NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Non stimola e rischia di stordire… il territorio

Storia alla rovescia dei tanti prodotti di punta della Recoaro che sta per passare di mano visto che la San Pellegrino la vuole mettere in vendita: gingerino, chinotto, acqua minerale, imbottigliamento e terme rischiano di entrare in un vortice che potrebbe “spacchettarle” rendendo tutta l’offerta economica sicuramente appetibile - Consiglio comunale e confronto con Regione e sindacati: gli 800 occupati, solo un ricordo, e la montagna vicentina non ha certo bisogno di altri sussulti – Ne parlano Consiglio (CISL), Mauro Fabris, Oboe e Ceola

di Giulio Ardinghi

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Non stimola e rischia di stordire… il territorio

Allora, c’era Carosello. Tutti andavamo a nanna dopo l’ultimo siparietto. Era anche il tempo di Recoaro Terme, già alla fine degli anni '70 con qualche già preoccupante pre-sussulto economico e finanziario, e però sempre con quella straordinaria immagine di eredità non tradita, ancora ben viva, che si poteva permettere il lusso di ricordare al mondo che qui perfino una regina, Margherita di Savoia, aveva sostato più di qualche giorno per la cura delle acque, mentre la qualità media dei clienti era altrettanto alta, dai grandi industriali del settentrione italiano ai vip di allora, nobili ancora di pedigree autentico, attori di cinema e di teatro, registi, notissimi giornalisti, maghi e santoni assortiti.

Oggi tutto è passato, dissolto, fino al pensiero limite di ritenere che ricordare certe cose del tempo antico e felice, tutte peraltro rigorosamente autentiche, sia da considerare poco meno che un delirio senile.

Non stimola e rischia di stordire… il territorio (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ma non è fantasia. L’azienda delle terme di Recoaro rappresentava una potenza imprenditoriale di innegabile pregio, era perfino asse portante, centro di quel Carosello che siglava in tv una dimensione primaria, le confermava il perimetro più che rispettabile, più che sufficiente per stabilire senza equivoci la precisa posizione nella scala dei valori. A parte l’acqua minerale, a parte l’azienda che faceva imbottigliamento, un’acqua non per niente con la fonte principale intitolata a Margherita, c’era il chinotto, un’invenzione di Recoaro, c’era il Gingerino innalzato agli altari delle più penetranti ed efficaci campagne pubblicitarie con sketch e manifesti stradali che recitavano “stimola ma non stordisce” visualizzato per completare l’effetto da una modella di eccezionale avvenenza.

In più, c’era la dimensione effettivamente portante dell’azienda in quanto tale: circa cinquecento dipendenti fissi più altri trecento che costituivano gli ausiliari stagionali indispensabili ed irrinunciabili. Erano stagionali anche gli altri cento e più che completavano il quadro occupazionale della valle entrando negli alberghi come occupati a tempo determinato. Come dire che Recoaro e dintorni, usciti nemmeno cento anni prima da una micidiale crisi provocata dall’eruzione di un vulcano indonesiano che aveva continuato ad oscurare il cielo per mesi mandando a pallini la produzione agricola, messi di nuovo in difficoltà dalla guerra del 15, aveva trovato la chiave per una vita trasformata in qualcosa di molto più importante della semplice sopravvivenza. Se c’era una fetta della montagna vicentina che poteva dichiararsi perfettamente conciliata con le più evolute e credibili esigenze di reddito, consumi, organizzazione generale della ricchezza, questa era proprio Recoaro.

Alla fine degli anni 70 la prima crisi fu affrontata con il piglio di quello Stato che essendosi dotato di un ministero delle Partecipazioni statali: se c’era debito andava risanato, se calavano gli indici occupazionali si rimediava eventualmente anche con la cassa integrazione e gli strumenti di intervento sociale. Uno dietro l’altro si avvicendarono al timone dell’azienda vari personaggi, da Speggiorin da Camisano a Fauci da Roma, direttori e presidenti che probabilmente di acqua e bibite non sapevano assolutamente niente e che però da inviati dell’allora ministro delle Partecipazioni Bisaglia dovevano seguire –ed erano fedeli alla consegna- un itinerario finanziario e di gestione che evitasse anche la sola idea del collasso. L’andreottiano Ciarrapico, già in possesso delle fonti di Fiuggi, fu sicuramente il personaggio di più rilevante incidenza in questa opera conservativa dei valori e di possibile rilancio: ottenne perfino una linea aerea Vicenza-Roma e ritorno e si fece vedere spesso su e giù per la valle a bordo dell’elicottero, dimostrazione vivente che le cose erano di nuovo impostate in quel certo modo.

