NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Interventi

Quale priorità?

di Mario Giulianati
25 gennaio 2014

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Interventi

Quale priorità?

 

 

EMMA_DANTE (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)In questi ultimi giorni tre episodi, pur molto differenti tra loro ma, a mio avviso, tutti e tre stimolanti ci sono venuti a conoscenza per merito dei mas media. Li cito ma l’ordine che ne esce non significa che l’uno sia più importante dell’altro. Il primo è l’arrivo di un nuovo direttore artistico al Teatro Olimpico, nello specifico la signora Emma Dante che pare essere fornita di un ottimo curricula. Il secondo è la donazione alla Biblioteca Bertoliana, da parte della Fondazione Vajenti dell’archivio fotografico. Un deposito enorme, di 500.000 immagini che coprono un intero secolo. Il terzo episodio è cosa già nota ampiamente ma ritorna vigorosamente alla attenzione dei vicentini, e non solo, riguardando la seconda mostra il Basilica Palladiana, organizzata da Linea d’ombra che, tra l’altro, annuncia già la preparazione del terzo evento, questa volta però sopportato, almeno istituzionalmente, dalla Fondazione del Teatro Comunale. Tre iniziative, tra pubblico e privato, cosa questa che se viene svolta con grande equilibrio è sicuramente apprezzabile, che hanno qualche cosa in comune. Si intrecciano e si sviluppano su un piano che, almeno teoricamente, riguarda la vita culturale della città. Le mostre, queste e tante altre, svoltisi precedentemente e, purtroppo, dimenticate, hanno, o dovrebbero avere, almeno due obbiettivi: quello di accrescere il livello culturale dei visitatori e quello, turistico ed economico, di attrarre più visitatori possibile. La donazione Vajenti, è di per se, oltre che un gesto di grande generosità e di forte dimostrazione di senso civico, un fatto culturale che segna un momento elevatissimo della tradizione legata alla Bertoliana, dove illustri e meno illustri cittadini, nei secoli hanno arricchito il patrimonio di questa Istituzione. L’arrivo del nuovo direttore artistico al Teatro Olimpico riapre un ragionamento attorno all’utilizzo del capolavoro palladiano e riporta l’attenzione sulla autentica vocazione dell’Olimpico. Attorno a tutto ciò, ma anche ad altro ancora che si muove su questo binario vicentino, vi è un ragionamento da svolgersi come fatto prioritario. Scelta di fondo. Elemento primario. L’interrogativo, che non è solo vicentino, tutt’altro, e nemmeno riguarda esclusivamente il nostro tempo, è definibile dalla scelta, per l’ente pubblico, tra l’operare per generare stabilità delle strutture culturali e l’operare tramite eventi culturali. La cosa migliore risiederebbe nel fatto che si potesse procedere sul doppio binario ma ciò, proprio di questi tempi, pare assai difficile. Rimane quindi il dilemma: quale strada intraprendere per aiutare la crescita culturale, e quindi civile, di una comunità? Enrico Hüllweck, ancora in campagna elettorale, prima di essere eletto sindaco di Vicenza, aveva scelto la strada dell’erigere anzitutto le strutture e con grande determinatezza ha portato a buon fine, al di la dei diversi giudizi sull’estetica dell’opera, il Teatro Comunale, oggetto di una contesa pubblica durata quasi sessanta anni. Poi ha messo mano alla Bertoliana aiutando il restauro di Palazzo Cordellina, realizzato per merito della Fondazione Cariverona, ha tentato ancora di produrre un progetto per la nuova Bertoliana. Achille Variati, sempre con la benedizione della Fondazione Cariverona, non mai sufficientemente ringraziata, ha scelto una strada diversa, quella dei grandi avvenimenti. Qui non si tratta di decidere chi ha torto o ha ragione, ma di comprendere quale delle due strade intraprese hanno generato, o genereranno in futuro, maggior valore per la città in termini di crescita culturale, civica, economica. Ed ecco che entra in campo il secondo soggetto, la Donazione Vajenti, che mi diviene stimolo per una mia personale valutazione. Sono convinto che la prima mostra realizzata nella ricuperata Basilica palladiana (altra avventura, così pure il restauro di Palazzo Chiericati, voluta da Hüllweck e conclusa straordinariamente sempre per merito della Fondazione Cariverona) sia stata un grande hullweck (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)successo mediatico, un buon successo economico per alcune categorie commerciali – certamente il turismo ne ha guadagnato - ho qualche difficoltà a ritenerlo un elemento stabile di crescita - tramite la memoria - culturale della comunità vicentina e mi auguro che la seconda mostra, che si apre a febbraio, ottenga un consenso, da parte dei visitatori, ancora maggiore. Se lo merita la città e se lo merita Linea d’ombra. Rimane un interrogativo, da porre a margine di ogni altro ragionamento, che si sostanzia nella impossibilità di comprendere quale vantaggio economico abbia avuto, e avrà nel prossimo futuro, la Amministrazione Comunale, non alcune categorie di cittadini, da queste due mostre. Non alcune categorie ma proprio lente pubblico. Sono però anche convinto che una buona e saggia amministrazione dovrebbe fare una attenta valutazione del straordinario regalo ricevuto da Vajenti. Questo archivio fotografico racconta, per immagini, la storia di un secolo di vita vicentina. La sua importanza risiede nella possibilità di essere messo interamente a disposizione degli studiosi e di quanti, magari per semplice curiosità, vorrebbero approfondire la storia della propria città. Ma per far questo necessitano forti mezzi economici per rendere utilizzabili i 500.000 scatti fotografici, spazi adeguatamente attrezzati, personale preparato, strumenti tecnologicamente all’avanguardia. Insomma un investimento importante ma che potrebbe rivelarsi un notevole elemento di crescita, costante, sotto ogni citato profilo. Così si dovrebbero anche valutare le mostre. Non solo sotto il profilo dell’avvenimento turistico straordinario, ma anzitutto individuando una vocazione per la Basilica, una sua missione complessiva e duratura: culturale, turistica, economica. Andare quindi alla ricerca di un proprio spazio e di un proprio originale obbiettivo. E quindi si giunge a doversi confrontare con il terzo episodio: la nuova direzione del Teatro Olimpico. Molti anni or sono, è toccato, purtroppo, a me, chiudere una pagina importante del Teatro Olimpico, quella del comitato per gli spettacoli classici, nella mia veste istituzionale del tempo e su preciso mandato del Consiglio Comunale. Con ogni probabilità è stato un errore. Certamente doveva essere rivisto il rapporto di forze e definiti nuovi equilibri tra le diverse partecipazioni ma l’averlo scardinato, a poco a poco ha portato il Teatro Olimpico ad assumere connotati non precisamente adeguati ne alla sua origine ne alla sua tradizione. La nuova direzione, a mio avviso, dovrebbe recuperare, dopo questi lunghi anni, pressappoco 25, in cui non tutto quello che è stato prodotto è da considerarsi negativo ma, certamente, di anno in anno si è scivolati in una deriva che ha annebbiato assai la vera ragione dell’essere dell’Olimpico, il più bel teatro del mondo, che è nato per la rappresentazione di opere classiche. Non è un teatro buono per qualsiasi spettacolo. Non è fatto per imbastirvi strane operazioni d’avanguardia. È stato pensato e costruito per mantenere una memoria importantissima e quale fonte della nostra civiltà. 

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