NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Leggere la Bibbia?

di Italo Francesco Baldo

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Leggere la Bibbia?

Introduzione

La sacra Scrittura, comunemente “Bibbia”, è un preciso riferimento per la fede cristiana. Difficile recensire tutte le opere che si sono interessate a questo “libro sacro”, oggetto di meditazione e di studio attento. Il problema della comprensione e interpretazione della Bibbia sono centrali insieme alla Tradizione Apostolica, e si riassumono in: “Andate e ammaestrate tutte le Nazioni Mt.28,19), come ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica, Compendio (nn.11-17). Due quindi sono i riferimenti, uno la Bibbia e l’altro la Tradizione, che sono strettamente unite insieme con il Magistero cui spetta “l’interpretazione autentica”. Ciò nella fede cristiana cattolica, mentre per diverse altre confessioni vi è o la libera interpretazione singolare, il luteranesimo, ad esempio, o la lettura e conseguente applicazione integrale di quanto riportato nella Bibbia, i Testimoni di Geova. Ben diversa è la “lettura” che è compiuta negli ambiti non “di fede”religiosi, dove prevale lo studio “filosofico” che nega la possibilità stessa di una rivelazione di Dio o anche che tutto quello che riguarda la “fede” o è uno stadio “primitivo” della ragione che non utilizza pienamente se stessa o una prevaricazione socio-politica, come afferma tutto il marxismo nelle sue varie, innumerevoli declinazioni. Un altro ambito è quello che si accosta alla Bibbia con le sole scienze storiche, nato dell’Ottocento con la corrente filosofica del positivismo e che ha avuto un’importante stagione con il modernismo cui aderì anche lo scrittore vicentino Antonio Fogazzaro ed ebbe vicende molto interessanti proprio nell’ambiente ecclesiale vicentino con i fratelli Scotton. Questa prospettiva, ben lo chiarì papa Pio X con l’enciclica Pascendi, si servivano delle scienze storiche per negare la divinità di Cristo: “alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch'è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d'ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo”.

Le condanna del modernismo non era la negazione delle scienze, come una interessata vulgata ancora oggi diffonde, ma la questione delle natura divina di Cristo. Con precisione afferma sempre Pio X. “I nemici della Chiesa certamente ne abuseranno per ribadire la vecchia accusa, per cui siamo fatti passare come avversi alla scienza ed al progresso della civiltà.”

Vi sono coloro che, servendosi delle scienze psicologiche, ritengono che la fede religiosa sia un atteggiamento comportamentale e non già un contenuto soggetto alla stessa riflessione razionale. Costoro, quando va bene, ritengono che alcuni precetti morali contenuti nella Bibbia abbiano una certa validità, ma negano recisamente la rivelazione divina.

Molti i modi di rapportarsi alla Bibbia, ma non molto diffusa è invece la conoscenza del testo; si preferisce, infatti, proporre aspetti particolari, spesso funzionali a proprie visioni con una lettura parziale e strumentale, dimenticando che tutta La Sacra Scrittura è “saldezza della fede, cibo e sorgente di vista spirituale. È l’anima della teologia e della predicazione pastorale.” (Catechismo, op. cit. n. 24) e ciò in conformità al Magistero e alla Costituzione dogmatica Dei Verbum del Concilio vaticano II e prima ancora di quello di Trento che nella Sessione IV (8 aprile 1546) oltre a stabilire i “libri” della Bibbia considerati fonte della fede stabilì pure che: “Inoltre, per reprimere gli ingegni troppo saccenti, dichiara che nessuno, basandosi sulla propria saggezza, negli argomenti di fede e di costumi, che riguardano la dottrina cristiana, piegando la sacra Scrittura secondo i propri modi di vedere, osi interpretarla contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sacre scritture o anche contro l’unanime consenso dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate. Chi contravvenisse sia denunciato dagli ordinari e punito secondo il diritto.”

