NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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La nostra scuola: riforme?

di Italo Francesco Baldo

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La nostra scuola: riforme?

Ieri l’annuncio che finalmente nella scuola italiana vi sarà una riforma. Il capo del governo, che intende portare avanti riforme in tutti i settori cercherà di cambiare la scuola italiana e con essa per trent’anni ci sarà una vera e nuova direzione culturale. Speriamo non si ispiri alla rivoluzione culturale di maoista memoria. Come sempre però sarà il parlamento a decidere anche sui decreti dettati dall’urgenza ed sarà lì la vera partita tra riforme annunciate e magari decretate e quanto i parlamentari del partito del premier intenderanno t concedere o cambiare nella direzione gattopardesca del duca  di Salina.

Infatti, dal 1969 in poi nella scuola italiana sono state tentate riforme di ogni tipo, da quella generale a quella sperimentale, da quella democristiana fino a quella di origine comunista. Nessuna è mai riuscita nel suo intento: quello di dare all’Italia repubblicana, evito la retorica, una scuola moderna ed efficiente, capace di uscire da quell’impianto neoidealista, che già a Giuseppe Bottai andava stretto.

 

La nostra scuola: riforme? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

 

 Giuseppe Bottai

 

 È vero che la scuola Media e quella Elementare sono state riformate, ma la scuola superiore è rimasta pressoché intatta nell’impianto voluto dagli Alleati nel dopoguerra. La scuola italiana è figlia di Giovanni Gentile, che con i suoi allievi ha aperto alla visione che nel presente si realizza sempre lo spirito di un’epoca. Questa si è andata consolidando a partire dalla contestazione del 1969, quando quella del 1968 si politicizzò e divenne momento di conquista del potere, per certi figli della borghesia, desiderosi di comandare, per una ipotetica ed utopica rivoluzione, fatta in nome e per conto degli operai, i quali avrebbero comunque continuato a lavorare e basta. In realtà quella rivoluzione fu un’immagine teoretetica, che con il cambiamento della società aveva poco o nulla a che fare. In quegli anni l’on. Gui di Padova tentò un cambiamento e così pure l’on. Sullo. Gli studenti contestatori di allora lo bocciarono. Il Partito Comunista Italiano, dopo il Convegno di Frascati del maggio 1970, propose una legge di riforma, che è stato l’impianto al quale ha attinto l’on.: Berlinguer. Le prospettive di riforma scolastica del defunto partito comunista non riuscirono che a portare ai provvedimenti urgenti per le università, dove, senza concorso, divennero cattedratici, diversi personaggi, che oggi non ricordano più quella fortunata circostanza. Provvedimenti quelli che consentirono l’infeudamento politico-ideologico delle università, ma nulla produssero a livello della scuola superiore. Nel frattempo la sovietizzazione della scuola andava avanti con i famosi Decreti Delegati del 1974 con i quali si affidava la gestione della scuola ai genitori ovvero alla cosiddetta società reale. Da un lato vi fu l’illusione che i partito, attraverso i genitori, avrebbero cambiato la scuola, ma, in realtà, fu l’inizio di una burocratizzazione mastodontica e di scontri politici, anziché di riflessione su che cosa di valido per la vita insegnare e su come bene insegnare. Il docente doveva essere controllato per le sue scelte politiche e su come le divulgava, non perché sapeva la matematica o la lingua greca.

