NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Tutti in uno

In scena all’Astra Roberto Latini, l’attore ha portato in scena un Pirandello insolito nel quale ha interpretato tutti i personaggi de “I giganti della montagna”

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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I giganti della montagna-atto primo

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

foto ©Simone Cecchetti

 

Prosegue la stagione del Teatro Astra di Vicenza con un nome importante del teatro contemporaneo: Roberto Latini, fondatore della compagnia Fortebraccio Teatro, appena premiato con il Premio Ubu come migliore attore 2014, ha portato in scena un Pirandello assolutamente insolito. Latini interpreta da solo tutti i personaggi di “I giganti della montagna-atto primo” Inizialmente previsto per una performance a due con l’attrice Federica Fracassi, ugualmente accreditata. Uno spettacolo molto intenso e imprevedibile, in continua oscillazione tra stati d’animo davvero contrastanti e un’estetica complessiva ben calibrata e godibile.

Questa è una pièce che si esprime, come spesso Pirandello, con la forma del meta teatro. Interpretare da solo tutti i personaggi, aggiunge un ulteriore paradosso oppure semplifica la lettura da parte dello spettatore e dello spettacolo?

roberto_latini (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Roberto Latini: “Credo entrambe le cose nel senso che lo spettatore rinuncia subito alla capacità dell’attore. Effettivamente non si possono davvero fare tutti quanti ma si può invece avere un sapore comune, quindi più che altro passare da un personaggio all’altro e da una scena all’altra permette di creare l’ambiente dentro il quale far muovere quello a cui tocca. Credo che entrambe siano possibili e poi, sì, aumenta la condizione di metateatro e meta teatralità, addirittura personaggi tra loro stessi, ecco”.

Pirandello scrive nel periodo in cui le avanguardie sono già molto consolidate, e lui scrive con una fortissima stratificazione che rende molto difficile tagliare e praticamene impossibile la traduzione. L’esigenza oggi di tradurlo nel senso di “trasportarlo” in una forma teatrale contemporanea, secondo te comporta dei rischi maggiori? Reinterpretare Pirandello vuol dire portarlo a milioni di versioni diverse.

LuigiPirandello2 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Si però questa è una cosa che secondo me viene non dal fatto che uno è più o meno artista e che quindi è più o meno abilitato alle manomissioni ma credo che sia proprio dentro l’ascolto del pubblico. Io credo che le platee siano pronte molto più di quanto gli spettacoli vengano proposti. Invece, per approfittare dell’occasione dei classici, questo testo è stato fatto tantissime volte di cui parecchie molto bene, quindi non c’è pretesa né gara ovviamente. Questo l’ho scritto anche nelle note di presentazione in cui dico che davvero possiamo leodeberardinis (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)approfittare, come comunità teatrale e come spettatori, io sono stato spettatore de “I giganti della montagna” possiamo considerare quegli spettacoli che già hanno fatto Strehler e Leo De Berardinis principalmente, come se fossero patrimonio comune. Loro hanno creato il tema e addirittura anche la variazione sul tema, noi possiamo andare sulla variazione della variazione sul tema. Non è una questione di generazione ma proprio di una maturazione comunitaria”.

Che poi, parlando di avanguardie, c’era n’era molta di più 80 anni fa e il pubblico era molto più abituato e smaliziato che non oggi, e non c’era la televisione.

“Si si, certo. Adesso siamo ancora dentro a una serie di forme però lo spettatore ne ha viste di vari colori per cui è uno spettatore che ne sa o ne sa interpretare”.

C’è la scena in cui sali sulla sedia nudo che mi ha molto colpita perché sembra una crocifissione, poi c’è il contrasto di colori, tu illuminato di giallo il fondo di blu e queste di bolle di sapone che alleggeriscono. L’ho trovata da una parte violenta e dall’altra molto delicata.

“Sì è esattamente questo. La prima frase che dico nello spettacolo, dopo quella scena, è: “Cosa vuoi più nascondere e dove? L’anima se non hai peccato la puoi mostrare come una bambina nuda o tutta stracciata”, ed è una scena che arriva dopo per me, in quel momento è come se fosse appannata e spero che arrivi una chiarezza possibile. È un’immagine che ha a che fare sì con la crocifissione, perché poi la tensione finale è quella dello spaventapasseri, di questi corvacci che non si vedono ma si sentono, c’è qualcosa che ha a che fare con la paura di un’imminenza”.

Dopo c’è la scena della contessa che fa il monologo con questa voce stridula e concitata, sotto c’è un walzer e poi ho notato che illumini il lampadario con questo “sbaffo” di luce rossa.

“Si sì tutto quanto fa parte di un meccanismo che viene come svelato dopo. Il mago Cotrone ha anche parole assolutamente profetiche, delle frasi e un’andatura che è dentro un’elevazione proprio di concetti e di pensieri però effettivamente parla del gioco dei bambini, “giochiamo-dice- come fanno i bambini”, con la fantasia, con l’immaginazione e quella per me è la prima cosa che mi piacerebbe reclamare allo spettatore: non venite a vedervi la rappresentazione, tanto non lo sarà, c’è bisogno che partecipiate immaginandovi anche tutt’altro”.

Però tu non sai che cosa ci immaginiamo noi.

“No infatti è quello il bello e io spero che voi rinunciate presto e che ognuno di voi si porti via quello che crede, quello che vuole”.

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