La Chiesa cattolica consapevole che ogni uomo può rapportarsi alla Sacra Scrittura, considera però che non si possa mai elevare il pensiero singolare ad assoluto, perché è nell’unità che essa si esprime. Ciò è dovuto anche al fatto che la Bibbia si presenta come un corpus complesso che abbisogna di rispetto, studio e quella humilitas che accompagna sempre lo studio ed in particolare quando quello che viene scritto va predicato. La fede cristiana cattolica fedele al grande comandamento non fa “accademia” della Bibbia e neppure occasione estemporanea, ma “annuncia/predica la verità” che Cristo stesso, consapevole della storia della promessa fatta al popolo ebraico ha realizzato con la sua morte e resurrezione. Precisò la Dei Verbum: “la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo; poiché quando preghiamo parliamo con Lui; Lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini, come afferma Sant’Ambrogio nel De officiis ministrorum, I, 20,88)”

Nel corso dei secoli tra i tanti, in primo luogo proprio San Gerolamo, che tradusse in latino dal greco la Bibbia, S. Tommaso d’Aquino, il doctor Angelicus ancora oggi ci offre nel suo Prologo alla Summa theologiae un importante modo per accostarsi alla bibbia, che mostra tutta la sua attualità e che merita di essere ricordato.

Leggere la Bibbia? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

San Tommaso d’Aquino

 

Nel Prologo alla sua opera più importante S. Tommaso d’Aquino affronta lo studio della dottrina sacra con un preciso riferimento ai modi con i quali si debba accostare alla Bibbia.

T Ben tiene presente il grande teologo che il contenuto della fede e nella sacra Scrittura, come è precisato: “Nell‘epistola a Timoteo [2 Tm 3, 16], dove leggiamo: «Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere, formare alla giustizia». Ora, la Scrittura divinamente ispirata non rientra nelle discipline filosofiche, che sono un ritrovato della ragione umana.” Pertanto “Era necessario per la salvezza dell‘uomo che, oltre alle discipline filosofiche oggetto di indagine razionale, ci fosse un‘altra dottrina procedente dalla divina rivelazione. Prima di tutto perché l‘uomo è ordinato a Dio come a un fine che supera la capacità della ragione, secondo il detto di Isaia [64, 3]: «Occhio non vide, eccetto te, o Dio, che cosa hai preparato per coloro che ti amano». Ora, è necessario che gli uomini conoscano in precedenza questo loro fine, perché vi indirizzino le loro intenzioni e le loro azioni. E così per la salvezza dell‘uomo fu necessario che mediante la divina rivelazione gli fossero fatte conoscere cose superiori alla ragione umana. Anzi, anche su ciò che intorno a Dio l‘uomo può indagare con la ragione fu necessario che egli fosse ammaestrato dalla rivelazione divina, poiché una conoscenza razionale di Dio non sarebbe stata accessibile se non a pochi,dopo lungo tempo e non senza errori; eppure dalla conoscenza di tali verità dipende tutta la salvezza dell‘uomo, che è riposta in Dio. Quindi, per provvedere alla salvezza degli uomini in modo più conveniente e più certo, fu necessario che sulle realtà divine essi fossero istruiti per divina rivelazione. Di qui la necessità, oltre alle discipline filosofiche oggetto dell‘indagine razionale, di una dottrina avuta per divina rivelazione.” Questa è contenuta nella Bibbia., come è precisato: “Nell‘epistola a Timoteo [2 Tm 3, 16], dove leggiamo: «Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere, formare alla giustizia». Ora, la Scrittura divinamente ispirata non rientra nelle discipline filosofiche, che sono un ritrovato della ragione umana.”

Fu invece provvedere che: “Per la salvezza dell‘uomo fu necessario che mediante la divina rivelazione gli fossero fatte conoscere cose superiori alla ragione umana. Anzi, anche su ciò che intorno a Dio l‘uomo può indagare con la ragione fu necessario che egli fosse ammaestrato dalla rivelazione divina, poiché una conoscenza razionale di Dio non sarebbe stata accessibile se non a pochi, dopo lungo tempo e non senza errori; eppure dalla conoscenza di tali verità dipende tutta la salvezza dell‘uomo, che è riposta in Dio.

Quindi, per provvedere alla salvezza degli uomini in modo più conveniente e più certo, fu necessario che sulle realtà divine essi fossero istruiti per divina rivelazione. Di qui la necessità, oltre alle discipline filosofiche oggetto dell‘indagine razionale, di una dottrina avuta per divina rivelazione.”