 La nostra scuola: riforme? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

 Mijail andreievich Suslov


Un capitolo a parte poi meritano i docenti di filosofia, che emulavano il grande Suslov, ideologo che in URSS, o si sentivano continuatori di don Milani o seguaci di Toni Negri. Qualche cosa comunque si mosse e con la riforma dei Programmi della Scuola Media del 1979, vi fu il primo tentativo di portare nella scuola stessa il concetto di programmazione educativa. Ben presto questa diventò il mezzo con il quale ogni docente faceva quello che voleva, affermando di “lavorare” per gli alunni, in realtà facendo quello che gli pareva e senza più nessun controllo, dato che i Presidi non potevano né possono nulla nei confronti di chi dovrebbe pur essere sottoposto ad una qualche forma di controllo del suo operato. Veniva e viene invocata la libertà di insegnamento, ma questa non era e non è nei metodi adeguati a quel determinato gruppo classe, ma più semplicemente tutto si risolveva nell’insegnare quello che il professore per la sua parte politica riteneva opportuno. I tentativi della on. Falcucci, che ripristinò i concorsi e cercò di tagliare la strada all’inserimento, senza esami, dei docenti, fu combattuto con una violenza assoluta da parte dei docenti, gli ex sessantottini, nel frattempo divenuti professori, e dei sindacati. L’ultimo serio tentativo di riforma fu compiuto dall’on. Brocca, ma peccava di sperimentalismo e di gigantismo, dove il vero tentativo era quello di burocratizzare ciò che si pensava dovesse essere l’insegnamento. Mancava, come sempre, una vera definizione di che cosa dovesse essere la scuola. Negli anni Novanta, a parte i tentativi discreti e fischiati del ministro Rosa Russo Jervolino, non ancora accettata pienamente dalla sinistra, nulla sembrò realizzarsi. Intervenne con uno sciagurato provvedimento il ministro D’Onofrio, che, cancellando gli esami di riparazione, portò all’affermazione che per farsi bocciare, bisognava proprio mettercela tutta. La cronaca delle riforme più recenti, non meriterebbe menzione alcuna, perché è prevalsa quella di costruire contenitori, dove i contenuti sono proprio opzionali e relativi a quanto poco sanno gli insegnanti, dove tutto può andare bene, anche il non insegnare, essendo questo un contenuto pare!. Della riforma Berlinguer ricorderemo solo l’emanazione di centinaia di Decreti legge, di Circolari, di chiarimenti e di norme, che hanno portato a termine, ma non poteva essere altrimenti per un seguace dei soviet, il processo di assoluta burocratizzazione. Ogni scuola è divenuta autonoma, perché è capace di incartarsi da sola. In ogni caso di Berlinguer ci resterà la famosa giornata “del viene avanti creativo”, dove tutti gli studenti di una scuola, complici i docenti, che aliteranno lo spirito, nell’orario prestabilito, inizieranno ad essere creativi. Genitori e autorità pubbliche spenderanno denari pubblici, sottratti a miglior destinazione, per far godere, come vorrebbe Vasco Rossi ?, la gioventù italiana. Si mormora che quest’anno sono stati effettuati, dopo opportuna programmazione ecentarlizzata, girotondi....per cascare giù dal mondo. I professori inoltre hanno scioperato massicciamente prima contro l’on. Berlinguer e poi contro il ministro Moratti. Quest’ultima ha ereditato una scuola allo sfascio e allo sbando, con un apparato tutto forgiato a sinistra, e ha costruito anch’ella un contenitore, dove non si sa che cosa sia la scuola. I tentativi di cambiamento del ministro Fiorono che ha reintrodotto gli esami di riparazione e Gelmini con i loro successori non hanno portato nulla di nuovo.

La nostra scuola: riforme? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

Diligenti studenti che amano le riforme

 

Così mentre vado in un ospedale so che lì dovrebbero, spero, curarmi. Se entro in una scuola non so se lì mi insegneranno a leggere, scrivere e far di conto, oppure a essere creativo a comando o a costruire categorie problematiche sulla globalizzazione. L’unica buona fortuna e che comunque ci sono stati molti docenti che non si sono lasciati irretire dalle sirene della politicizzazione, ma purtroppo non hanno avuto molta voce in capitolo, ma in ogni caso hanno istruito. Rileggendo proprio la cronaca di tutti i tentativi di riforma della Scuola Superiore Italiana, e non ultimo il recente annuncio del Capo del Governo Renzi che insiste nella visione di cambiamento che poi si scontra inevitabilmente con il solito problema: la scuola è una faccenda di posti di lavoro; questa sembra essere l’unica questione, ma, come sempre, si spera che vi sia vero cambiamento. Viene però il fondato sospetto che si agisca come quei nobili codini del settecento francese che chiedevano le riforme, ma guai se queste fossero state effettivamente messe in atto. Speriamo non ci voglia un Robespierre per spezzare via tutto ciò!

 

nr. 08 anno XX del 28 febbraio 2015



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