NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Una tazza di polvere

Paolo Lanaro racconta la storia di un liceale, del suo scontro con un insegnante e del conseguente abbandono scolastico, il tutto ambientato qualche anno prima del ‘68

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Una tazza di polvere

La Sandra siede composta nel suo banco: è quasi perfetta. Sta parlando il professore di filosofia, ma a me della sorte riservata alla realtà da Malebranche non importa nulla. Dal mio punto di vista solo la Sandra è necessaria. Questo, Malebranche non può saperlo e nemmeno Dio è in grado di immaginarlo. Io invece lo so e questo è sufficiente. Il tipo divaga e le parole colano giù come suoni fessi, rimbalzano, gli ricadono in bocca insufflate di nulla. Non si scorge traccia della macchina alacre del pensiero. Il sole trapassa i vetri e va a raccogliersi davanti alla cattedra e il tipo a poco a poco vi sprofonda. Mi sembra di essere un pesce che nuota in un acquario fatto di spurghi e deliri. Finché suona la campanella. Ecco, la mattina è finita. Il tipo evapora. Malebranche se ne va a riposare nel secondo volume del manuale. La Sandra richiude deliziosamente gli astucci e io sto lì a guardarla come se fosse la cosa più vera e più essenziale del mondo.

Una tazza di polvere (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La vita di un giovane liceale fra il 1965 e 1966, un periodo che, pur precedendo il grande scuotimento del Sessantotto, già contiene, nei libri letti, nella musica, nei film e nelle coscienze dei giovani, quei presagi, quegli squilibri fra vecchio e nuovo, che poi irromperanno negli avvenimenti degli anni successivi. Questo il filo conduttore di Una tazza di polvere (Cierre edizioni) del vicentino, scledense di nascita, Paolo Lanaro il quale in poco più di 120 pagine condensa le vicende del protagonista dall’inizio della seconda liceo, attraverso una serie di eventi quotidiani che però portano, soprattutto a causa di uno scontro con un professore e conseguente sospensione da scuola, al crollo psicologico, al ricovero in ospedale (a Lonigo, per onor di cronaca) e al successivo abbandono del liceo, o perlomeno di quel liceo.

La storia raccontata - si legge nelle note introduttive al libro - è di qualche decennio fa ed è stata desunta da un certo numero di fogli sparsi, riemersi casualmente durante un trasloco. L’autore aveva dimenticato che esistessero degli appunti risalenti all’epoca dei fatti narrati. Questo per dire che quanto è scritto è in buona parte frutto di un’operazione eseguita con molta libertà su un canovaccio preesistente. Il risultato è che a parlare è un uomo avviato verso la vecchiaia travestito da diciottenne. Ovverosia un diciottenne che si nasconde dietro un uomo assai più avanti negli anni. Quale di queste due possibilità sia la più vera, o se addirittura ce ne sia una terza, non è molto chiaro.

Ci sono i primi turbamenti adolescenziali per l'altro sesso, le inquietudini, la timidezza:

Sono andato con gli amici del paese a vedere Il selvaggio con Marlon Brando. Il film inizia con l’immagine di una strada deserta, come può essere quella per Marano nelle prime ore del pomeriggio. Ma dopo un po’ si sente un rombo avvicinarsi: arriva Johnny (Marlon Brando) a cavallo della sua moto. Johnny è innamorato di Kathie, ma tra di loro non succede nulla, come tra me e la Sandra. Lui ha una maglietta bianca e un bellissimo giubbotto di cuoio nero. Il mite don Giorgio, a cui qualche giorno dopo abbiamo raccontato il film, ha detto che si comincia con le moto, con la cicca in bocca, i basettoni lunghi, e poi si finisce in galera o disoccupati. Mi è sembrata una stronzata, ma non ho avuto il coraggio di contraddirlo. Risultato: tutti, adesso, vorremmo avere un giubbotto di cuoio nero.

E, come cantava Lucio Battisti in un’indimenticabile canzone ".. e poi ancora, ancora amore, amor per te..." c’è l’eterno sentimento amoroso:

La Paola mi ha confidato che in agosto lei e la Sandra hanno trascorso un paio di settimane a Isola nella villa della Laura. Sono rimasto malissimo, perché mi sono visto davanti agli occhi Dumont che arrivava con la decappottabile, faceva salire la Sandra e via, come due piccioni in amore, verso Ignago, Torreselle, Montepulgo, tra noci e castagni. Lo vedevo fermare la macchina e appoggiarle le guance cascanti sul viso e io là nella mia camera, lontano dal mondo.

Ci sono la nostalgia e le riflessioni sul senso della vita ad una festa di capodanno:

Una tazza di polvere (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Intanto le luci si erano abbassate e si andavano formando le coppie. Mi domandavo quanto sarebbero durate: alcune soltanto una notte, altre qualche settimana, altre ancora, apparentemente solide, sarebbero finite in frantumi. Dumont e la Sandra ballavano già da un po’ cheekto-cheek, ma la cosa mi lasciava stranamente indifferente. Piuttosto mi sentivo profondamente inquieto per l’anno che era inesorabilmente terminato e per quello che iniziava. Un fascio di nostalgie e di premonizioni. Le coppie mi passavano davanti: alcune bellissime, alcune visibilmente fittizie, alcune sfacciate, alcune meravigliosamente innocenti. Era tutto terribilmente precario.

Riflessioni che proseguono anche in versione notturna:

Certe notti d’estate l’anima (o la mente o il miocardio) ha strane vibrazioni. Come il gelsomino notturno, si chiude e si apre. Si ha l’impressione che ci sia un dolce vigore nel petto, un richiamo di forze segrete che mobilita tutti i nostri sensi. Il pensiero va alle belle ragazze che hanno attraversato la nostra vita: l’impulsiva Vanna da Parma, l’opulenta Antonietta di Dolo, la piccola e sfrontata Speranza abbracciata in mezzo a un canneto, la magnifica e taciturna Dodi, la Franca regale e sconvolgente, la Sandra... Quando all’improvviso scocca questo nome, il ragazzo sprofonda in un’atmosfera di trepidazione e smarrimento e sembra quasi che si accinga a cogliere, come fosse un frutto sconosciuto, il mistero che si cela nelle piccole cose della natura che lo circonda. Ma è solo un’illusione da cui prontamente lo strappa lo stridore di una balera poco lontana. Là i venali amici del ragazzo stanno allegramente folleggiando, incuranti di ogni patema e dell’enigma che

tutti ci sovrasta.

E sullo sfondo la città di Schio, definito nel testo"uno strano paese". È come se fosse senza colore. È uniforme, tecnico, produttivo. Ogni mattina ho la sensazione di passare per un cancello da cui uscirò stremato cinque ore dopo. Che hai fatto? Una versione di latino, una di greco, una conversazioncina in italiano, una partita di pallavolo. Ciao, ci vediamo domani.

Il libro, presentato a fine maggio in un liceo vicentino, è oggetto di una nostra conversazione con l’autore.



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