NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il Vangelo secondo Matteo

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Il Vangelo secondo Matteo

L’ispirazione era partita dal film di Pasolini, che all’epoca suscitò molto scalpore perché pur essendo molto fedele al testo sacro, si discostava dall’eredità spirituale del Vangelo. Nella tradizione cattolica il corpo o viene nascosto o mortificato, invece la danza lo valorizza: è una sacralità alla quale non siamo molto abituati nella tradizione. Le persone che hanno partecipato e che magari non hanno un rapporto con l’approfondimento analitico di certe opere considerate di avanguardia ecc, come hanno vissuto questa versione in danza del Vangelo?

“Beh l’approccio è sempre molto corporeo, non è un lavoro che mi interessa portare a un’iconografia o a una conoscenza citazionistica; questo magari sopraggiunge dopo con un loro desiderio e curiosità. All’inizio si parte da un senso originario del gesto, sta qui un po’ l’attinenza col Vangelo, che nasce come una ricerca dell’oralità del racconto e del corpo che si può intendere anche come un’archeologia molto complessa che include il primo uomo e tutte le epoche avanti Cristo. In questo senso abbiamo affrontato il racconto evangelico come qualcosa che ci arriva dal passato, ad evocare il senso del sacro che appartiene all’uomo. L’hanno vissuto come un loro percorso di ritorno al corpo, in molti casi come, scusate il temine, una “resurrezione”: affrontando i temi della deposizione, della crocifissione e della passione ma anche i temi della nascita, del battesimo e così via. Sono persone che hanno avuto desiderio di rimette nuovamente in gioco, nel vero senso della parola, il corpo e trovargli una nuova misura e fare sì che fosse disposto ad uscire da una sorta di autobiografismo a volte asfissiante, mettendosi in gioco con la danza, la coreografia, l’adiacenza all’altro, lo sguardo sull’altro, in una dimensione non quotidiana ma di trasfigurazione completa. Hanno rinegoziato tutti i livelli di approccio al corpo. In questo senso affiora il sacro. È stata un’esperienza straordinaria di queste persone che continuano tutt’oggi a riunirsi come comunità del gesto”.

Il Vangelo secondo Matteo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il Leone d’Oro è andato ad Anne Teresa De Keersmaker con la motivazione che lei “rappresenta il punto di congiunzione tra creazione e processo di trasmissione. il suo gesto poetico attraverso il corpo ha reso possibile un travaso significativo tra le culture occidentali nella comprensione del corpo teatrale come medium della ricerca linguistica. Elevando lo spazio a tavola del mondo vi ha dislocato i corpi di una ricerca che lascia percepire l’ apertura dell’uomo a nuovi luoghi. Si è presa cura della misura e della durata del corpo sonoro dell’individuo e del danzatore per porlo sulla soglia del mondo”. Come possiamo riconoscere questo punto di congiunzione e cosa si intende per corpo sonoro dell’individuo?

“Intendevo porre l’attenzione su tutto quello che è un tessuto molto complesso e sofisticato che appartiene all’uomo e che l’uomo stesso può sviluppare e accrescere. Non intendo, col suono, “battere il corpo” ma ristabilire tutto quello che è il senso della partitura del corpo, far sì che ogni articolazione funzioni esattamente come un suono e quindi la capacità dell’uomo di associare un arto all’altro, un movimento all’altro, una qualità di dinamica ad un’altra. Tutto questo va a creare una partitura e una sonorità. Quindi intendo dire questa attenzione che lei ha riversato a queste qualità sulla misura sonora”.

Nel ringraziamento la De Keersmaker parla della volatilità della coreografia e la paragona a qualcosa di più tangibile e acquistabile, come un libro, un film o un quadro. Può contribuire la video-danza o il filmare la danza ad arricchire un’educazione del pubblico verso la performance dal vivo, dove il montaggio delle immagini magari diventa organizzazione del ritmo, diffusione di concetti come avviene in un certo tipo di cinema di ricerca per esempio?

“Il cinema è il cinema e documentare la danza è un aspetto molto intrigante e ovviamente complesso. L’educazione avviene attraverso un approccio legato alla pratica: fare esperienza prima di tutto con il corpo. C’è anche un fare esperienza con lo sguardo e molto speso il documentario, l’annotazione, il film possono aiutare a virare questo sguardo a volte troppo omologato sul corpo e sulla danza, quindi sicuramente sono ben accette tutte quelle che sono le forme di ricerca che vanno ad analizzare parallelamente il lavoro sul corpo”.

L’altra volta che ci siamo incontrati lei stava per ricevere il titolo di Chevalier des Artres et des Lettres per il suo studio sul gesto nel Mediterraneo: da cosa era partito e che scoperte ha fatto in questo studio?

“Le scoperte che stiamo facendo sono quelle appunto legate a una straordinaria diversità dell’uomo che serve proprio come materia e sostanza di comunicazione e di comunanza. Le divergenze sono legate a tutto quello che è un processo culturale ma ci servono proprio per metterci in relazione poeticamente. Tutto quello che viene fuori è una qualità del corpo che necessita di addentrarsi dentro quello che è la sostanza di un popolo e di un territorio, capire soprattutto come una persona riesce a interagire con lo stare al mondo, se per polis si intende la vita dell’uomo nella piena felicità”.

 

nr. 27 anno XX dell'11 luglio 2015

Il Vangelo secondo Matteo (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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