È di certo una mostra che trasforma il percorso espositivo in un invitante richiamo verso le nuove rigenerazioni della materia di Gabriela Spiller. Ritorna il desiderio di sperimentare e di rinnovare la capacità creativa nel ritmo di piccole e piccolissime scaglie della stessa pasta pittorica della superficie che nell’aggettare, rialzano, lievitano. Sommuovono con vivacità fragili e tenaci, secondo un preciso disegno, le tele dall’intenso cromatismo, fino ad arrivare alla bicromia del bianco e nero. Ne è coinvolto il tema delle quattro stagioni attraverso il mutare dell’immaginario in significato simbolico, nel dilagare, allargarsi, rinserrarsi delle scaglie fino a completare l’unità tra la figura e il titolo. Anche Eclissi per la particolarità della luce e del colore conduce ad un’idea d’apparizione. Alcuni vasi riflettono l’esperienza continua del modellare la terracotta di Spiller che riesce a coniugare, con uno stile memore del premio e della medaglia offerta dalla rivista di design “D’A” nel 2002, l’originalità alla bellezza. Delle “vele”, triangoli di tele dai bordi irregolari dal brillante colore rosso attivano le possibilità di richiamo sui diversi nuclei espositivi, che sono una delle caratteristiche della mostra. Alcune recentissime “teste” d’argilla, forme di profili di volti bidimensionali, respingono, nello sfilare policrome, il volume; richiamano piuttosto ad un tempo remoto, all’origine dell’individualità. La terracotta, è per Spiller vocazione, fonte di tensioni ed è alla base delle sue passioni infinite. Lo rivela un singolare modellino di casa, un richiamo poetico nell’armonia che nel ripetersi muta, nella varietà della sospensione, che vince la legge della gravità nel binomio per ogni casa un sogno: un’ idea ludica, o l’idea di città.

Mostra a cura di Tommaso Pitton. Presentazione di Gino Prandina.