NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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I Celti nell'Alto Vicentino

Nel libro Valdariete Gloria Maddalena e Marilì Menato svelano l’inequivocabile presenza dell’antico popolo nelle nostre valli, “viaggiando” dall’età del ferro fino all’epoca romana

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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I Celti nell'Alto Vicentino

Un tema che i più sono abituati a leggere o vedere in romanzi o film d'avventura, ma che per storici e ricercatori è quanto mai reale. È quello che riguarda l'antico popolo dei Celti, etnia da sempre avvolta da un alone di mito e leggenda. Sorgono allora alcune domande: chi furono i primi abitatori delle valli dell'Agno, del Chiampo e del Leogra? Da dove venivano i nostri antichi progenitori? Erano Reti, abitanti dei I Celti nell'Alto Vicentino (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)monti? Oppure erano Veneti o Euganei, abitanti della pianura? O erano Germani o Cimbri, provenienti dalla lontana Baviera? Nel libro Valdariete - I Celti nell'Alto Vicentino (Edizioni Mediafactory), le due autrici Gloria Maddalena e Marilì Menato offrono una lettura delle antiche origini dall'Età del Ferro (V-II sec. a.C.) fino all'epoca romana. Con una rigorosa ricostruzione documentale, svelano l'inequivocabile presenza dei Celti nelle nostre valli, introducendoci nell'affascinante mondo di questo antico popolo attraverso usi, costumi, simboli sacri, vita quotidiana. Ne esce un ritratto vivace di un’etnia ritenuta dalle usanze crudeli ma anche straordinariamente dotata di spiritualità, sensibilità artistica e senso civico. Un libro che offre una nuova e stimolante interpretazione delle nostre antiche origini. I Greci li chiamarono Keltòi, i Romani Galli, ma per entrambi erano i Barbari. Eppure - scrive Jean Markale nella quarta di copertina - l'impronta dell'antica civiltà celtica ha dato al mondo occidentale il gusto dell'avventura e del rischio, opponendosi alla staticità della civiltà greco romana. Non si è tentato nulla di grande che non affondi le radici nel pensiero celtico.

Come scrive Mara Migliavacca nella prefazione, la presenza di elementi celtici nelle nostre valli non è una novità. Risale agli scavi 1983-1984 il rinvenimento a Trissino di un torque in un’associazione stratigrafica databile alla fine del II inizi del I secolo a. C.; a Montebello Vicentino un importante insediamento presenta, nei secoli dal VI al II, una percentuale significativa (17% come valore medio) di materiale celtico, in un contesto che nelle prime fasi è prevalentemente veneto ma si connota in modo più marcatamente celtico nelle fasi più tarde. Stretti legami tra mondo celtico transalpino e Italia settentrionale sono attestati già a partire dalla fine del VI secolo e gli inizi del V: oltre alla presenza di materiale di importazione, è significativa una produzione locale di fibule ibride, la presenza di ganci di cintura traforati. (…) I Celti divennero mediatori degli scambi tra etruschi e area alpina ed esercitarono un ruolo attivo anche nei traffici con i greci, come attesta la loro presenza ad Adria. Si è parlato però anche, in base all’analisi condotta su alcune necropoli, della pratica di matrimoni misti per rinsaldare i legami tra Veneti e Celti. In tale quadro si può ben collocare la presenza di insediamenti di Celti nell’Alto-Vicentino, come proposto da questo volume, che ha senza dubbio il merito di invitarci a guardare, conoscere e amare il nostro territorio riconoscendone la ricchezza culturale.

I Celti nell'Alto Vicentino (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Non li abbiamo cercati, ma solo incontrati - scrivono le due autrici nell'introduzione al libro - . Li abbiamo conosciuti piano piano scoprendo un popolo geniale e insolito, da far uscire dall’ombra in cui è stato finora relegato. Storici ed archeologi ritengono che i Celti, nella loro marcia verso oriente, si siano fermati nella parte meridionale del lago di Garda e abbiano risparmiato il Veneto. Dagli scavi archeologici, però, continuano a emergere reperti che rimandano a questo popolo testimonianze che sono sempre state sminuite dagli studiosi che considerano i Celti, per quanto riguarda il Veneto, presenze occasionali e comunque ininfluenti sulla cultura locale. Importanti tracce, invece, ci sono nelle nostre zone, sia come toponimi che come strutture di insediamento. Nel corso della nostra ricerca abbiamo allargato lo sguardo dal territorio alla lingua, dando vita alla Gens che fa parte del nostro background: così come non possiamo sceglierci i genitori, tantomeno i progenitori, vale quindi la pena di conoscerli e, se è il caso, di apprezzarli. Da osservatrici del paesaggio e dei toponimi siamo arrivate a concludere che nelle Valli dell’Alto Vicentino, nell’Età del Ferro, viveva un’importante tribù celtica, con ogni probabilità di Galli Cenomani, che risiedeva in villaggi sparsi fortificati. Avevano nella Valle dell’Agno una capitale morale, posta in un importante santuario, e una capitale politica. Erano religiosissimi e ci hanno lasciato i nomi delle loro divinità, attraverso i quali siamo riuscite a localizzare numerosi luoghi sacri e necropoli e a dare significato a nomi di paese, come Recoaro, Valdagno, Cornedo, Brogliano, Castelgomberto, Montecchio Maggiore e Priabona.

I Celti nell'Alto Vicentino (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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