NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quando i mulini non erano solo… bianchi

Galliano Rosset ha pubblicato un volume dedicato ad un originale percorso nei luoghi dove assieme all’uomo sono protagonisti pestelli, mole e farine, il disegnatore di Cavazzale diventa un reporter senza macchina fotografica

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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I mulini nel vicentino

S'intitola I mulini nel vicentino la nuova opera dell’artista e scrittore Galliano Rosset. È la terza puntata di un’avventura letteraria iniziata con I lavori e le stagioni nel Veneto di inizio ‘900 e proseguita con Sapienza contadina e cultura del cibo nelle tradizioni venete, tutti editi per i tipi della vicentina Editrice Veneta. Curato dal giornalista e scrittore Nico Veladiano, il libro fa parte di un progetto di cui è capofila la Pro Loco di Monticello Conte Otto, con il sostegno del Comune di Monticello e della Regione Veneto. Già presentato in anteprima nella "sua" Cavazzale e in seguito a Vicenza, il libro è una sorta di viaggio che Rosset - come scrive nelle note introduttive l'assessore regionale Roberto Ciambetti - compie da reporter nella storia, quando in c'erano macchine fotografiche. La fotografia e i video hanno l'ambizione di restituirci la realtà e non a caso il loro occhio viene chiamato obbiettivo, quasi a voler sottolineare l'imparzialità della loro visuale. Il disegnatore, invece, non ha questa ambizione, anzi sa per professione che non può essere obiettivo e che nulla è più fallace di ciò che appare. Casomai, come il poeta, egli vede oltre le apparenze, ci indica la strada verso l'invisibile o ciò che è stato dimenticato. Dimenticato, o invisibile, non significa cancellato o superato dalle moderne tecnologie. Sia chiaro, Rosset non cade nella tentazione della facile retorica: i suoi non sono mulini bianchi con prestanti mugnai, focaccine, croissant, biscotti e amenità varie. No. Rosset sa bene quanta fatica ci fosse in quei mulini, quanti sacrifici, quanti problemi: quelli che ci ha restituito in queste pagine sono pestelli, mole, mulini veri.

I mulini nel vicentino (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il viaggio che l'autore ci invita a fare, con la fantasia, scorrendo le belle pagine disegnate a mano con rara maestria, è una specie di itinerario a ritroso nel tempo attraverso le strade della provincia vicentina. Dal sentiero delle mole a Recoaro alla via dell'acqua a Valli del Pasubio; dalle valli dei mulini tra Lusiana e Salcedo a Mossano o al mulino Tessari di Grancona in val Liona, sempre alla scoperta di quanto dura e faticosa fosse all'epoca la conquista del cibo quotidiano per sfamare se stessi e la propria famiglia. Quella di Rosset - come sottolinea l'assessore alla cultura di Monticello Conte Otto Maria Luigia Michelazzo - è una carrellata anche attraverso i secoli dove il progresso è stato lento ma costante e l'ingegno ha consentito di dotarsi di macchine sempre più complesse, capaci di alleviare la durezza della vita quotidiana. Il libro di Rosset va ad arricchire la preziosa biblioteca di opere dedicate ai mestieri e alle tradizioni della nostra terra. La mano e le conoscenze dell'autore ci offrono la possibilità di conservare e tramandare in modo accessibile a tutti memorie ed immagini di lavori e scene di vita quotidiana che ormai sono in pochi a ricordare.

Me ne stavo in piedi sulla sedia impagliata - scrive Rosset - appoggiata alla finestra della mia cucina a guardar fuori. Il secondo piano mi dava una visione a volo d'uccello che mi affascinava. Ammiravo la larga roggia che correva svelta con le alte pioppe della riva che, scendendo dolce, accoglieva le donne di contrà lavandare con il lavatoio in legno tra terra e acqua e le ceste di panni da sciacquare. Dalla primavera non vedevo più i soldati nelle buche coperte con mitraglie agli spioncini, ma vedevo sempre il grande mulino al di là della strada, con un via vai di carretti e cavalli e camion color verde militare carichi di sacchi. C'era un personaggio che aspettavo al tocco di mezzodì: era un uomo abbastanza giovane, alto, tutto bianco che a piedi attraversava la strada e le rotaie della "vacamora" per entrare a casa sua. Imparai da mia madre che era Bepi, munaro in quel mulino, ed era tutto così bianco per via della farina di frumento. La farina bianca la conoscevo perché, qualche rara volta, sulla tavola apposita, in cucina, mia madre impastava quella polvere bianca; volava dappertutto se la toccavo e non potevo giocarci. Invece Bepi era fortunato perché, secondo me, poteva giocarci tanto per diventare così bianco. Sentii qualche mese dopo dal parlare in casa che era tornato da un posto chiamato Russia. Crescendo imparai che era stato anche un artigliere di montagna del gruppo Conegliano e il suo medico militare si chiamava Giulio Bedeschi da Arzignano. Più avanti lessi Centomila gavette di ghiaccio e lui era descritto lì, sotto un altro nome. Era tornato a baita Giuseppe Bassani e faceva il munaro davanti a casa sua a Polegge ed io lo guardavo camminare avanti e indietro, bianco di farina, non più di neve. Forse è per la conoscenza di Bepi che il mulino l'ho sempre considerato un posto per giocare con la farina, poi ho capito che è molto di più e qui provo a raccontarne le storie.

In occasione della presentazione, abbiamo incontrato Rosset e Veladiano.

I mulini nel vicentino (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)

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