NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Professione medico: il confronto con la realtà

Le cerimonia di premiazione di ha messo di fronte diverse generazioni con tutti i profondi cambiamenti dei possibili riferimenti di vita - Di attualità e di futuro parlano tutti, ma l'interpretazione è diversa - In primo piano la prospettiva della funzione rispetto ad una organizzazione che deve prepararsi al grande cambiamento della medicina sul territorio

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Professione medico: il confronto con la realtà

(g. ar.)- Professione medico, tempo che scorre e che pretende da tutti una diversa chiave di interpretazione dei rapporti e della realtà; e poi l'organizzazione sanitaria in generale, l'orizzonte verso cui sta navigando con la grande novità di un territorio da riconsiderare con il riferimento degli ambulatori pubblici associati. Ma non basta: sullo sfondo c'è l'università e il suo sistema didattico, i suoi meccanismi di disponibilità alle iscrizioni ed i modi di accesso alla Facoltà, le scuole cliniche di specializzazione, la logica asciutta dei numeri che propongono modi di approccio diversi e probabilmente anche un differente futuro. Se i medici laureati sono ogni anno 10mila è bene sapere che il 30 per cento si dedicherà alla specializzazione mentre il resto andrà variamente distribuito tra le varie possibilità, a partire da quella della medicina pubblica, dell'esperienza nella guardia medica, dentro quei meccanismi che alla fine producono i medici di famiglia, ovvero alla ricerca di altre soluzioni come il settore privato o la scelta più difficile che è quella di un'avventura totalmente non garantita verso altri Paesi, soprattutto europei.

La complessità della professione medica oggi va di pari passo non solo con i riferimenti appena ricordati, ma anche con la crisi economica profonda e di difficile soluzione come quella che stiamo attraversando. Nessuno se ne può sentire esente, nessuno la può ignorare o snobbare, tutti debbono essere consapevoli che pure nella convinzione di avere in mano un patrimonio culturale e tecnico che assicura almeno relativamente un successo nella ricerca di un lavoro rimane sempre presente il carattere perentorio del momento particolare di oggi per cui quando si decide e si sceglie quel che se ne ricava subito dopo è qualcosa di poco meno che definitivo.

Professione medico: il confronto con la realtà (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Nel presentare e condurre la giornata dedicata ai laureati di 65 e 50 anni fa, nonché ai neolaureati che già con qualche pratica stanno affrontando l'esame di stato, il presidente dell'Ordine dei medici Michele Valente ha sottolineato con precisione soprattutto gli elementi portanti di una posizione nella società che da parte del medico consiste nel non cambiare la sostanza dei valori di riferimento; quel che continua e non può essere oggetto di discussione che cosa può essere se non il principio guida della professione e cioè tendere al miglior risultato di vita dell'uomo, aiutare le persone a mantenere il più possibile o a migliorare il proprio standard qualitativo di vita. Tutto questo, aggiunge Valente, pur nella consapevolezza di tutto quel che negli anni cambia cosicché contenuti, tecniche e rapporti vengano a far parte di un ventaglio completo di riferimento a cui applicare appunto i princìpi di sempre.

Il che serve a spiegare anche, conclude il presidente dell'Ordine, come è possibile stendere un parallelo tra medici che hanno passato la novantina o l'ottantina d'anni e che sono l'immagine e la testimonianza di tutta un'era storica, e dall'altra parte quelli che si avvicinano oggi alla professione, tutti attorno ai 25 anni, tutti tesi a trovare la propria strada dentro questa realtà che se non è di guerra appena conclusa, come la realtà di chi li ha preceduti, è certo un rebus da sciogliere arrivando se possibile prima a capirlo. La speranza insomma è un buon viatico: se ce l'hanno fatta loro, è l'indicazione di Valente, ce la farete anche voi. I vecchi, giusto per intenderci, sono i 24 laureati di mezzo secolo fa e oltre, fino a 65 anni dall'inizio nella professione. I giovani sono invece i 78 festeggiati per la laurea appena ottenuta. Metterli assieme, si osserva, che testimonia una volta di più della compattezza molto forte presente in questi professionisti, un collante che non a caso non allenta i suoi effetti e che attorno ai princìpi di Ippocrate segue rappresentandosi appunto come qualcosa di più di una categoria di lavoro.

Dopo di che si capisce bene come sia un salto enorme passare attraverso il confronto delle esperienze dei singoli. Due generazioni che si guardano da lontanissimo. La prima generazione è quella dei laureati del dopoguerra in un contesto sociale disastroso, in un Paese che aveva come prima necessità quella di ricostruirsi e di superare l'orrore dentro cui era rimasto immerso per quattro anni prima di uscirne ancora rovinosamente attraverso una guerra civile. Questa è la generazione dei miracolati, di quelli che "ce l'hanno fatta nonostante", di quelli che si erano trovati dopo la fatica degli studi dentro una realtà lavorativa in cui scegliere bene e con sicurezza era davvero un problema. Questo è il caso di Giovanni Ruperti con i suoi ricordi di una università frequentata a Messina e raggiunta attraverso difficoltà inimmaginabili perché lui si muoveva da Palmi, in Calabria e tra le cose da superare c'era anche un ponte crollato prima di riuscire ad arrivare allo Stretto e ad attraversarlo. Ruperti arrivò a Vicenza da laureato nel 1950: prima si era iscritto a giurisprudenza, poi sotto la pressione del consiglio materno aveva cambiato per medicina. Non fu una cattiva scelta: da pediatra è stato medico di ospedale e poi ha lavorato a Bressanvido e Bassano. Conserva della sua vita di medico lo straordinario rapporto con i bambini. Della situazione di oggi, che non gli appartiene più se non come osservatore esterni, dice che non gli piace molto: "Non ne sono aggiornato, ma i sintomi non sono buoni se la gente si lamenta per l'eccessiva burocrazia". Ai giovani dice che dovrebbero provare a continuare la medicina che la sua generazione ha cominciato e poi praticato per decenni e che consisteva nella realizzazione di princìpi importanti come la solidarietà tra i medici, il loro essere assieme per il bene dei pazienti: Non bisogna avere paura, insomma, di tornare se occorre ai vecchi concetti di amore per l'ammalato e fratellanza tra i colleghi: "Una volta ci si voleva bene come fratelli...".

La visione storica rappresentata in questo caso deve però ora fare i conti con un'altra storia e altri modelli di riferimento, anche perché lo stesso elementare concetto di medico di famiglia o medico condotto, ha subìto nel frattempo una vera e propria rivoluzione di meccanismi e di comportamenti. Se ai tempi della generazione del dott. Ruperti c'erano i medici che diventavano accompagnatori della stessa famiglia anche per due generazioni,, quando non erano tre, oggi il rapporto col medico si è da una parte spersonalizzato e avviene perlopiù nell'ambulatorio, ma dall'altro ha assunto aspetti tecnico organizzativi del tutto inediti anche soltanto una ventina di anni fa.



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