NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Interventi

Bene o male, italianamente

di Mario Giulianati
10 ottobre 2015

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Interventi

Bene o male, italianamente

 

Sullo sfondo vi è l’epocale, per dirla come la descrivono i mas media, esodo di centinaia di migliaia di persone, milioni addirittura, che da mezzo mondo si riversano in Europa. Si ricordano le migrazioni antiche, bibliche, poi ancora le invasioni barbariche, le cacciate dalle loro case, o capanne, di interi popoli, magari obbligati con la forza ad abbandonare il loro paese e a trasmigrare in lande lontane e inospitali. C’è chi arriva a ricordare quanto è avvenuto nell’ultima guerra al nord e all’est. Chi ricorda i tempi in cui erano i nostri padri e nonni a migrare con la valigia di cartone legata con lo spago. Chi rammenta i “trattamenti “ subiti dai nostri migranti, in Paesi assai poco accoglienti. Poi si cerca di fare il distinguo tra chi fugge dalla guerra,chi va in cerca di lavoro, magari anche di quanti si celano nella massa per portare un messaggio di morte proprio nelle nostre terre. Leggo di cellule dormienti dell'Isis presenti in Inghilterra e in altri paesi dell'Europa pronte ad entrare in azione non appena riceveranno l’ordine di far esplodere la guerra santa. Tutti ricordiamo Parigi, così come ricordiamo, seppur più lontana nel tempo, la tragedia delle Torri Gemelle. Tutto questo, e altro ancora noi lo viviamo in un clima di competizione mediatica.

MERKEL (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica) Anzitutto discutiamo, e ci dividiamo, sulla natura del migrante. È un esule, un perseguitato, un fuggiasco da un paese in guerra, un clandestino in cerca di un “facile” approdo in una qualche terra promessa? Oppure un criminale che terrorizzerà le nostre famiglie, creerà, o almeno aumenterà, la generale insicurezza delle nostre contrade? Ma per molti, spinti e sostenuti dal messaggio di Papa Francesco e dall’esempio della Signora Merkel (colpaccio mediatico ben presto ridimensionato) o magari solo da una visione ideologica, o peggio ancora, da un personale interesse, fa di tutta l’erba un fascio e li definisce fratelli in difficoltà, in pericolo di vita e quindi bisognosi e perciò urge far leva sulla tradizionale solidarietà della gente. Una solidarietà a tutto campo. Senza se e senza ma. E chi non condivide sono razzisti, strumentalizza tori ecc. ecc. Ma i ma ci sono, affermano altri e i distinguo vanno fatti, altrimenti saremo invasi e affonderemo. Chi fraternizza senza i distinguo sono nemici della patria ecc. ecc. Poi si chiacchiera di speculazione, di serpi in seno alla organizzazione dell’accoglienza, di business. Insomma di traffici immondi. Tra la voglia del fare del bene, e il timore di essere vittime sacrificali della ingenuità di chi non vede il pericolo ed esalta le virtù dell’accoglienza, la gente oscilla come un pendolo, naviga a vista, vive nell’incertezza del domani. Magari anche in quella dell’oggi. Ma se si confrontano i due comportamenti, tralasciando il pensiero e l’atteggiamento di tutti colori che traggono interesse e vantaggio personale o di gruppo da tutta questa vicenda, allora si nota che un elemento è comune a tutti quelli che, indipendentemente dalla valutazione fatta e dall’azione promossa, si sono attivati con sincerità e onestà di intenti. E non è un riferimento di poco conto. Proprio questo fattore, mancante ma esistente, è quello che genera paura.

PAPA_FRANCESCO (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Questa nasce soprattutto dal fatto che non vi sono regole certe. Non vi sono linee di comportamento chiare, semplici, comprensibili e quindi accettabili. Dove la capacità e la possibilità del “dare accoglienza” si accompagna a certezza e garanzia che si è in grado di far ciò senza indebolire non tanto e non solo la struttura economica del Paese, sottolineando i due pesi e le due misure del trattamento riservato all’ospite e quello storicamente assegnato ai meno fortunati nostri concittadini, ma mettendo, almeno in prospettiva, in pericolo, forte, i nostri valori, le tradizioni, l’essere società occidentale e, per quanto ci riguarda, le nostre radici cristiane. Tutto questo non è frutto della fantasia ma è una possibile e probabile prospettiva. Si accusa il Governo di non aver costruito un sistema di accoglienza valido e accettabile. Si portano quali esempi l’Australia e il Canada. Si cita, in positivo e in negativo a seconda della propria visione delle cose, l’Ungheria. Si incolpa il passato e si accusa il presente. I rappresentanti governativi (la struttura prefettizia) si trovano, dopo anni silenti e ripiegati in funzioni scarsamente visibili, al centro della attenzione e agiscono ognuno interpretando, in base al proprio carattere, le norme che, pare, ci siano e pare che non ci siano. Un poco alla volta si scopre l’esistenza di un capro espiatorio. Cresce l’affanno dei buoni e dei cattivi. Ma non si sa bene chi siano gli uni e gli altri. Salvo il fatto che ognuno si veste dell’abito del giusto. E la giostra continua. Italianamente. 

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