NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Gran week end d'opera

Il Signor Bruschino e il Don Giovanni chiudono il Festival delle Settimane Musicali, una iniziativa molto apprezzata anche dai turisti presenti in città. Fine settimana tra farsa e dramma giocoso. Ne abbiamo parlato con il maestro Titta Rigon, il regista Bepi Morassi e Lorenzo Regazzo

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Dante e Bach

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

 

rossini (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Si avvia alla conclusione il festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza, quest’anno con la nuova iniziativa “week end d’opera”: due opere liriche, la farsa in atto unico “Il Signor Bruschino” di Rossini e il dramma giocoso “Don Giovanni” di Mozart (versione di Vienna), eseguite durante i week end di giugno. L’iniziativa ha riscosso molto successo tra i turisti stranieri che per alcune sere sono stati presenza numericamente consistente. L’opera di Rossini è stata realizzata con la collaborazione della Fondazione teatro La Fenice di Venezia ed è stata diretta dal regista Bepi Morassi attuale direttore di produzione de La Fenice.

mozart (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Don Giovanni è stato invece allestito dal celebre baritono Lorenzo Regazzo, già regista l’anno scorso di “Così fan tutte”. Entrambe le opere sono state eseguite dall’Orchestra di Padova e del Veneto e dirette dal M° Giovanni Battista “Titta” Rigon. Ultime repliche questa sera con Don Giovanni, domani sabato 13 doppia esecuzione de “il signor Bruschino” di Rossini alle ore 18 e 21 e di nuovo Don Giovanni domenica 14 alle ore 18. Info sul sito www.settimaneolimpico.it oppure 0444 222801. Foto Luigi De Frenza.

La farsa è tipicamente una forma veneziana e napoletana, che cosa eredita dalla Commedia dell’Arte e come si evolve rispetto ad essa?

bepi_morassi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Bepi Morassi: “La farsa ha un’accezione diversa da quella attuale: fino a Rossini era più una situazione di dimensione contenuta ma non a tutti i costi comica, i 5 atti unici di Rossini, di cui “Il Signor bruschino” fa parte, sono piccole operine ma compiute, hanno in piccolo tutte le sfaccettature possibili di un’opera lirica che non sia la tragedia. Già ne “Il barbiere di Siviglia” è talmente evidente che eredita tutta la tradizione della Commedia dell’Arte, anche nella distribuzione dei personaggi ( gli innamorati, i vecchi, i seri); Figaro è lo Zanni della Commedia dell’Arte. Oggettivamente eredita tanto, il ramo più creativo, interessante e profondo (quando la commedia dell’Arte degenerò nel ‘700 verso una cosa di più basso livello, per cui i ciarlatani ecc.) transitò e di fatto diede linfa vitale alla commedia buffa italiana e quindi a Rossini, per cui anche gli schemi teatrali, un perfezionamento della Commedia dell’arte, non c’è dubbio, anche nell’accezione di Arte in quanto virtuosismo, mestiere, cioè saper fare il mestiere di cantante, di attore. Anche in questo senso è la conclusione più somma di quel percorso".

Dal punto di vista musicale ci sono delle tecniche diverse per caratterizzare i personaggi nel contesto della farsa e del dramma giocoso?

Titta Rigon: “Se parliamo di comico ci riferiamo all’opera comica del ‘700 e ‘800, le farse rossiniane sono del 1810-12 e rispecchiano le storie in cui la borghesia si poteva identificare. Musicalmente non c’è una particolare tecnica per evidenziare i personaggi: magari sono più semplici perché avendo soltanto un atto a disposizione non c’è la possibilità di svilupparli. Qui a Vicenza il nostro progetto è di fare tutte le 5 farse di Rossini, operine che lui scrisse tra i 18 e i 21 anni, una all’anno e abbiamo intenzione di riproporre, col progetto su Mozart, ogni anno, una delle te opere della trilogia “Le nozze di Figaro”, “Così fan tutte” e “Don Giovanni”.

Il grande protagonista dell’800, fino a Puccini, è il melodramma. Quali sono stati i cambiamenti sociali che hanno portato a un gusto che in qualche modo ha ostacolato uno sviluppo o una sopravvivenza di una forma breve musicale come questa?

BM:“Credo che sia proprio una questione di evoluzione culturale che porterà al Verismo: c’è un bisogno di storie drammatiche, quando anche non tragiche, con una complessità romanzata epica e ampia di racconto e anche la musica, inevitabilmente, segue questo andamento. Non sai mai cosa genera cosa ma è indubbio che è un teatro che diventa sempre più il famoso teatro “ della quarta parete”, anche in prosa. Non è così fino a questo punto qua, un discorso dello spettacolo, dell’interprete con il suo pubblico, una sorta di triangolazione in cui io parlo col mio interlocutore in scena ma passo attraverso lo spettatore. Arriva invece la cultura della 4° parete, cioè io sono inscena come se fossi senza pubblico. Non a caso si chiama Verismo, cioè devo stare in scena come se fossi nella vita reale".

Una cosa tipica della farsa e della commedia è lo scambio di persona, il travestimento. Un espediente molto ingenuo per la sensibilità di oggi. Perché all’epoca era così divertente da costruirci sopra un intero genere?

BM: “In realtà erano come dei codici. Anche nel teatro giapponese, kabuki o Noh, ci sono dei personaggi che sono riconducibili ma ognuno li fa in maniera talmente diversa che ogni volta è una scoperta: Arlecchino deve avere dei canoni e dei codici ma non ne esiste uno uguale all’altro. L’agnizione e il riconoscimento sono dei passaggi fondamentali anche del teatro del ‘600. Anche le maschere avevano i tipi, anche se seppur uguale, era sempre diverso nel modo di giustificare questi meccanismi".

regazzo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Lorenzo Regazzo: “Il ‘700 veniva sicuramente dalla Commedia dell’Arte, era una componente alla quale il pubblico, fino ai primi dell’800, non voleva rinunciare. Nella versione di Vienna al posto di un’aria di Leporello, c’è un duetto Zerlina- Leporello: nell’economia del Don Giovanni è molto farsesca, è scritta per il pubblico di Vienna che voleva questo, una Commedia dell’Arte esibita e che poi si è rarefatta nel tempo".

Lo scambio di persona come viene reso musicalmente?

TR: “Come il personaggio che sta recitando in quel momento. Si sente spesso dire che Don Giovanni non ha arie lunghe e meditative come Don Ottavio o Donna Anna, però ha dei momenti che sono sempre d’azione, non sono mai riflessivi, forse anche perché il personaggio sfugge all’approfondimento psicologico e forse anche per questo si può interpretare in molti modi".

Morassi, lei ha creato una scena ricorsiva che ha messo di lato e di tanto in tanto i cantanti interagiscono con essa. È un po’ come se il genere-teatro e il luogo-teatro si osservassero. Perché questo simbolismo fisico di dialogo perpetuo e continuo del teatro tra sé e sé?

BM: “Proprio perché parliamo di un grande meccanismo teatrale che giustifica se stesso e all’interno di questa giustificazione dà ragione dei rapporti tra i vari personaggi. C’è sempre un riferimento al meccanismo teatrale più che alla storia e alla psicologia, che è inesistente proprio perché è tutto un assieme di geniali meccanismi e che quindi non ha ancora conquistato la psicologia dell’800".

Gran week end d'opera (Art. corrente, Pag. 3, Foto generica)



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