marcantonio Sanfermo (1783-1849). Fu ingegnere che lavorò con la Repubblica di Venezia, poi, dopo l’occupazione francese con gli invasori, fu anche ufficiale napoleonico, e dopo il 1815 con gli Austriaci. Fu considerato uno dei padri dell’idraulica della pianura veneta, che conosceva palmo a palmo non solo per il territorio, ma anche per la popolazione. Si occupò del problema delle bonifiche, asciugamenti meccanici li chiamava il Sanfermo, e della sistemazione dei comprensori nel dipartimento del Brenta e quando fu progettata nel 1837 la Ferdinandea, la Ferrovia Milano-Venezia anche del vantaggio che potevano arrecare le linee ferrare nel territorio dell’alta Italia. Fu però anche un protagonista delle vicende risorgimentali. La ribellione di Vicenza costrinse la guarnigione austriaca ad andarsene, e fu eretto un Comitato provvisorio per il governo. Accorsero anche truppe pontificie e molti volontari. A Padova si formò una compagnia di studenti universitari, detti “crociati” che vennero in aiuto ai vicentini con la vessillifera Maria Tagliapietra. Furono detti “crociati” perché portavano un panno a forma di croce, color rosso, cucito sull'uniforme, che era, in genere, di stoffa, di vario colore, con un cappello piumato, "alla Ernani". A Marcantonio Sanfermo fu affidato il compito di condurre gli studenti. Il Sanfermo fu inoltre nominato capo dei corpi franchi veneti, circa 3000 uomini. La sua attività contro gli austriaci si svolse in particolare durante la cosiddetta Battaglia di Sorio, località di origine longobarda dal 1858 unita nel Comune di Gambellara che nello stemma riporta il cippo eretto nel 1868 su progetto di Antonio Caregaro Negrin, a ricordo della battaglia. Una forte armata austriaca comandata dal generale Principe di Liechtenstein, che faceva incursioni nel territorio vicentino incontrò questi studenti, inesperti e mal armati, avevano ancora facili ad avancarica. La sconfitta fu dura e attribuita anche al generale Sanfermo. I caduti ebbero funerali solenni a Vicenza con l’intervento del vescovo Giuseppe Cappellari, il cui ruolo nell’ambito del 1848 vicentino non è stato ben posto in evidenza e così il presule si espresse: «Noi dobbiamo pregare perché la Causa da voi sostenuta colle armi, la Causa della Nazione sia protetta dal Dio degli eserciti. E però di cuore abbiamo benedetto e benediciamo alle vostre spade, alle vostre bandiere ed a chi corre o si presta in qualunque modo alla difesa della patria...» Il Sanfermo fu sollevato dal comando e di ciò resta la sua memoria (cfr. Sui fatti di Sorio e di Montebello al generale di divisione Zucchi a Palmanova, s.l.; s.n., 1848), ma intatto rimase il valore e la riconoscenza. La Repubblica di Daniele Manin lo chiamò alla difesa di Venezia, dove il 9 febbraio 1849 morì. Del suo valore è precisa testimonianza quanto disse l’abate di Adria Costante Businaro (edizione, Venezia, Tip. F.T. Anselmi, s.d.), in occasione del trigesimo delle esequie, celebrato nella Chiesa parrocchiale di Santo Stefano a Venezia il giorno 12 marzo 1849. Erano i giorni della Repubblica di San Marco, il Sanfermo fu ricordato dai Militi della Terza Legione Brenta Bacchiglione. L’orazione funebre fu affidata all’abate di Adria Costante Businaro, che partecipò come cappellano anche a varia spedizioni garibaldine. In essa l’abate ricordava il valore del generale in relazione all’ideale dell’Italia, promosso proprio da Napoleone:«quante belle speranze anche in questa sventurata Italia non brillarono al verbo che la tornava alla vita!”. Questo l’inizio dell’impegno del Sanfermo in epoca napoleonica e che per lui e per l’Italia culminò l’8 aprile 1848 proprio nella battaglia di Sorio. L’abate così lo ricordò alla fine dell’orazione:” Ma Iddio è pietoso, né certo vuol negare ai martiri della patria, anche dopo la morte, le patrie consolazioni. Tu vincerai, esulterai con noi. Già le Romagne rigettarono il fatato inciampo, ed al primiero diritto risalirono; accennarono alla Toscana e fu Toscana con esse; il guerriero Piemonte le guarda, e ad esse piega fraternamente; il trono del Borbone tentenna, Venezia invitta sta… “Oh! Deh! Tu prega l’Eterno, che l’armonia di questo cielo che ci sorride, l’armonia che sul nostro capo collega gli astri alla danza concorde, rifletta almeno adesso nei nostri animi; perché il primo grido che nasca da questa estati de’popoli, sia uno solo: Italia! Guerra!” e Tu avrai allora salutata dal Cielo la nostra vittoria, ed esultato al Trionfo di quel vessillo, al cui volo glorioso consacrasti i tuoi giorni.» I suoi “ragazzi” lo ricordarono come “Vero amatore della patria” e tale anche noi lo dobbiamo considerare.

Per saperne di più cfr. Kozlovic Andrea, La Battaglia di Sorio, Vicenza, Editrice Veneta, 1998

 

nr. 23 anno XVI del 18 giugno 2011

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