NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Antichi castelli che chiamano turismo

Il Castello di Romeo, a Montecchio Maggiore ha ricevuto un finanziamento di 650mila euro: serviranno per la ristabilizzazione delle mura, ma anche per aprire a tutti l’ingresso con corsie anche per i disabili - Altri punti di grande interesse a Brendola, Montegalda, Arzignano, Marostica e Bassano - Ma i Comuni sono alle prese con l’impossibilità di spendere

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Antichi castelli che chiamano turismo

(g. ar.)- Il castello di Romeo offre lo spunto per rivedere nel suo complesso la situazione del genere provinciale vicentino. Sono almeno otto quelli di notorietà indiscussa: ad Arzignano, Bassano, Brendola, Marostica (sono due), Montecchio Maggiore (anche qui sono due), Montegalda. Una eccezione in questa mappa dei castelli è rappresentata da Brendola in quanto la rocca dei Vescovi è da molto tempo ridotta ad un mozzicone e non c’è alcuna prospettiva di veder realizzato un restauro che costerebbe moltissimo e per il quale il Comune non ha i soldi, stretto com’è dalle necessità quotidiane e dallo strangolamento sistematico determinato dal governo con gli obblighi di spesa. La rocca di Brendola rimane tuttavia un caso interessante perché ha una sua storia molto antica, è sempre stata luogo di riparo per i Vescovi di Vicenza e sembra fosse fortificata fin da prima del X secolo -esiste un primo documento che attesta la concessione imperiale di Ottone III- probabilmente fino ad allora un semplice torrione squadrato, appunto al Vescovo di Vicenza.. Sarebbe insomma il pezzo più antico in questo patrimonio presente nella provincia e risalirebbe al tempo dell’arrivo a Vicenza delle armate imperiali che portarono per la prima volta le suore Benedettine a San Pietro e a Grumolo dove si impiantò per la prima volta la coltivazione del riso.

La mappa dei castelli dimostra una volta di più che esiste una base di notevole importanza su cui costruire qualcosa di nuovo anche in tema di economia perché si può creare una vera e propria offerta turistica finora appena accennata dal momento che i castelli in situazione strutturale migliore vengono ancora sfruttati al massimo un paio di volte all’anno, oppure ospitano come nel caso di Bassano programmi di musica ed hanno anche uno spazio per i visitatori. Il difetto è sicuramente nel non aver mai realmente pensato a qualcosa che valorizzasse questo patrimonio come testimonia Vladimiro Riva, responsabile di VicenzaÈ che svolge la sua analisi soprattutto sul tempo perduto in distrazioni varie quando il boom economico bastava a se stesso, si concentrava tutto sulle potenzialità formidabili del sistema produttivo vicentino e non si pensava praticamente che a questa occasione di ricchezza trascurando tutto il resto.

Antichi castelli che chiamano turismo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)PALLADIO, BACALA’: LUNGO EQUIVOCO…- La notorietà di Vicenza nel mondo, dice Riva, avrebbe dovuto articolarsi su tre punti forti come le ville palladiane, il piatto tipico e la produzione di oreficeria. Così non è alla luce di quanto nel frattempo è successo: “Quando si parla di ville palladiane e di Palladio nel mondo si pensa non a Vicenza, ma alla Riviera del Brenta mentre la gran parte di questi capolavori si trova proprio nella nostra provincia. È un punto a sfavore dal quale non si riesce ad uscire e neppure ha contribuito in modo sostanziale la celebrazione per il centenario palladiano. Nell’opinione mondiale si resta fermi su quelle posizioni. Se devo dire poi del bacala alla vicentina mi pare che a parte qualche tentativo in Europa e il gemellaggio con i norvegesi nel resto del mondo non si sa che cosa sia. Il mercato orafo e la fiera sono andati nella direzione che sappiamo. Secondo me il problema più importante sta a monte di tutto questo e va ricercato nella storia dell’economia vicentina e nell’evoluzione che le sue capacità produttive hanno determinato. Il fatto è che nel dopo-guerra c’era necessità di ripartire e lo abbiamo fatto come sappiamo con una capacità di lavoro straordinaria che ha messo da parte qualsiasi altra cosa che non ne facesse parte. Gli anni del boom sono stati quindi tanto positivi dal punto di vista della ricchezza della nostra società quanto negativi per quel che riguarda la cultura in genere e la cura delle cose storiche che potevano diventare offerta turistica autentica. Oggi è difficile ripartire un’altra volta, ma visto che l’economia è in forte crisi credo che sarebbe un’ottima cosa se si pensasse a cambiare registro e si facesse qualcosa di buono e di serio, qualcosa di programmato, sul terreno appunto dell’offerta turistica. I castelli rappresentano senza dubbio una parte potenzialmente molto interessante di questo ragionamento. Oggi come oggi quelli che funzionano come spazio per qualche manifestazione sono di proprietà privata e gli altri sono occupati invece da altre attività che non hanno niente a vedere col turismo, ad esempio i ristoranti. Va benissimo per tenere in vita gli spazi disponibili, ma certo non si può fondare su questa realtà un progetto di tipo turistico al quale invece andrebbe dato credito perché crea i presupposti per un risultato economico per niente trascurabile. La casa di Giulietta a Verona, inventata perché attirava anche se non è neppure parente del tempo vissuto dalla coppia celebrata da Shakespeare ha venti milioni all’anno di visitatori, non so se mi spiego. Quanti ne hanno i castelli di Giulietta e Romeo a Montecchio Maggiore? È solo un caso e lo cito perché il sindaco Milena Cecchetto ha preso alcune iniziative interessanti che potrebbero contribuire a migliorare di molto le cose”.

Antichi castelli che chiamano turismo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)IL CASTELLO DI ROMEO A MONTECCHIO- Un finanziamento regionale destinato proprio al meno fortunato dei due castelli di Montecchio Maggiore è alla base del ragionamento di Vladimiro Riva. Milena Cecchetto non va troppo lontano col discorso, ma è chiaro che lavorare su Romeo significa anche operare un ravvicinamento a Giulietta con tutto quel che può comportare su questa coppia di castelli che si guardano a poca distanza l’uno dall’altro. La prima idea che accompagna questo restauro, dice Milena Cecchetto è di un intervento conservativo: “Interveniamo sulle mura che così come sono possono creare grossi problemi di stabilità. Chiaro che nelle nostre intenzioni la priorità principale è questa, ma altrettanto chiaro che consideriamo questa una base di partenza per qualcosa di più importante a cominciare dalla creazione di diversa opportunità per l’accesso al castello che oggi non può essere aperto ai disabili perché non ci sono scivoli sfruttabili. Parliamo anche di turismo? Sicuramente sì nel senso che offriamo un turismi sostenibile nuovo rispetto alla situazione di oggi. La partenza è per il restauro delle mura a cui bisogna assicurare un alto grado di conservazione e per il resto penso che una cosa chiamerà l’altra anche perché dall’altra parte c’è il castello di Giulietta dove volendo si riesce a d organizzare qualche buona cosa a parte l’attività commerciale e di ristorazione. Per noi è un inizio”.

Antichi castelli che chiamano turismo (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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