NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Mario dal Pra e “Il giornale di Vicenza”

di Italo Francesco Baldo

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Mario dal Pra e “Il giornale di Vicenza”

Introduzione

Alcuni giorni fa è stato il settantesimo compleanno de “Il giornale di Vicenza”; un importante avvenimento che va ricordato, com’è stato fatto con un Inserto allegato al quotidiano del mattino proprio il 5 febbraio scorso, data della ricorrenza. In realtà “Il giornale di Vicenza” aveva avuto vite precedenti, nell’Ottocento quando nacque per la prima volta il 15 settembre 1866 come Periodico politico della città e della provincia; la sua vita termina l’anno successivo il 7 dicembre e si trasforma nel “Giornale della provincia di Vicenza”, poi “La provincia di Vicenza” fino al 1926, quando il nome diviene “Vedetta fascista”. “Il Giornale di Vicenza” risorge però il 27 luglio 1943 e ha vita brevissima, ma intensa; chiuderà i battenti il 27 settembre dello stesso anno, riprendendo il nome che aveva dal 1926. Risorgerà ancora, nel maggio 1945 come Organo del Comitato vicentino di liberazione nazionale, per diventare definitivamente, dal 5 febbraio 1946 quello che conosciamo ancor oggi come quotidiano del mattino.

Ogni suo periodo di vita è caratterizzato da una precisa situazione politica, il Risorgimento, il nuovo Stato Italiano, la caduta del fascismo, la fase del primo dopoguerra con l’arrivo degli Alleati a Vicenza e i tentativi di coordinamento delle forze politiche che si presentavano nuovamente nelle vicende italiane ed infine l’epoca della ricostruzione e di ciò che oggi viviamo e domani vivranno.

Quale delle vite de “Il giornale di Vicenza” ha rilevanza? Tutte, perché la possibilità d’informazione a tutto campo e senza discriminazioni per simpatie politiche è il primo e grande compito della stampa, che porta nel proprio codice genetico quella “libertà” che non è un rischiamo ideologico, ma la condizione dell’uomo e soprattutto dell’uomo che vive in una società al cui bene civile ognuno è chiamato, talora anche con la rinunzia a propri individuali vantaggi, perché il bene civile è prioritario, come con grande intelligenza proposero coloro che scrissero su “Il giornale di Vicenza” nella sua seconda stagione, la più breve, ma certo intensa e ancor oggi valida.


“Il giornale di Vicenza”

Vi sono molti articoli de “Il giornale di Vicenza”che ancor oggi, epoca di crisi politica e di riflessione politica soprattutto, possono invitarci ad una precisa riflessione, tra questi quello che più ha catturato la mia attenzione fu pubblicato durante la breve vita del giornale, quella che va dal 27 luglio al 14 settembre 1943.

La fase storia era delicatissima, lo sbarco in Sicilia degli Alleati, l’ordine del giorno Grandi, la prigionia e liberazione di B. Mussolini, la fondazione della Repubblica Sociale Italiana, erroneamente detta “ di Salò”, sono, in Italia, gli avvenimenti più importanti e di fronte ai quali diversificate sono le prospettive che si stanno delineando e che troveranno nei due anni successivi quell’anelito alla politica che caratterizzerà molti italiani.. In questo periodo, infatti, si gettono i veri semi della futura Costituzione della Repubblica Italiana. Per merito di molti fu pensato il futuro dell’Italia, legato ad un orizzonte nuovo che negli anni del Governo Mussolini non era dato nemmeno pensare.

Mario dal Pra e “Il giornale di Vicenza” (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

Antonio Barolini

 

Il giornale vicentino in quel breve periodo si fece portatore di queste istanze. Dopo la crisi del 25 luglio 1943 il quotidiano di Vicenza “Vedetta fascista” cambiò nome, diventando “Il Giornale di Vicenza” sotto la direzione di Antonio Barolini, un antifascista amico personale di Antonio Giuriolo e Neri Pozza. Il primo aveva promosso già le Edizioni del Palladio, una piccola collana di scritti di valore culturale e alcuni di grande spessore morale e politico. Lo stesso Giuriolo vi aveva pubblicato un saggio Antonio Fogazzaro attraverso la sua corrispondenza (Vicenza, Editrice Veneta, 2011), Mario Dal Pra, docente di Filosofia e Storia nel Ginnasio-Liceo classico “A. Pigafetta” e nel Liceo classico della Dame Inglesi di Vicenza, il suo Necessità attuale dell’universalismo cristiano (ried. Vicenza. Editrice Veneta 2005). Seguirono diversi altri saggi a firma L. Magagnato, A. Poggi, R. Murri, e ne era previsto uno di L. Meneghello su Carlo Pisacane.

