NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Ipotesi per un’Orestea

Per il progetto "Classico Contemporaneo" protagonista al teatro Astra la Compagnia Ricci-Forte

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Darling- ipotesi per un’Orestea

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

Questa settimana il Teatro Astra di Vicenza ha ospitato, per la prima volta a Vicenza, la compagnia Ricci/Forte, con la pièce di teatro contemporaneo “Darling- ipotesi per un’Orestea”, liberamente ispirato alla trilogia “Orestea” di Eschilo. Sebbene la compagnia si sia costituita non molti anni fa, hanno già riscosso notevole interesse e successo, soprattutto all’estero. Lo spettacolo rientra nel progetto “Classico Contemporaneo” del Comune di Vicenza, in collaborazione con La Piccionaia, volto alla ricerca dei nuovi linguaggi nell’ambito del teatro classico. Abbiamo incontrato il regista Stefano Ricci.

 

So che questo spettacolo si discosta dal vostro stile, ha spiazzato molto la gente che vi segue e i critici. Come è andata?

Darling- ipotesi per un’Orestea (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Stefano Ricci: “Mah sai, in Italia si tende in qualche modo a trovare delle etichette per inquadrare le cose, c’ è una sindrome da archivista devastante per cui appena qualcosa sfugge dai margini e dai perimetri, è difficilmente arginabile e diventa un prodotto scomodo, ogni volta c’è bisogno di dire se qualcosa assomiglia a qualcos’altro o se si allontana da quel qualcosa. In realtà io credo che sia abbastanza evidente che ci sia un’organicità di persone che vivono, crescono, invecchiano e che hanno esperienze; ognuna di loro, a partire da me e da Gianni Forte che scrive i testi, ai ragazzi che collaborano con noi. Darling- ipotesi per un’Orestea (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)È un viaggio ed è chiaro che nel viaggio si cresce, rimanere identici è poco auspicabile e sarebbe devastante. In questo senso qualcuno dice che si discosta da quello che è la produzione passata, qualcuno riconosce quello che è il nostro linguaggio, la nostra grammatica. Di fatto cambiamo, abbiamo esperienze e il prodotto del nostro viaggio è quello che viene presentato al pubblico. È strano ma da sempre c’è stata questa specie di passione virulenta del pubblico, sia in senso di affetto che di allontanamento e di distacco ma credo perché quello che viene messo in gioco, l’investimento che viene presentato e prodotto in scena, va a toccare delle corde individuali di ogni spettatore che reagisce a suo modo rispetto a quello che sta guardando; quindi la passione con cui viene detto è shockante oppure non lo è, oppure è differente. Credo che riguardi molto la persona che fa questa affermazione, non tanto il lavoro stesso: io non mi sento di poter dire che è qualcosa di differente o di vicino, è semplicemente una fotografia, una polaroid di quello che siamo noi in questo momento".

Darling- ipotesi per un’Orestea (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Mi ha colpito molto la figura femminile: intanto lei entra in scena con questo vestito settecentesco che è l’estrema formalità però al tempo stesso lo colloca in un periodo di rivoluzione culturale. Il suo dominio scenico però è incompiuto perché lei non riesce a parlare, è sovrastata dal rumore di fondo. Racchiude molti concetti centrali, ma alla fine la situazione in cui si trova è quasi una gabbia. È una condizione del femminile oppure proprio dell’umanità?

“Non si sta parlando di genere, si sta parando di una costrizione precedente: noi immaginiamo che uno tsunami devasti l’assetto societario che c’è un questo momento e che ti costringe ad essere all’interno di una gabbia. Ci sono dei bisogni indotti che vengono soddisfatti attraverso un preciso piano governativo; l’abito settecentesco è proprio la formalizzazione, non soltanto del teatro ma proprio delle modalità di esistenza che vengono impartite e questa gabbia, questa armatura che lei presenta all’inizio, un po’ racconta anche qualcosa che va distrutto, che va tolto, cercare di tornare alla radice, di recuperare una dignità e un senso etico dell’uomo. In questo senso è vincente lei e sono vincenti loro nel momento in cui qualunque cosa, qualunque nascondiglio viene frantumato, qualunque peso addosso e formalismo vengono abbattuti per cercare di recuperare quel senso etico".

Ci sono delle parti più descrittive aderenti alla tragedia, li avete espressi col teatro di figura, prima in chiave comica e poi drammatica, poi segue la scena in cui c’è una rissa dentro al container con la musica di Frank Sinatra. Io l’ho vista come una cosa molto pulp alla Tarantino. Secondo te nelle tragedie greche c’era già questo germe in potenza, una possibilità di comicità o di forma pulp?

“Io non so se ci fosse in nuce una forma qualunque di violenza pulp, credo che non sia esclusivamente una questione di delitti, la tragedia, non è quello. Purtroppo, invece, negli allestimenti si tende a privilegiare questo aspetto truculento e allora noi abbiamo cercato di liquidare tutta la catena di delitti delle tre tragedie eschilee in 3 minuti attraverso quella sovrapposizione, per contrasto, ironica di “Bewitched”, che è appunto “stregato” perché Agamennone viene ingannato coi tappeti rossi, attraverso un sortilegio viene condotto alla morte. Raccontare la morte per liberarcene: la morte nella tragedia eschilea non ci interessa, il nostro asse era altro, quindi l’abbiamo liquidato tutto in quel contenitore dove muoiono tutti quelli che devono morire".


Darling- ipotesi per un’Orestea (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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