Non si può separare Enzo Andriolo dalla conferma della vocazione per la pittura che lo distingue nello sviluppo artistico. “Enzo Andriolo.- Antologia 1970- 2015” è il titolo dell’esposizione accompagnata da un buon catalogo dai contributi critici di Giuliano Menato, Carla Chiara Frigo e François Bruzzo che offre la possibilità di addentrarsi ancor più nel percorso degli anni. All’inizio ha prediletto la figura umana sotto l’indirizzo di Otello De Maria, spiega Menato, con una figurazione che oltre all’olio, preferisce per sensibilità verso la materia, la tecnica più impegnativa dello strappo d’affresco. Quando negli anni ’70 Andriolo trova vicinanza con Saetti, le figure in primo piano sono toccate da un’umana sensibilità collocata in un’atmosfera fra realtà e sogno.
Come precisa Menato, le forme s’impongono in un contesto non neutro, con un’adesione alla pittura contemporanea per, in seguito, scegliere la pittura astratta e informale. Una nova pittura di impasti, di macchie che mutano affascinati e richiamano l’attenzione, trova spazio nei “muri”. Andriolo dipinge la materia inorganica negli anni ’80, la rende vivente nei colori delle superfici dagli impasti corrosi in continua espansione, segnati da linee, fenditure, sfaldamenti, contorni geometrici di finte finestre, con il piacere di mutare quando inserisce il collage. Altre tele tra gli anni ’80 e ’90 conducono alle impressioni di viaggio delle città nel cogliere la luce e il colore locale di Bruxelles, Positano, Toledo, Madrid. Conosce in quegli anni Carmelo Zotti Bruno Saetti, Emilio Vedova, Aldo Schmid, Luigi Senesi e ne diviene collezionista, espone con mostre personali a Valdagno alla Galleria Palazzo Festari, a cura di Menato e a Montecchio Maggiore con la presentazione di Bruzzo. Andriolo in questi anni all’attività di pittore unisce quella dell’antiquario. Nello spazio dinamico di Antichità La Galleria, trovano possibilità espositive pittori e scultori.
Mostra a cura di Giuliano Menato.