Per questo alla sacra Scrittura ci si rivolge in un modo diverso da quello con il quale indaghiamo filosoficamente o con le altre scienze, esse forniscono un aiuto, ma non sono di per sé stesse assolutamente necessarie, perché è certo più facile comprendere la Rivelazione che non la Metafisica di Aristotele. Bisogna considerare che “ La dottrina sacra è una scienza. Bisogna però sapere che vi è un doppio genere di scienze. Alcune infatti procedono da princìpi noti attraverso il lume naturale dell‘intelletto, come l‘aritmetica e la geometria, altre invece procedono da princìpi conosciuti alla luce di una scienza superiore: p. es. la prospettiva si basa su princìpi di geometria e la musica su princìpi di aritmetica. E in questo modo la dottrina sacra è una scienza: in quanto poggia su princìpi conosciuti alla luce di una scienza superiore, cioè della scienza di Dio e dei beati.”

Proprio qui San Tommaso mostra la sua attualità: nelle scienze non si giudica l’oggetto se non per la scienze che lo studia, così nessuno pretende di conoscere con la botanica la teoria della relatività e con questa il seme, perché ogni scienza deve avere consapevolezza del suo oggetto e degli strumenti atti a conoscerlo. Così la sacra Scrittura non può essere determinata dalla scienza fisica, ma nemmeno da quella storica. Esiste una possibilità multidisciplinare nell’accostarsi alla Bibbia, ma sempre con la consapevolezza di cui sopra. In realtà la conoscenza biblica si struttura come una disciplina a sé stante, frutto interdisciplinare direbbe J. Piaget, dove le diverse scienze convergono in un'unica capace di fornire una spiegazione complessivamente coerente.

Se da un lato la Bibbia nella parte dell’Antico testamento ci narra anche le vicende del popolo ebraico o della condanna di Gesù Cristo, non per questo essa è riducibile al un solo testo di storia. Se Essa invita alla carità, questa non va confusa con la solidarietà che è una realtà esteriore, prescrivibile per legge (cfr. art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana), mentre la carità è una dimensione del cuore e della mente che non è un dovere legale, ma una deliberazione di come condurre la propria vita.

Nella Bibbia troviamo molti elementi riferibili a tante scienze, ai diversi comportamenti umani, alla politica, alla sociologia, alla psicologia, ma il fondamento di tutto non è la singola scienza o questo o quel comportamento.

Come pertanto leggere la Bibbia, il cui Autore “ è Dio” (S.theol. art. 10,3)? Per questo “ per il modo stesso di esprimersi sorpassa tutte le altre scienze: poiché in uno stesso e identico discorso mentre racconta un fatto enuncia un mistero” (S. Gregorio 20 Moralium, c.1).

La questione è affrontata da S.Tommaso, tenendo presenti diversi autori tra cui Dionigi, S. Agostino, S. Gregorio e precisa che l’Autore, Dio, “può non solo adattare parole per esprimere una verità, ciò che può anche l’uomo, ma anche le cose stesse. Quindi, se nelle altre scienze le parole hanno un significato, la sacra Scrittura ha questo in proprio:che le cose stesso indicate dalla parole, alla loro volta ne significano un’altra. L’accezione ovvia dei termini, secondo cui le parole indicano la realtà, corrisponde al primo senso che è il senso storico o letterale, Usare invece le cose stesse espresse dalle parole per significare altre cose si chiama senso spirituale, il quale è fondato sopra quello letterale e lo presuppone. Il senso spirituale.

Leggere la Bibbia? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il senso spirituale poi ha una triplice suddivisione. Dice infatti l‘Apostolo [Eb 7, 19] che la legge antica è figura della nuova e la legge nuova, come dice Dionigi [De coel. hier. 5, 2], è figura della gloria futura; e così pure nella legge nuova le cose compiutesi nel Capo stanno a significare quelle che dobbiamo compiere noi. In quanto dunque le realtà dell‘antico Testamento significano quelle del nuovo si ha il senso allegorico; in quanto invece le cose compiutesi in Cristo o significanti Cristo sono un segno di ciò che dobbiamo fare noi si ha il senso morale; in quanto finalmente significano le cose attinenti alla gloria eterna si ha il senso anagogico.

