NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Lo "scandalo" di quel bambino autistico

Il 1 ottobre del 1964 Ferruccio Poli si presentò con il figlio Francesco alla scuola elementare del quartiere: mio figlio ha problemi -disse Poli- ma la Costituzione gli assicura il diritto allo studio e a me lo impone come dovere di padre. Uno shock per le amministrazioni che ai disabili non avevano mai pensato - Però le famiglie furono più forti e nacque l'Anffas

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Lo "scandalo" di quel bambino autistico

(g. ar.)- Cinquant'anni dopo... Quando il primo giorno di scuola Ferruccio Poli portò il figlio Francesco, autistico in quanto reso disabile per trami alla nascita, in mezzo ai ragazzini con genitori tutti in attesa di cominciare, affiorò per la prima volta da sempre il problema dei disabili. Non dei disabili a Vicenza, ma dei disabili ovunque in Italia. Le amministrazioni di allora, dal Comune alla Provincia, il problema non se lo erano mai neppure posto. Le famiglie anzi avevano maturato la comprensibile anche se assurda politica dell'isolamento totale: i ragazzini portatori di qualsiasi tipo di handicap venivano tenuti appartati, come in una riserva dentro cui potevano muoversi solo mamma papà, fratelli, eventualmente altri parenti stretti, come nonni o zii.

L'operazione pensata a lungo dal prof. Poli, appunto in vista di quella scadenza cruciale dell'inizio della scuola, provocò quindi molto più che qualche stupore o qualche sorpresa. Fu un vero e proprio shock che la politica di allora, di qualsiasi livello, compreso quello parlamentare nazionale, diede a vedere di non saper sopportare - e men che meno sostenere - mancando in effetti qualsiasi presupposto utile a sciogliere verso una soluzione qualunque tutti i nodi proposti da questo signore educato e distinto che veniva a sollecitare la semplice e asciutta corresponsione di un preciso diritto/dovere ben citato nella Costituzione repubblicana: lo studio che doveva essere offerto come possibilità concreta a qualsiasi cittadino italiano in età scolare.

VI PRESENTO FRANCESCO- La lunga attesa e la lunghissima meditazione fecero sì che Ferruccio Poli arrivasse davanti a quella scuola con il piccolo Francesco forte di un breve, lucido e micidiale copione da recitare non a soggetto, e invece con il sostegno di ottimi argomenti. Cosa disse Poli al direttore della scuola che stava accogliendo i ragazzini della prima elementare? Gli disse che il figlio aveva compiuto sei anni, era in età scolare a termini di lettera costituzionale, e che perciò era obbligo della scuola accoglierlo, almeno quanto era stato suo proprio obbligo accompagnarlo in omaggio appunto a quanto previsto: l'istruzione come diritto, ma anche come dovere delle famiglie che non vi si potevano sottrarre pena una denuncia specifica. "Questo è Francesco -disse Poli- ha il diritto allo studio e io faccio omaggio al mio dovere di padre accompagnandolo".

SORPRESA O VERO PANICO- Dire che la reazione fu di panico su tutto il fronte è poco. La scuola non era preparata ad assorbire un colpo del genere e non lo era principalmente perchè, come sottolineato più sopra, non aveva ricevuto alcun avviso preventivo, nessun genere di aiuto per poter dare una qualsiasi risposta. I disabili, semplicemente, non erano previsti perchè il difetto partiva direttamente dalla base, cioè dalle loro stesse famiglie che li tenevano nascosti, quasi segregati, per evitare naturalmente l'umanissimo disagio di vederli additati in pubblico e magari dileggiati.

Questa situazione di totale chiusura reciproca però ricevette un colpo improvviso e durissimo dall'approccio pensato ed eseguito da Ferruccio Poli. Che cosa se ne doveva fare di Francesco? Come si poteva ancora continuare ad ignorare queste situazioni? E come sfuggire ancora da parte dell'autorità scolastica ad un dovere preciso?

Lo "scandalo" di quel bambino autistico (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)COME NASCE L'ANFFAS- Le domande in sequenza erano appunto queste. Vie d'uscita non ce n'erano. Bisognava per forza fare qualcosa e che fosse qualcosa di importante, risolutivo, per alleviare alle famiglie, già duramente colpite nella loro esistenza, quanto meno questa parte del problema. Così nacque l'Anffas, prima nel Veneto e tra le primissime in Italia. Così cominciò quel lungo, difficilissimo, tormentato percorso che ha reso il continuo confronto tra amministrazioni e disabili un sentiero percorribile, soggetto magari ad alti e bassi, ma certo ricco di significato e di conquiste di non scarsa importanza. Così è stato possibile che le famiglie diventassero primo interlocutore del potere pubblico ad un tavolo di dialogo quando non addirittura di trattativa che si è popolato subito e da allora non è rimasto mai sguarnito. Così le famiglie sono diventate vere protagoniste del lavoro che in mezzo secolo è stato compiuto e ancora procede. Le vicende alterne, dal momento che proprio le famiglie hanno messo in moto e a disposizione del risultato il loro contributo anche economico, si sono determinate in misura più o meno rilevante a seconda della qualità dei politici con cui dialogare e anche in dipendenza delle condizioni finanziarie delle amministrazioni: sempre un alibi scoperto anche se meno giustificabile per dire dei no anche a richieste di normalizzazione dei rapporti perfino elementari.

FAMIGLIE E INCOMPRENSIONI- Ma tuttavia la macchina non ha mai smesso di viaggiare. Da una parte ci sono sempre le famiglie costrette a ragionare in termini di quotidianità, spesso con il fiato corto, sempre con il problema di pensare ad un futuro consistente per i loro figli e quindi inventandosi di volta in volta mezzi e risorse per realizzare ad esempio i CEOD (centri educativi e occupazionali per i disabili) che ancora oggi sono il punto di riferimento più credibile per la copertura dei tempi della giornata da trascorrere al di fuori delle sedi di associazione; dall'altra parte ci sono gli amministratori pubblici che si riassumono nella Regione (dopo anni di finanziamenti ai centri la fonte è sembrata all'improvviso esaurirsi) e nella conferenza dei sindaci delle varie Ulss. I sindaci debbono uniformarsi ovviamente alle disposizioni della Regione per cui questa catena prevista per la trasmissione dei piani e dei provvedimenti ogni tanto si inceppa e provoca disagi facilmente immaginabili.

MOLTI NODI DA SCIOGLIERE- Il tutto fa da sfondo agli altri nodi dell'assistenza come le indennità di accompagnamento, le cooperative che in genere se ne occupano, l'ammissione ai proventi pubblici sempre tendenti a ridursi e mai a riconoscere lo stato di necessità autentico delle persone. Così il confronto dell'Anffas di Vicenza e di quelle della provincia, così come si deve dire per le altre numerose associazioni nate nel corso di tutti questi anni, è sempre un faccia a faccia non facile, puntellato di grosse arrabbiature e di piccole conquiste. Anffas che a questo punto della sua storia può raccontare una cronaca lunga e convincente delle cose proposte e ottenute, del lavoro pensato ed attuato anche in proprio, direttamente a proprie spese, ma nella stessa misura narrare delusioni e frustrazioni provenienti prima di tutto dalla fatica quotidiana di regolare la propria vita con il figlio disabile senza ledere la situazione anche psicologica degli altri figli o anche semplicemente senza danneggiare la propria esigenza di unità e di serenità.



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