Ma il virus della vendita era così penetrato senza scampo dentro un meccanismo che a tutti gli anni 60 aveva funzionato come un ottimo orologio: come si sa, l’appetito vien mangiando e così la storia della cessione al miglior acquirente finì col diventare la tendenza assolutamente prevalente dell’azienda di Recoaro mentre a nessuno veniva in mente in quelle circostanze che forse oltre a difendersi dall’avventurismo finanziario ed economico, forse era arrivato il momento di pensare anche a Recoaro come paese di ricettività ormai obsoleta, vecchia e superata negli alberghi, incapace di attirare qualcosa di diverso da un pubblico limitato ai pensionati, tra l’altro in manifesto difetto di numeri, anno dopo anno. Nessuno ci pensò, non la Provincia, non il Comune di Recoaro del resto povero in canna già allora (ma mai come oggi), e neppure venne il dubbio al sindaco di Vicenza che avrebbe potuto mediare anche attraverso i sette od otto parlamentari vicentini qualche iniziativa in favore del turismo, perché era il turismo che prometteva di collassare nel giro di pochissimo tempo.

Non stimola e rischia di stordire… il territorio (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)E oggi ci risiamo, ci risiamo al passaggio di mano. Ma oggi il problema è ancora più serio ed oltre tutto è assolutamente non controllabile perché quando San Pellegrino dice “vendo la Recoaro” non fa niente di inguardabile, non investe bambini sulle strisce pedonali, non fa che seguire soltanto la sua libera logica di scelta, la normale strategia normalmente pensabile in una situazione come questa che è di libero mercato. E dunque? Effettivamente c’è un “dunque” e ci sono molti “ma” tutti rivolti allo sviluppo prevedibile di questa nuova operazione anche e soprattutto dal punto di vista delle ripercussioni sociali. Oggi i dipendenti dell’azienda sono qualche decina, ma i riflessi sull’economia della zona, tutta montagna a rischio di spopolamento, potrebbero trasformarsi in una trappola senza uscita. Non è un caso se all’appuntamento con il consiglio comunale straordinario di Recoaro il sindacato si presenterà con un quesito ed un warning da rivolgere alla Regione: la vendita è legittima, dice Consiglio, ma non consideriamo neppure l’ipotesi di uno spacchettamento degli elementi aziendali, tutto o se ne riparla in blocco, perché vendere a pezzi significherebbe assestare l’ultimo colpo ad una situazione che di scosse non ha certo bisogno. L’economia montana di Recoaro non sopravviverebbe e la previsione più facile è quella di un altro, nuovo esodo massiccio di chi ha qualcosa da giocarsi della vita, vale a dire i più giovani…

Non a caso, ad esempio nelle parole di Mauro Fabris, si fanno riferimenti non troppo lusinghieri al ruolo non coperto della Regione e più in generale alla totale incapacità di lettura da parte dei politici vicentini (ma anche veneti) di situazioni che come questa hanno una lunga traccia di possibile analisi e di doveroso studio dei rimedi adottabili. Non dimentichiamoci che Vicenza è forse l’unica città del mondo più avanzato con il coraggio di cancellare dalla propria mappa nientemeno che un aeroporto, mentre altrettante cecità la sta manifestando verso la questione dell’Alta velocità ferroviaria, oscillando tra varie scelte, perdendo finanziamenti, mettendo tutte le premesse per non cavare il solito ragno dal buco, mentre Brescia ha sei corsi di Freccia Rossa al giorno e mentre Verona e Padova sono già perfettamente assettate per mandare a Roma i treni da tre ore a viaggio e non hanno alcun bisogno del transito per il territorio vicentino.

Ne parliamo con Raffaele Consiglio (segretario generale della CISL provinciale di Vicenza), l’ex deputato nonché ex segretario cittadino dc Mauro Fabris, Bruno Oboe che della CISL è stato anche componente del direttivo nazionale e Giovanni Ceola l’attuale sindaco di Recoaro terme.



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