Ritornando al nuovo giornale, il Direttore, pur movendosi con prudenza, riuscì a determinare una certa apertura nelle pagine del giornale, facendo ben comprendere quale era la direzione di fondo verso la quale occorreva muoversi” (M. dal Pra-Fabio Minazzi, Ragione e storia, Milano, Rusconi, 1992, p.103) per fornire basi riflessione nel nuovo corso della storia italiana.

Furono tanti gli articoli di rilievo, a partire del primo giorno, quando si ripropose a cura di Enzo Perazzuolo una considerazione di Paolo Mistrorigo, maestro e amico del poeta Giacomo Zanella, su Poesia e patriottismo dello stesso, una riflessione che rilevava sia l’aggancio al Risorgimento sia il ruolo dell’uomo di cultura nelle situazioni che si stavano determinando.Intervenne molte volte anche il Direttore con articoli importanti: Il volto della realtà, Il Sindacato, Il mondo moderno e la libertà. Significativi gli articoli di Benedetto Croce, Aristocrazia e massa del 5 agosto 1943 e il successivo La Libertà innanzi tutto e soprattutto dell’11 agosto e pure importante quello di R. Murri su Politica e morale del 10 agosto.

Merita, infine, particolare attenzione quello del 30 luglio 1943 a firma Mario dal Pra, Ordine e libertà. Il pensatore, che sarà professore ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Milano era ben noto per i suoi studi su pensatori antichi e medioevali e sulla didattica e per l’impegno che aveva avuto a Vicenza nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana, nell’Azione Cattolica e per la considerazione che ebbe del fascismo stesso e la riforma della scuola di Bottai. Fin dal 1942 Mario Dal Pra aveva iniziato una nuova riflessione, che proponeva come impegno morale e nella quale il pensiero e l’azione dovevano coniugarsi sia nella persona sia nella vita pubblica. Fondamentale il suo intervento:etvos estote parati. Mario Dal Pra, La Vigilia (cfr.Filosofi nel dissenso: il Reale istituto di studi filosofici a Perugia dal 1941 al 1943, Introduzione di A. Montesperelli, a cura di E. Mirri e L. Conti, Foligno (PG), Editoriale umbra, 1986.)

Sarà questa la direzione che lo porterà nel campo dell’antifascismo e della militanza nel Partito d’Azione con il nome di Procopio con la quale firmerà la Prefazione a S. Trentin, Stato, nazione, federalismo (Ed. clandestina, Milano, La fiaccola, 1945, rist. anast., Venezia, Marsilio, 2010).

L’importanza dell’articolo di Dal Pra apparirà chiara a chi lo leggerà (sotto), perché in esso vi è quell’anelito di libertà che è la caratteristica della politica italiana sin dal Risorgimento, che a Vicenza aveva avuto significativi episodi nel 1848 e illustri suoi concittadini vi avevano preso parte anche con il sacrificio della vita. Il tema della libertà, che non è un capriccio della volontà, ma un ordine razionale e la capacità di deliberare, ossia di fornire i perché delle proprie azioni; infatti, ciò che segue l’ideale dà impronta alla vita. Questo è il nodo attorno al quale si snoda il pensiero di Dal Pra. Il pensatore ben invita a considerare che la libertà non è “un dono”, ossia qualcosa che c’è elargito, ma è una conquista personale che informa di sé tutta la vita e ad essa dobbiamo rispondere consapevolmente, sapendo superare gli egoismi e gli immediati vantaggi.

La lezione di Dal Pra che si ripropone ed ha ancor oggi grande attualità, perché invita a considerare che la vita associata è un bene e il frutto di libertà nella quale non s’insegue l’utile individuale o particolare (del partito, del gruppo, del movimento), ma quello dell’insieme, perché lo Stato è una res publica, una cosa di tutti e verso la quale tutti siamo responsabili, ciascuno nel proprio ufficio, lavoro o anche semplicemente azione quotidiana.

Le parole del filosofo, sono ancor oggi un valido momento di pensiero sia a Vicenza sia in tutto lo Stato Italiano, perché Mario dal Pra e con lui molti che diedero anche la propria vita per gli ideali, hanno sempre avuto uno sguardo d’insieme, mai fermo all’orto personale, ma a quel giardino che è l’Italia tutta, dove fioriscono ancor oggi, speriamo, pensieri di grande spessore politico e non di servo encomio al potente di turno e dove soprattutto non si proscrivono le persone che possono dare contributi di grande valore.

