NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Palladio. Tra cielo e Berici

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Palladio. Tra cielo e Berici

Che cosa rappresenta per lei questo libro?

Palladio. Tra cielo e Berici (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"È un itinerario nei Colli Berici, tra paesaggio e architettura, natura e creatività. È Il nostro paesaggio, il paesaggio che ci accoglie e ci accompagna, nella quale scenografia siamo quotidianamente attori diretti, e nel quale, come quanti ci hanno preceduto, lasceremo i segni del nostro passaggio. Anche Palladio, presente per seguire i lavori di cantiere nelle nostre campagne, ha lasciato il suo segno, le sue emozioni, la sua umanità, vivendo il ciclo delle stagioni con tutte le diverse espressioni meteorologiche: il sole, la nebbia, la neve. Abbiamo tutti un po’ di Palladio dentro di noi. Il libro propone un percorso di suggestioni che prende avvio da Lonigo, in una serata di pioggia in Piazza Garibaldi sullo sfondo di Palazzo Pisani, snodandosi poi per tutto il territorio berico, per andare a concludersi a Vicenza in Piazza dei Signori, avvolti in una bufera di neve nello splendido loggiato della basilica palladiana".

Quello che lei suggerisce è un itinerario di fotografia, ma anche di emozioni e partecipazione...
"È un percorso che invita all’osservazione, ad aprire totalmente la propria sensorialità, a rinsaldare la propria identità, per favorire al massimo l’integrazione emotiva con la natura e le meraviglie architettoniche che Palladio ci ha donato. Un patrimonio, per il quale non abbiamo la sola responsabilità di preservare e salvaguardare, ma anche il dovere di emozionarci, consapevoli di essere parte integrante ed appartenente di questa scenografia, dove architettura e natura sono per sempre indissolubilmente legati".

Lei è un fotografo e non uno storico... come vede il Palladio?
"È stata senza dubbio una delle figure centrali nell’architettura del Rinascimento italiano. Fu il progettista geniale, che meglio di altri e illustri colleghi, interpretò lo spirito del tempo, realizzando la sintesi, tra esigenze culturali ed economiche. Per quattro decenni, dal 1540 al 1580, contribuì sostanzialmente alla trasformazione del paesaggio veneto, nella forma che ancora riconosciamo: un sistema di campi ordinati e raccolti intorno ad una villa-fattoria. Realizzerà ville per una particolare committenza, rappresentata da patrizi veneziani e nobili di terraferma, che ha investito i suoi capitali nella terra. Inizia la sua attività come architetto di ville, intorno al 1537, con villa Godi a Lonedo, per un nobile vicentino - la sua prima villa - . E per venire al nostro territorio, con Villa Pisani a Bagnolo, siamo agli inizi degli anni 40 del cinquecento. Palladio sta concludendo il cantiere delle villa dei Godi a Lonedo, ed è appena rientrato dal primo viaggio di istruzione a Roma. È il primo lavoro che si trova ad affrontare per un committente veneziano, potente, influente e dotato di mezzi finanziari. Palladio fu profondamente consapevole dell’interazione tra architettura e natura, in quanto espressione del paesaggio. Nella sua concezione, il proprietario nella villa, oltre che vedere i suoi possedimenti, che amministra, deve poter godere del panorama della natura, lo spettacolo dell’alba e del tramonto, il passare delle stagioni. Per Palladio la villa colloca l’uomo vicino al creato, sia terreno che celeste, e gli permette, nella spazialità del paesaggio, di percepire al meglio il suo ruolo in armonia con il cosmo".

