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Interventi

La saggia sentenza della Corte costituzionale

di Mario Giulianati
4 luglio 2015

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Interventi

La saggia sentenza della Corte costituzionale

 

Sabino Cassese, su Il Corriere della Sera, si pronuncia con un interessante editoriale, in relazione alla recente sentenza della Corte costituzionale. Sentenza che mentre toglie il blocco dei contratti dei dipendenti pubblici, e dichiara illegittimo lo stop posto fin dal 2010 e quindi durato non due anni, come stabilito all’inizio ma ben cinque, afferma che comunque lo sblocco non riguarda gli arretrati.

SABINO_CASSESE (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Quindi in buona misura toglie il Governo, e lo Stato, dal pericolo di un salasso economico impressionante. Infatti il prof. Sabino Cassese - un giurista italiano e giudice emerito della Corte costituzionale, già ministro con il Governo Ciampi - definisce la pronuncia della Corte “Saggia sentenza della Corte costituzionale” e specifica che è tale perché “…fa cessare una intrusione legislativa nell’area contrattuale senza tuttavia sconvolgere gli equilibri di finanza pubblica”, in secondo luogo perché “…non crea, con una applicazione retroattiva, un buco che costituirebbe ….una grave violazione dell’equilibrio di bilancio” e ancora perché “ mostra che la Corte è consapevole dei limiti degli effetti distributivi delle proprie decisioni”. Tutte ragioni condivisibili ma ora la parola spetta ai dipendenti pubblici, tramite le loro rappresentanze sindacali e al Governo. Mentre il sindacato chiede che la trattativa inizi immediatamente, pare che il Governo si sia già espresso affermando, sempre su Il Corriere della Sera, che i prossimi, è sperabile che siano veramente prossimi, aumenti non saranno per tutti ma saranno erogati in base al merito. Ritengo che questa affermazione del Governo, non so quale ministro si sia espresso in questo senso, sia un pochino affrettata. In questo momento suona molto demagogica. Non nego che in tempi normali questo sistema, una volta messo perfettamente in ordine e calibrato in modo corretto e puntuale, non sia da applicarsi, ma dopo cinque anni di blocco degli stipendi significherebbe che una parte, consistente, del personale pubblico, sarebbe penalizzata ancor di più di tanti altri colleghi, pur già penalizzati anche essi. Il blocco degli stipendi durato cinque anni non significa solo perdita di capacità di acquisto per quel periodo, ma significa che, in qualche misura, i dipendenti pubblici pagheranno lo scotto per tutta la vita, anche quando andranno in pensione. Con la ripresa degli aumenti degli stipendi, in base al merito, come sostiene il Governo, una parte, oltre che ricevere un aumento che in qualche misura sanerà, parzialmente, il blocco subito, ne risentirà positivamente anche rispetto alla pensione.

SUSANNA_CAMUSSO (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica) Un giusto tentativo di sanare la situazione economica di questi soggetti. Ma per quanti non riceveranno il “premio in base al merito” questo riequilibrio, pur minimo e parziale, non avverrà e pagheranno il loro tributo al “salva Italia” proporzionalmente molto più di quanto non facciano altri soggetti ben più privilegiati. A mio parere sarebbe cosa giusta, e saggia, che per un primo momento un aumento stipendiale avvenisse per tutta la categoria e solo successivamente si applicasse il metodo del merito. Riflettiamo, per un attimo, su coloro che andranno in pensione quest’anno, 2015. Se la trattativa verrà dilatata anche di pochi mesi, questi dipendenti pubblici saranno penalizzati, ulteriormente, per sempre senza nessuna personale responsabilità. Concordo quindi con la Segretaria generale della CGIL, Susanna Camusso, quando chiede che la trattativa per il rinnovo del contratto inizi al più presto e si concluda rapidamente. È una questione di serietà e di giustizia che il Governo Renzi ha il dovere, e sicuramente la capacità, di dimostrare.

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