NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Le avventure della curiosissima Alice

Le coreografie di Mauro Bigonzetti per l’apertura della stagione di danza del comunela di Vicenza

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Le avventure della curiosissima Alice

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

La stagione della danza del TCVI è iniziata con un famoso titolo “Alice” ispirato al romanzo di Lewis Carroll “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”. Lo spettacolo è stato interpretato dalla Gauthier Dance Company Theaterhaus Stuttgart, ed è stato coreografato da uno dei coreografi italiani più famosi, Mauro Bigonzetti. Grande protagonista è la musica del Sud del Mondo, eseguita dal vivo con il gruppo Assurd (Cristina Vetrone, Enza Prestia e Lorella Monti) e la collaborazione di Antongiulio Galeandro ed Enza Pagliara.

 

Vediamo una scenografia dove ci sono delle librerie altissime che in certi momenti ricadono verso il pubblico. il libro nell’immaginario comune è la conoscenza e il viaggio. Cosa rappresentano questi libri per te e che ruolo ha secondo te il libro nella società di oggi?

Le avventure della curiosissima Alice (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Mauro Bigonzetti: “Abbiamo scelto come simbolo il libro proprio perché ci sembrava déjà vu e déjà fait di far cadere Alice nel buco e abbiamo pensato di trasportare questa discesa verso il viaggio, la fantasia e il sogno in una libreria. Alice è una bambina di una curiosità straordinaria, questo ce lo rivLe avventure della curiosissima Alice (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)ela non solo il libro, la favola, ma anche alcune affermazioni di Lewis Carroll. È la voglia di scoprire, e cosa di più simbolico di un libro, entrare in una libreria, aprire i libri, leggerli e viaggiare? Viva internet e tutto ciò che è virtuale, ma il libro ha un peso, una materia, una sua fisicità, dei colori, gli odori, la carta la stampa e tutto quello che comunque di emotivo ti ispira un libro. Viva l’Ipad, anche io leggo sull’ipad, però…”.

Si è parlato di due Alice che rappresentano il momento del passaggio dall’età infantile all’età adulta. Un altro famoso balletto che tratta questa tematica è sicuramente Lo Schiaccianoci ma anche Le spectre de la rose e in generale tutti quelli presi dalle favole. Anche il cinema ha colto moltissimo da questa letteratura per ragazzi subendo l’influenza della danza e della musica classica. Oggi il cinema sicuramente ispira moltissimo voi coreografi, dal punto di vista dell’immaginazione invece, la danza nel cinema è quasi uno strumento tecnico, penso a film come Matrix o V for Vendetta, la scena della colluttazione negli studi televisivi. Come mai?

“Se guardiamo il rapporto tra cinema e danza, guarda Wim Wenders cosa ha fatto con Pina, ma anche l’ultimo che è Il sale della terra è una lavoro di coreografia straordinario dal punto di vista delle immagini, sembra più una ricerca coreografica che visiva; tra l’altro questo film è soltanto immagini, è un documentario, come Pina, scorrono delle immagini di una qualità di montaggio e di costruzione che anche quello è coreografia. Coreografia non è solo corpo, è tutto ciò che è movimento è un coreografo è chi organizza il movimento. Tanto cinema è esistito per la musica, pensiamo a quanti film ispirati a musicisti e cantanti. Il cinema non sono mai riuscito a vederlo come settima arte, perché il cinema è cinesi; non posso dire: “vado a vedere un film”, io quando vado a cinema vado a vedere uno spettacolo, è come andare a teatro. Poi c’è il cinema fatto per la danza, in cui la danza è intrinseca già di per sé, Lubitsch era un coreografo non un regista, se vedi il cinema degli anni ’30, ’40 e ’50 trovi dei registi che sono più coreografi che registi, dove la fantasia del movimento diventa l’elemento principale e non la storia”.

Cosa pensi di questo nuovo genere chiamato danceploitation?

“Ma va bene, la danza non c’ha limiti e parametri, bisogna riconoscere la danza, dove collocarla”.

Le avventure della curiosissima Alice (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Hai utilizzato una scenografia prevalentemente virtuale dove hai creato degli ambienti quasi “neo surrealisti” con grandi saloni di palazzi antichi che si riempiono d’acqua e che si capovolgono.

“Un barocco contemporaneo”.

 La società è molto cambiata oggi e quindi anche il pubblico, la nobiltà nell’era moderna viene vista come colei che ingiustamente sfrutta le classi economicamente inferiori. Però questi grandi saloni, i palazzi nobiliari sono ancora parte integrante del sogno fiabesco, non c’è una fiaba senza un principe o una principessa o un grande palazzo.

M.B.: “Alla fine sì, dai!”.

Perché?

 “La fiaba secondo me tira diritto per la sua strada, non viene influenzata dai periodi storici e culturali o dai cambi di trend stilistici, ognuno dà la sua interpretazione e la vive secondo la sua esperienza, come qualsiasi romanzo, ma la fiaba ancor di più perché ha un indirizzo ben preciso che è quello dell’infanzia, dei bambini. Le favole aiutano anche a mantenere quel lato ludico di ognuno: i saloni, i principi, le fate, è bello che esistano ed è bello che rimangano anche come “scorie”, testimonianze, in un adulto. Secondo me diventa un problema di aridità quando non c’è più questo senso fiabesco di sogno nell’essere umano, se questo si perde è un grande pericolo per lo spirito”.



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