In un’immagine per la mostra romana, Manuela Bedeschi, artista nata a Vicenza, appare al centro della grande opera realizzata con tubi neon. Una visibilità che interpreta la prerogativa del suo lavoro di impiegarli per le opere che trovano una particolare affinità nell’Anno Internazionale della Luce, proclamato dall’UNESCO, con la mostra L2U0C1E5. La vocazione per il neon in Bedeschi passa attraverso le bachette rigide senza perdere la possibilità di avvalersi di tubi simili a “capillari” che permettono di piegarsi alla scrittura corsiva nel seguire fra curve e slanci lo scorrere delle parole. Alcune installazioni luminose sono figure geometriche, come il rettangolo ed il quadrato, e generano delle relazioni dal diverso cromatismo che nel dilatare e nell’inseguirsi sulle pareti, influiscono sulla sensibilità dello spettatore. È su questo materiale industriale, simile ad un affidabile pennello luminoso che scorre nello spazio che scrive Francesca Valente: ” un percorso di efficace sintesi emotiva in cui confluiscono a un tempo evocazioni bibliche (Genesi 1,3) e storiche (Dan Flavin, James Turrell, Mario Merz), per approdare a una identità personale stratificata, composita, simultaneamente laica e religiosa, costruita di suggestioni e ricordi, sedimentazioni e riverberi paradossalmente remoti e quotidiani, antichi e contemporanei”.