 

Mario dal Pra Ordine e libertà, “Il giornale di Vicenza” 30 luglio 1943

Mario dal Pra e “Il giornale di Vicenza” (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)«La bandiera del nostro Risorgimento torna a sventolare gloriosa; tornano sulle nostre labbra i nomi di Mazzini, di Garibaldi, di Mameli, di tutti coloro che intesero la Patria come Libertà. Oggi più che mai apprezziamo che cosa significhi avere una responsabilità, partecipare colla propria passione alla vita politica, sentire il peso della propria costruzione, per quanto modesta. Siamo usciti di minorità, abbiamo riguadagnato la personalità. E sentiamo che appunto in questa libertà sta l’ordine vero, l’ordine spirituale. Comprendiamo bene l’abisso che separa il capriccio dalla libertà; il capriccio è appunto il segno della minorità spirituale, lo sbandare di chi non conosce regola, di chi ignora il sacrificio liberamente accettato e deciso. Invece libertà è farsi una nobile coscienza ed a questa essere fedeli. Va contro la libertà appunto colui che, col proprio ideale, tradisce se stesso. Libertà, responsabilità, ordine dell’uomo che colla ragione dà impronta alla sua vita: in ciò consiste la nobiltà migliore del nostro agire.

Questa libertà che è ordine morale non si riacquista per decreto di legge, né per colpi di Stato; si riacquista solo per educazione, per formazione, per ferrea volontà ispirata agli eterni valori dello spirito. La libertà non è dunque dono, ma è conquista, faticosa conquista che riassume in sé tutte le conquiste della civiltà e della storia. Per realizzare tale conquista occorre essere pervasi dall’amore dell’idealità, dal desiderio di superare l’egoismo per unirsi a tutti gli uomini nella fraternità dello spirito. Il senso della nostra fragilità, del tradimento dell’ideale in cui possiamo ad ogni istante cadere, deve farci attenti contro noi stessi, forti nella lotta contro tutti gli allettamenti immediati dell’egoismo. Oggi l’egoismo si potrà chiamare vendetta, o recriminazione per ambizione personale, o arrembaggio alla conquista degli interessi e dei privilegi che ogni situazione può presentare all’uomo senza coscienza. E contro questo egoismo bisogna essere forti; di quest’ordine bisogna essere disciplinati; per questo governo degli spiriti bisogna aderire fermamente al nuovo Governo nazionale.

Infatti in quest’ordine morale, espressione di tutta la nostra personalità, enunciazione della nostra dignità d’uomini, consiste il vero progresso della nostra vita collettiva, la vera rinascita della nostra Patria.

Combattiamo dunque l’errore di credere che l’ordine delle coscienze possa scendere dall’alto, possa farsi da sé, quasi come un processo fisico o chimico, per forze a noi estranee. Dobbiamo farci autori di quest’ordine che si chiama libertà appunto perché ha la sua radice nell’interiorità. Quello che altri chiamò fin qui ordine era la compostezza della morte, l’uniformità di una maschera che tutti ci ricopriva e che tutti ci umiliava in un volto solo, senza palpiti e senza passione. Si trattava di ordine apparente e di disordine sostanziale. Oggi ognuno si trova impegnato di fronte alla propria coscienza, di fronte al proprio dovere: non si sente più servo, ma libero e quindi obbligato all’interiorità. Ognuno così può riguadagnare la sua inconfondibile fisionomia, riacquistare le movenze della sua personalità morale; mentre diverrà così più profondamente se stesso, si troverà anche unito a tutti, nella dedizione ai sommi valori.

Agli uomini non si può servire mai; essere invece servi del bene, del bello, del vero significa regnare. A tutti gli italiani, in quest’ora solenne della rinascita patria, noi additiamo questa via dell’ordine che è libertà e formazione morale. Così diverremo intransigenti prima di tutto nei confronti di noi stessi e poi nei confronti di altri, nella vita morale come nella vita politica. Avremo a schifo i compromessi, deploreremo le mezze misure, avremo così caro i nostri ideali che non tollereremo più di vivere fuori della loro luce.

Tutto resta da fare per la costruzione morale dell’Italia, per il suo trionfo come primato morale e civile. Chi si concede ora riposo, costituisce un peso insopportabile che ci trascina inesorabilmente verso il passato e ci precipita nella servitù. Occorre al contrario vigilare per noi, per la Patria, per quello che essa rappresenta oggi che abbiamo riguadagnato la libertà.

Mario dal Pra e “Il giornale di Vicenza” (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Se qualcuno crede che la parola «ordine» implichi compressione delle coscienze si inganna, in quanto intende l’ordine nel senso estrinseco che ci ha dominati fin qui; ordine è primavera delle coscienze, empito di vita, potenzialità di costruzione, trionfo morale, vittoria dello spirito. Ci auguriamo che tutti gli italiani siano creatori, oggi, e custodi gelosi di quest’ordine per la nostra vera grandezza.

Quest’invito si rivolge soprattutto ai giovani, che hanno fino ad ieri nelle nostre scuole dato testimonianza a questa nostra idealità; con quella fede che ci ha guidati nel formare le loro coscienze oggi ritorniamo a loro e diciamo: per la salvezza della nostra Patria, per non venir meno al nostro preciso dovere, facciamoci apostoli di quest’ordine nella libertà, in cui è divenuta lieta, anche ieri, la nostra giovinezza».

 

nr. 05 anno XXI del 13 febbraio 2016



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