Il volto, il proprio o più ampiamente altri volti della pittura di Riccardo Curti sono celati fra elementi verticali e fasce cromaticamente delicate, dove segni volanti dalla forza aspra concentrano energia e filtrano lineamenti appena violati dal respiro lieve della luce.
Il segno traccia forme di volti per passare dalla memoria all’immagine ed arrivare a scoprire, sul filo dello svanire della forma, la storia individuale.Curti racchiude il suo marchio nel titolo della mostra “La voce del silenzio” dove Giuliano Menato scrive come “in un primo momento dipinge forme simboliche come la croce” per poi inserire più “agili strutture, caratterizzate da superfici cromatiche che riaffermano l’insopprimibile esigenza di semplicità e semplificazione”. Una pittura che Curti supera in seguito avvalendosi di nuovi pigmenti e nel frattempo allargandosi in nuovi supporti di lamiera zincata, più sensibile alle vibrazioni luminose.
“Colpito da alcune riflessioni di Alberto Giacometti - scrive Menato - artista che sente particolarmente vicino” Curti ritrae se stesso e volti umani circondati dal silenzio, fissa labili profili umani, sempre nuovi e sconosciuti, prendendone coscienza nell’atto di dipingerli. “Non sono presenze invadenti né fantasmi immaginari, ma creature - conclude il curatore della mostra- che chiedono di essere legittimate”. Ha scritto Dino Marangon «Le fisionomie sembrano aprirsi agli spazi, espandersi sul piano del quadro, fino quasi a diventare enigmatiche e indecifrabili, mentre invece per parte loro le forme, non potendo rimanere indifferenti a tali incancellabili presenze, vengono anch’esse flettendosi, modulandosi, avanzando o arretrando sulla superficie».
Mostra a cura di Giuliano Menato.
Venerdì 18 marzo, ore 20.30 incontro con l’artista e concerto di Giuseppe Dal Bianco - flauti etnici, duduk armeno, Giuseppe Laudanna - tastiera, percussioni