NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Fresu & Towner che coppia!

Un evento e non solo un concerto l’esibizione al teatro olimpico dei due musicisti che, nel lambito di Vicenza jazz, hanno presentato gran parte del loro album Chiaroscuro

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Fresu & Towner che coppia!

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

(foto di Riccardo Contarin)

 

Fresu & Towner che coppia! (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Uno degli spettacoli di punta di Vicenza Jazz la settimana scorsa è stato il concerto, tutto esaurito, di Paolo Fresu e Ralph Towner al Teatro Olimpico in cui hanno suonato molti brani del loro album del 2009 “Chiaroscuro”. Ralph Towner è un chitarrista classico e polistrumentista americano sulle scene da più di 40 anni, vive in Italia da molto tempo e ha collaborato con Paolo Fresu in molte occasioni. Concerto di jazz dal gusto internazionale e mediterraneo molto applaudito dal pubblico.

 

Questo spettacolo è con Ralph Towner, che usa la chitarra acustica: generalmente viene associata a un suono mediterraneo o del Sud del mondo. Esiste un “Nord del mondo” che usa la chitarra con delle armonie e delle tecniche che sono riconoscibili come tipiche di quei luoghi?

Paolo Fresu: “La chitarra è uno è uno dei pochi strumenti che si suonano davvero in tutto il mondo, poi ognuno lo fa suo rispetto a quello che è la sua tradizione e la sua storia. Nella musica che suoniamo noi ci sono dei pezzi mediterranei e il pezzo di apertura, quello che ci ha fatto conoscere 20 anni fa che lui scrisse quasi per me in Sardegna, si chiama “Punta Giara”, in un festival che ci commissionò la Provincia di Cagliari. Suoniamo un brano nuovissimo che si chiama “Tammuriata”. La chitarra, a seconda dei posti dove si suona, si declina col suo sapere e la sua storia".

Ralph Towner: “Ho cominciato a studiare chitarra classica a Vienna quando avevo 22 anni ma ero già musicista, a 6 anni suonavo la tromba in una famiglia di tutti musicisti. Ho studiato composizione classica a scuola e all’università e ho scoperto la chitarra molto tardi: per me era come il piano, uno strumento incredibile e quando andai a Vienna mi esercitai 10 ore al giorno per 17 settimane: ero esaurito, una cosa che fai quando sei giovane! Ma fu grandioso perché poi riuscii a suonare un concerto classico. Molti dei pezzi di stasera li ho scritti in Italia, ho vissuto a Palermo per 10 anni, mia mogli è di lì, fa l’attrice e ha recitato con Servillo e ne “il commissario Montalbano (Mariella Lo Sardo). Molti dei miei lavori hanno a che fare con il luogo in cui vivo, c’è molta influenza brasiliana nel mio suonare ma molta è tecnica classica, rinascimentale, elisabettiana, Bach, o tipicamente dell’area di Segovia. Sono stato pianista, ho suonato con grandi musicisti jazz a New York. Non voglio che la mia chitarra suoni in modo classico ma non potreste suonare come me se non aveste studiato classica e non potreste suonare come me se non aveste suonato piano jazz".

Abbiamo avuto Bollani e Sepe che hanno fatto una specie di lunghissima jam session in cui hanno citato innumerevoli colonne sonore di film, rivisitandole. Il jazz ha sicuramente influenzato i compositori di musiche da film. Ci sono dei compositori di colonne sonore che hanno influenzato degli artisti di jazz?

Fresu & Towner che coppia! (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)P.F.: “Tantissimi. Uno come il nostro Morricone ha influenzato mezzo mondo, più di quanto non si creda: quando vado in giro e ne parlo, Morricone viene visto come un genio inarrivabile. Tantissimi artisti del jazz, nella storia, hanno rubato a piene mani da lui, ma anche da altri; da Nino Rota a Piccioni, Umiliani e parliamo solo degli italiani. La musica da film è una grande forma di ispirazione per i musicisti di jazz e molti standard jazz sono presi proprio pari pari da colonne sonore di film o addirittura film di Walt Disney per bambini, “Alice nel paese delle meraviglie” è uno di questi ed è stato interpretato da grandi musicisti jazz, per cui oserei dire che è più la musica da film che ha influenzato il jazz che non viceversa, secondo me".

Doctor of Music alla Berkley di Boston e 3 anni fa laurea ad honorem in Psicologia dei Processi Comunicativi alla Milano Bicocca per quanto fatto in Sardegna. Riconoscimenti importanti per un artista italiano ma vorrei chiederti di quello conferitoti dalla Bicocca: quale è stato il processo per cui il jazz è diventato strumento efficace nella riqualificazione e nella promozione di un territorio al punto da diventare una case history premiata accademicamente?

P.F.: “Credo che sia nell’incidenza che ha sul territorio un festival, come anche quello di Vicenza: nel momento in cui dopo tanti anni creano un indotto importante che non è solamente culturale ma anche economico, quindi c’è un percorso dietro, un lavoro che funziona e che si fa con serietà, che coinvolge le forze locali e che mette in moto un meccanismo di crescita di un territorio, quel qualcosa diventa un bene comune pubblico che va tutelato come se fosse un monumento. Tra i vari riconoscimenti che ho avuto, e ne ho avuti tanti come artista, forse quello della Bicocca è per me uno dei più importanti perché è il riconoscimento di quello che ho creato in una comunità piccola come quella del mio paese. È un po’ una sorta di piccolo miracolo, in un momento di crisi profonda come quello che stiamo vivendo, sul senso della cultura, a cosa serve, se va finanziata e con quali denari, è uno sprone, ho preso questo riconoscimento veramente come un momento per me molto prezioso che, ovviamente, ho condiviso con le persone che lavorano con me: non sono da solo e qualcosa di importante è sempre un lavoro di squadra".

 

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