La mostra allestita a Villa Pisani Bonetti a Bagnolo di Lonigo e finalizzata alle opere di Manuela Bedeschi, Mats Bergquist, Giuliano Dal Molin, Manlio Onorato, Gino Prandina e Fulvio Testa, entra nel programma dell’XI edizione del Festival Biblico dal tema “Custodire il creato, coltivare l’umano” . Isolati sulle pareti e nei piani d’appoggio, indipendenti e segnati dalla costante presenza della bellezza si trovano carte, dipinti ed installazioni coinvolgenti la poesia, che sottolineano le indipendenti vie della creatività, ne esprimono nei diversi modi il valore, la qualità, anche se circoscritta, dell’attuale arte veneta.
Manuela Bedeschi, caratterizza la mostra per il Festival Biblico per la vigorosa installazione dal titolo: Il Bosco e l’anima. Alcune travi di legno si fanno bosco, nel sostegno del soffitto di una stanza delle cantine di Villa Pisani, e con altri materiali legati al passato dichiarano nello spazio la loro originaria poetica nella suggestione di rivivere attraverso il richiamo dell’arte. Ciascuno cerca di recuperare la memoria unita alla sensibilità dell’ascolto nell’interpretare il titolo che coinvolge la spiritualità. Alcuni neon si organizzano per condurre al protagonismo della luce, memori di un rapporto con l’immaterialità luminosa. Avviene inoltre che alcune stoffe conservano l’immagine di pitture lontane di figure sante, mentre alcuni ferri erosi, si rivalutano nel sottolineare con la loro vicinanza la sfera della sacralità.
Le tavole dipinte di Mats Bergquist trovano, nell’espressività di un bianco senza splendore talvolta racchiuso fra le tensioni del nero, il richiamo nelle icone russe dipinte con l'antichissima tecnica dell'encausto, che indicano la consegna al silenzio, allo stacco dal mondo. Le raffigurazioni delle icone vivono nella profondità dell’opera e premono per manifestare visivamente la simbolica luce celeste nella vita contemporanea, in una pittura essenziale, che nelle risonanze del bianco riportano al mistero, al significato dell’autentica luce mistica sotterranea. Ed il bianco nelle sue vibrazioni esprime il rapporto continuo di comunicazione, nelle superfici a volte non tese, nell’ingobbire per la forza lontana, inarrestabile e secolare pressione. Racchiudono l’intesa con la storia dell’arte, le corrispondenze con la tecnica, nelle superfici lignee trattate secondo la tradizione medievale per consegnarle alla leggerezza senza peso dell’icona contemporanea.
Giuliano Dal Molin e lo spazio. Dal Molin riporta al dialogo con la pittura attraverso l’installazione di colorati elementi verticali, simili a bande cromatiche. Il loro geometrico e semplice rilievo pone in risalto l’antico ambiente delle cantine di Villa Pisani, scandisce il vuoto e conferma la consapevolezza dell’artista di come la loro esistenza derivi da questo rapporto, che richiama nell’essenza la loro identità. Sono intensi e semplici elementi di legno colorato che nello scorrere stimolano percettivamente lo sguardo su queste linee “di forza” verticali, forme simili ad invisibili preesistenze architettoniche. Affiorano i grigi ed i neri, risuona il rosso, l’azzurro, ed il giallo che per gli accordi dei colori, determinano il limite della loro presenza, ed affermano l’intento analitico, di rivolta verso ogni forma d’espressiva vitalità.
Il giallo, il rosso, il blu di Manlio Onorato simili a presenze semplici e complesse entrano con il loro essere luce e materia per raggiungere un’idea di forma dall’esito ritmico. Si esprimono così nell’apparire nello spazio della superficie mentre sfuggono al richiamo geometrico, figure prive di confini, intaccate per il colore mutevole, emergono e si inabissano nel seguire un’invisibile griglia compositiva. Il vero richiamo è il variato colore nel suo svanire e rivelarsi nell’equilibrio della luce. Accanto ai dipinti entra nell’esposizione un’installazione di oli, in dialogo per il loro richiamo all’armonia di un giardino, alla significativa poesia di Ruth Brandes.
Nei dipinti di Gino Prandina le immagini appartengono ad un universo in cerca di luce: vortici di segni stringono un chiarore che aspira alla verticalità. E’ il richiamo al simbolo che alimenta il gorgo luminoso fra tratti ruotanti, conduce al nero dell’esterno spazio, lascia all’azzurro il suo respiro sempre più in alto verso la leggerezza di una spazialità illimitata. Tutto appare immediato nell’immagine che racchiude il senso della terra ed una circolarità aerea, per il moltiplicarsi di sciabolate di luce, di linee curve serrate una accanto all’altra, che confermano nell’espansione senza fine di condurre verso l’invisibile.
Acquerelli ed oli per i paesaggi di Fulvio Testa che vivono di spazi e di luminosità. Uno spazio infinito, aereo, racchiuso nelle carte e nelle tele, è riportato ai chiarori delle acque, al distendersi delle terre per uno sguardo che s’accorda con l’infinito. Entra, quindi, la leggerezza alleata alla luminosità a rivelare prospettive in profondità legate sul filo del colore che muta e lievita nelle visioni dall’alto. Così dall’iniziale balzo di una densa luce, le terre e le acquee s’alzano per toccare lo spazio dei cieli, da dove si può ritornare ai cromatismi terrosi, ai gialli velati per l’arrivo delle fluide pennellate di rosso, al rapido passaggio degli azzurri
Presidente AXA: Gino Prandina