Cosa accadde quando Palladio arrivò a Lonigo?
"Giungendo a Lonigo negli anni quaranta del Cinquecento, trovò un paese già aperto alle novità del Rinascimento quattrocentesco, dove innestò il gusto rigoroso ed elegante appreso da Vitruvio e visto a Roma nelle novità eclatanti di Bramante e Raffaello. Nel 1542 circa, il giovane e talentuoso Palladio fu incaricato dai fratelli Pisani di progettare una villa-fattoria, forse sui resti di una residenza dei Nogarola a Bagnolo. Dalla villa doveva essere agevole raggiungere in barca ogni appezzamento, ampi e funzionali erano cantine granai, stalle magazzini e un’aia che si diceva grande come Piazza San Marco, contornata da imponenti barchesse con massicce colonne doriche. La proprietà fu dotata di tutto ciò che serviva alla coltura del riso che costituì per secoli la solida prosperità dei Pisani. Il progetto palladiano non fu mai completato, forse perché i Pisani preferirono risiedere alla Rocca, in zona più salubre e panoramica. Dopo la villa di Bagnolo, i Pisani impreziosirono il cuore di Lonigo con una dimora patrizia - appunto Palazzo Pisani, attribuito al Sammicheli - . Ma sintesi della lezione palladiana fu la Rocca Pisana che divenne l’immagine di Lonigo, residenza dominante, rarefatta e lontana dalle esigenze agricole, ideata da Vincenzo Scamozzi come un prisma perfetto, orientato ai quattro punti cardinali con le sue ariose serliane e la cupola, memore del Pantheon anche nell’oculo che la coronò. Fu questa la villa di cui si innamorò l’architetto inglese Inigo Jones che esportò il Palladianesimo nel mondo anglosassone, dove, con infinite varianti, è una costante assieme al revival gotico".

Palladio. Tra cielo e Berici (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Come cambiarono la società veneta e il paesaggio dopo la rivoluzione palladiana?
"Per capire il paesaggio veneto contemporaneo, e quindi anche vicentino, bisogna partire dalla rivoluzione economica e architettonica che nel cinquecento lo ha segnato per sempre. Venezia, le mutate condizioni di supremazia nei mercati mondiali via mare – il nuovo interesse economico per l’entroterra – la disponibilità creatasi di vaste aree da bonificare nella campagna veneta ed indirizzate a coltivazione di riso e grano – l’acquisizione di tali aree da parte di potenti famiglie veneziane, ambiziose e con rilevanti risorse economiche. Si rendeva quindi necessario creare una presenza strutturata, per acconsentire ai proprietari l’amministrazione diretta dei propri interessi innanzitutto, ma anche per dare sollievo allo spirito ed al corpo".

 

Claudio Portinari vive a Lonigo dove è nato. Fotografo paesaggista, da oltre 40 anni ritrae il suo Paese e i suoi colli, monti e vallate, cieli e fiori, luci e silenzi, con una dedizione e una passione che testimoniano un profondo legame affettivo con i suoi soggetti. Ama soprattutto scovare le vibrazioni emozionali che una foto riesce a sprigionare e per questo usa raffinatezze tecniche di gran lunga superiori alla dimensione amatoriale. Con un entusiasmo di ragazzo e rigore di esperto, cerca autenticamente i caratteri naturalistici e la ricchezza antropologica del paesaggio, con le sue genti e stagioni, osservando e cogliendo i soggetti con l'affetto intenerito di un figlio, che vuole consegnare il ricordo della sua terra alle nuove generazioni. Ha pubblicato nel 1993 Il Borgo di Lonigo con testi di Pier Giorgio Bari, nel 1997 Berici Bellissimi con testi di Nicoletta Nicolin, nel 1999 ha curato la sezione fotografica del volume sul centenario del Duomo di Lonigo, nel 2000 Lonigo nel cuore con testi di Lino Zonin, nel 2001 Erbario di emozioni con testi di Fernando Zampiva, nel 2003 Emozioni Fiorite con testi di Fernando Zampiva, nel 2005 Lessinia prima del cielo con testi di Alessandro Anderloni, nel 2006 Le stagioni del Durello con testi di Elisabetta Tosi, nel 2008 Stagioni senza tempo con testi di Nicoletta Nicolin, nel 2010 Cinque campanili al vento con poesie di Piero Piazzola, nel 2011 Sgrisole de incanto con poesie di Mirella Brojanigo, nel 2013 Lagrime de sole con poesie di Mirella Brojanigo.



nr. 18 anno XX del 9 maggio 2015

Palladio. Tra cielo e Berici (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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