NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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L’invidia per i Kamikaze

Intervista a Nicola Cecconi, anima della compagnia Ailuros di Treviso che ha portato ad Operaestate una piéce dove si esalta il mito “determinazione estrema”, uno spettacolo nel quale lo spettatore entra in contatto diretto con l’attore

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Ailuros

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

Quest’anno Operaestate Festival Veneto festeggia 35 anni e si conferma come una delle rassegne più interessanti per quanto riguarda la scena contemporanea, sia a livello internazionale che locale, con la proposta di compagnie e artisti emergenti o affermati. Anche quest’anno grande successo hanno riscosso le rassegne collaterali di contemporaneo, Bmotion danza e Bmotion teatro, con iniziative che hanno coinvolto il pubblico tramite degli incontri finalizzati ad affinare la consapevolezza dello spettatore attraverso un percorso critico. Abbiamo incontrato Nicola Cecconi, drammaturgo e regista della compagnia Ailuros di Treviso che ha collaborato anche con Color Teatri di Bassano. Gli Ailuros hanno proposto uno studio su una loro pièce in cui un uomo investe il cane del vicino, si sente incolpa e decide di diventare vegano. Questa scelta diventa così insopportabile per lui che decide di morire, e invita il pubblico a suggerirgli una motivazione valida, confessando di invidiare gli estremisti islamici che riescono ad avere una convinzione tanto salda da portarli a diventare dei kamikaze.

Questa pièce parla di vita e di morte: il protagonista uccide per caso un cane, si sente in colpa e arriva al veganesimo, dice che sta morendo con la voglia di un panino e invidia i kamikaze. È tutto molto comico e isterico, come siete arrivati al pensiero di invidiare chi riesce a fare una cosa così estrema con tanta facilità?

Ailuros (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Nicola Cecconi: “Il motivo per morire è in realtà un motivo per cui vivere; quando viene a mancare, le due cose si confondono, ecco che il motivo per cui sacrificarsi potrebbe essere la famiglia o una passione. Di fronte a un contemporaneo che non offre magari delle cause così motivanti, quella che è l’opinione personale, per il tuo universo, è la regola, per cui capita che si porti avanti la propria opinione con una forza e una violenza che in realtà non poggia affatto su un valore oggettivo ma lo si vuole far passare per tale. La difficoltà di trovare una fede, una posizione, è ciò che ha fatto nascere questo lavoro. Abbiamo costruito insieme all’attore Filippo Fossa uno personaggio partecipe alle nostre idiosincrasie e manie e allo stesso tempo, dopo averlo costruito, lo abbiamo un po’allontanato e gli abbiamo dato delle gambe per farlo camminare. Fondamentale in questo è stato il contatto con il pubblico: se non hai un motivo tuo, o come individuo non puoi produrre una motivazione così significativa, ecco che il contatto può diventare una scintilla per aggregare le motivazioni e le riflessioni di più persone. Il contatto stabilito dall’attore con lo spettatore fa questo passo in maniera ironica per poi tornare a una riflessione più attenta”.

All’inizio c’è il video, la canzone dei Kasabian e questa aggressività verso i pelouche e ciò che simboleggiano: l’infanzia, l’essere indifesi, qualcosa che non ha possibilità di reagire. Come mai qualcosa di così aggressivo?

“È un gioco di estremi: l’indifeso, l’animale, comunque legato anche al tema dell’alimentazione, all’infanzia, ma anche a un’età adulta violenta; c’è questo corto circuito che arriva anche nel video. Citavi i Kasabian: l’estetica dello spettacolo si rivolge al pop e vorremmo svilupparlo con delle parti quasi documentaristiche, girate effettivamente in una moschea, vorremmo portare l’esterno dentro al teatro. Il personaggio, come approccio diretto e frontale, lo abbiamo studiato guardando un po’ a questi youtubers che fondano il proprio successo su delle posizioni estreme pazzesche che sono a volte insostenibili, altre condivisibili, a volte sono geniali, altre ridicoli ma sono sempre aperti, canali comunicanti. Quindi la musica che passa su youtube e i social e lo youtuber che parla nella stessa maniera sono uno stesso modo di approcciarsi al pubblico e allo strumento”.

C’è la parte in cui lui parla delle statistiche sulla potenzialità di avere un assassino come vicino di casa o in sala o tra gli amici di Fb. Come mai avete dato questa importanza a questa statistica spiegandola nel dettaglio quando poi invece chiedete al pubblico un motivo per morire?

“È un gioco di possibilità e di estremismi: se cominci a pensare che effettivamente il tuo vicino possa essere un assassino è possibile per la statistica, ovviamente, ma diventa una nevrosi. È un suo essere estremo il fatto che la statistica in tutto questo sia centrale perché, come legge sociologica, per la sua semplicità, viene sempre utilizzata. Aggregare i dati e trovare la tua verità non è poi così difficile perché da come li metti insieme puoi trovare il risultato che vuoi. È semplicistico perché in realtà il calcolo sarebbe più complesso però, anche qui, prendo i numeri che mi interessano e ti do la verità che voglio io, questo è il percorso che fa lui”.

Poi c’è la parte in cui lui cambia atteggiamento nei confronti dei pupazzi: cerca protezione.

“Sì e lo protegge, è reciproca”.

Una condizione in cui lui si rifugia nel pupazzo, nella sensibilità e nell’innocenza. Sembra quasi che lui sia nevrotico o psicotico e che cerchi una pausa all’interno di un suo mondo particolare.

“È questo, un gioco di rimbalzo: amo gli animali talmente tanto, odio la violenza, divento vegano però questa cosa “castra” il mio appetito, è una violenza contro me stesso e quasi mi incazzo con gli animali. Un gioco che porta il personaggio a comportamenti contraddittori come sono i nostri, perché magari sei vegano ma poi vivi in un contesto in cui produci non so quanta immondizia, per cui, comunque, la retta via non potrai mai percorrerla”.

Ailuros (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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