Con carta velina pieghettata e moltiplicata Cinzia Ghelardini traduce quell’interesse viscerale per il mare, le barche, la navigazione a vela in opere tra sogno e realtà.
La carta sottilissima, dai colori diafani, moltiplicata in superfici sovrapposte, rigorosamente in forme geometriche, descrive il paesaggio coinvolgente del mare e della terra dove vive: la Toscana. La chiara luce della regione entra nella materia senza peso, sottile e colorata e pare lievitare nelle plissettature, nelle stesure piane delle forme lievi, nello sfondo acquerellato. La materia nella fragilità delle superfici geometriche diversamente cromatiche muta di espressività nell’organizzazione varia dello spazio. Ghelardini recupera un paesaggio leggero, lievitante nei nuovi equilibri della stessa qualità delle immagini reali. Raccoglie il senso del vento su acque ed alberi e la luminosità chiara della terra toscana. “Dimostreremo che la geometria può diventare sentimento, poesia” scriveva Licini nel 1935. Così Ghelardini raccoglie il senso dell’infinito e la bellezza della natura che delimita e muta nello spazio trasparente. Nelle superfici le composizioni geometriche riuniscono carte, losanghe, triangoli e rettangoli nell’accordo dei verdi e dei bruni, dei gialli ocra dei calanchi, apre brecce e fessure per andare in nuove superfici, verso profondità marine bagnate d’azzurro. “…L’abilità dell’artista consiste nel sapersi fermare al momento giusto…” scrive Bruno Munari, e prosegue: <> l’atmosfera in fogli si compera dal cartolaio e si chiama carta velina. Il colore lo si aggiunge alla sensibilità. La sensibilità non si trova dal cartolaio, la colla sì. Non è la colla che fa il collage, come disse Max Ernts in un giorno di pioggia”.