Alcune sagome di ferro unite ad altre opere di vetro ed un insolito totem sono di Maruzza Bianchi Michiel; una serie di dipinti con catrame, petrolio bianco, terre pigmenti su carta a mano appartengono ad Antonia Trevisan; mentre Visal (Irene Mursia) a carboncino disegna lievi tracce di segni, simili a forme circolari dalle piccole dimensioni, in via di evoluzione nello spazio. È una mostra trasversale, che passa attraverso diverse espressività tra la fragilità delle carte intelaiate, altre lievissime per transitare a materiali di ferro e vetro. Questo è il momento per la galleria dell’espressività al femminile con dei lavori sofisticati, non impositivi. Bianchi Michiel, artista dalla vivace attività in vari territori, rivela una creatività versatile, alimentata da uno stile eclettico.

È attratta dai fiori e li sottrae al tempo per meglio comporli in teche fra riflessi azzurrati e luminescenze di verderame. Alcune sagome di ferro, simili ad ombre senza epoca, riluttanti nell’evolversi in corpi interpretano colombe disposte al volo, di figure allungate, che nel cromatismo del metallo e nell’appoggio trasformano la superficie in epidermide ed il peso della materia in figura tangibile.

Sono di Trevisan i paesaggi, i richiami lagunari senza tempo, dipinti in una luce trasparente, che filtra fra le trame di una pittura diluita, aperta al rapido passaggio di segni. I teneri azzurri, gli acquorei colori attirano lo sguardo sull’immagine dove il nero dei catrami, nelle terre nella varietà dell’ocra richiamano alla natura rarefatta ed estesa, toccata da svaporati cromatismi argentei, di fondali tramati di colore-luce.

Anche Visal affida alla leggerezza della carta forme soffici, leggere, volute, flessibili in un flusso continuo nello spazio disegnate a carboncino. Scrive: “Con il carboncino registro sulla carta quelle tracce di demoni e folletti, incontri di felicità e gioia, le emozioni, le relazioni e le esperienze per dare a tutto ciò una forma che si possa osservare”.