NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Ma cosa hanno in comune Caravaggio e Pasolini?

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Spesso si riflette sul fatto che col passare del tempo c’è un impoverimento sia del contenuto che della forma del prodotto culturale rispetto al passato fino ad arrivare al concetto che anche “brutto” può essere arte, anzi lo può essere anche più del bello. Si tratta effettivamente di un impoverimento o di un cambiamento che ha reso l’arte ancora meno accessibile alle masse perché necessaria di spiegazioni, comprensioni e riflessioni?

“Il rapporto tra arte e il popolo è un rapporto complesso e qualche volta interrotto. Nella nostra situazione sono talmente tanti gli stimoli che non è detto che l’arte debba avere quelli prevalenti per cui si può manifestare attraverso la musica o il cinema e quindi lasciare in penombra espressioni artistiche tradizionali perché sembrano desuete o appartenere a una dimensione non contemporanea, per cui la sensibilità delle persone non è la stessa rispetto a quello che viene loro offerto e la comprensione del mondo può essere molto limitata. Io credo che oggi ci sia una maggiore quantità di canali su cui sintonizzarsi, tanti possibili pensieri e possono avere un’adesione maggioritaria o meno ampia. C’è un po’ il rischio di una persuasione occulta che deriva dal fatto che la tendenza a fare quello che gli altri fanno è legata al ciclo industriale di produzione e quindi occorre convincere più persone della bontà di un prodotto. L’arte di per sé non è un prodotto ma un’invenzione individuale e la sua riproducibilità è soltanto una cosa moderna. Per cui l’arte nasce come unica e ognuno la esprime come può. La comprensione di quella cosa unica non è immediata e si danno strumenti per comprendere le cose che sono più utili da essere comprese".

Vittorio Sgarbi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Vittorio Sgarbi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Parliamo del periodo di Caravaggio: vediamo che lui è un artista anomalo perché parla di una spiritualità paradossalmente terrena. Poi, in quel periodo, penso al Brueghel il Vecchio: un modo di esprimersi e una figurazione molto diversa da noi latini. C’è una grande distanza tra Nordeuropea e Sud Europa: come mai il Nord Europa ha avuto un percorso così diverso nell’estetica, nella tematica? Penso anche a Bosch, sono quasi dei precursori del Surrealismo, molto diversi dalla nostra “estetica estetizzante” che racconta in qualche modo il potere: tutto bello, tutto ricco; lì invece tutto brutto, tutto efficace …

“Beh c’è una visione delle cose e del mondo più terrena, da noi c’è una tendenza al sublime, all’idealizzare. Caravaggio non idealizza ma la sua è una realtà di perfezione formale. Nel mondo fiammingo c’è l’idea della quotidianità, del lavoro, delle cose realizzate con il genio degli uomini, quindi la definizione dei dettagli che rappresentano, appunto, l’arte fiamminga è in questa applicazione una realtà controllabile sul piano razionale e sull’ordine delle cose, non c’è una dimensione metafisica. Noi abbiamo una più forte propensione ai valori ideali".

Una domanda che sto facendo agli artisti: Lei nello spettacolo associa “Giuditta e Oloferne” ai tagliagole dell’Isis. l’Isis cambierà i codici della nostra arte, il nostro modo di esprimerci e di fare televisione? Loro usano i nostri come la musica rap o spezzoni di disaster movie americani: è la loro cultura che sta diventando iconica e che subisce la nostra influenza o saremo noi a subire una cultura iconoclasta in cui magari non si potrà più fare danza o, non so …?

Vittorio Sgarbi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Beh questo è quello che pensava la Fallaci come destino di una islamizzazione dell’Occidente che è possibile per la quantità che essi costituiscono e per la loro determinazione: tanti e convinti, rispetto a noi che siamo di meno e più scettici e agnostici. Allora dove c’è più fede c’è anche più potenza e forza individuale che si trasmette alle condizioni in cui si esprime la vita. Noi abbiamo una visione molto decadente e molto poco convinta e quindi questo può essere terreno fertile per far prevalere chi invece ha convinzioni e determinazioni superiori alle nostre. Però è difficile fare una previsione perché si può anche sperare che noi resistiamo prima di essere travolti".

Agli artisti generalmente si chiede sempre un consiglio da dare a chi vuole fare arte. Lei consiglia di fare arte al giorno d’oggi? E a chi consiglierebbe di fare arte? Conviene perseverare oppure a volte è meglio lasciare perdere?

“No, è che se uno sceglie di fare arte per risolvere la sua vita, sceglie una strada utilitaristica che favoriscono i tempi: l’eccesso di creatività, il fatto che ognuno pensi di poter fare l’artista, è in realtà una condizione di alterazione dell’ordine sociale perché gli artisti avevano una dignità e un mestiere che erano immediatamente riconoscibili. Oggi dice di essere artista chiunque abbia un’idea la quale viene accolta e talvolta favorita da un mercato che non è meritocratico, che non premia il più bravo ma quello che ha più agilità e abilità. Per cui, in linea generale credo che il nostro tempio sia afflitto da un eccesso di presunzione di creatività: non solo creatività attiva e reale ma anche di persone che presumono di trovare una soluzione alla loro esistenza attraverso la scelta di fare gli artisti, che non è una vocazione o un istinto, in questo caso, ma una determinazione utilitaristica. Questo pare abbastanza evidente nella quantità di artisti che negli ultimi anni hanno sforato qualunque limite e confine della conoscenza; è impossibile che oggi uno ne conosca tutti: da un momento all’altro uno può nascere artista e decidere di praticarlo nella tua inconsapevolezza".



nr. 06 anno XX del 20 febbraio 2016

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