Ma siccome il senso letterale è quello che intende l‘autore, e d‘altra parte l‘autore della Sacra Scrittura è Dio, il quale comprende simultaneamente col suo intelletto tutte le cose, non c‘è obiezioni ad ammettere, con S. Agostino [Conf. 12, 31], che anche secondo il senso letterale in un medesimo testo scritturale vi siano più sensi.”

Il doctor Angelicus considera anche le obiezioni alla sua analisi:

1. La molteplicità di tali sensi non porta all‘equivoco

o ad altre ambiguità poiché, come si è detto, questi Sensi non si moltiplicano per il fatto che una medesima parola significa più cose, ma semplicemente perché le realtà significate dalle parole possono essere segno di altre realtà. E così non c‘è da temere confusioni nella Sacra Scrittura, poiché tutti gli altri sensi si fondano su un solo senso, quello letterale, dal quale solo è lecito argomentare, e non già sul senso allegorico, come nota S. Agostino [Epist. 93]. Né per questo viene a mancare qualcosa alla Sacra Scrittura, poiché nulla di necessario alla fede è contenuto nel senso spirituale senza che la Sacra Scrittura lo esprima chiaramente in modo letterale in qualche altro testo.

2. Quei tre modi di esporre la Scrittura: storia, etiologia, analogia, appartengono all‘unico senso letterale. Infatti la storia, come spiega lo stesso S. Agostino, si ha quando si espone semplicemente una cosa; l‘etiologia quando si assegna la causa di quanto viene detto, come quando il Signore dichiarò il motivo per cui Mosè permise agli Ebrei di ripudiare la moglie, cioè per la durezza del loro cuore [Mt 19, 8]; l‘analogia quando si fa vedere che la verità di un passo della Scrittura non è in contrasto con la verità di un altro passo. Nella suddivisione poi a quattro membri [fatta daS. Agostino] l‘allegoria da sola corrisponde ai tre sensi spirituali. E così Ugo di S. Vittore pone sotto il nome di allegoria anche il senso anagogico, ponendo nelle sue Sentenze [3] soltanto tre sensi: lo storico, l‘allegorico e il tropologico. 3. Il senso parabolico è incluso in quello letterale: infatti con la parola si esprime qualcosa in senso proprio e qualcosa in senso figurato, ma il senso letterale non è la figura, bensì il figurato. Quando, p. es., la Scrittura parla del braccio di Dio, il senso letterale non è che in Dio vi sia questo membro corporale, ma che in lui vi è ciò che tale membro simboleggia, cioè la potenza operativa. Dal che risulta chiaramente che il senso letterale della Scrittura non può mai contenere alcun errore.”

Similmente Dante Alighieri ci aiuta, valido supporto anche per la didattica scolastica, a comprendere: “Ben riassume Dante Alighieri nel Convivio questi modi: “si vuol sapere che le scritture si possono intendere e deonsi esponere massimamente per quattro sensi. L’uno si chiama litterale, e questo è quello che non si stende più oltre che la lettera de le parole fittizie, sì come sono le favole de li poeti. L’altro si chiama allegorico, e questo è quello che si nasconde sotto ’l manto di queste favole, ed è una veritade ascosa sotto bella menzogna: come quando dice Ovidio che Orfeo facea con la cetera mansuete le fiere, e li arbori e le pietre a sé muovere; che vuol dire che lo savio uomo con lo strumento de la sua voce faria mansuescere e umiliare li crudeli cuori, e faria muovere a la sua volontade coloro che non hanno vita di scienza e d’arte: e coloro che non hanno vita ragionevole alcuna sono quasi come pietre. E perché questo nascondimento fosse trovato per li savi, nel penultimo trattato si mosterrà. Veramenti li teologi questo senso prendono altrimenti che li poeti; ma però che mia intenzione è qui lo modo de li poeti seguitare, prendo lo senso allegorico secondo che per li poeti è usato. Lo terzo senso si chiama morale, e questo è quello che li lettori deono intentamente andare appostando per le scritture, ad utilitade di loro e di loro discenti: sì come appostare si può ne lo Evangelio, quando Cristo salio lo monte per transfigurarsi, che de li dodici Apostoli menò seco li tre; in che moralmente si può intendere che a le secrete cose noi dovemo avere poca compagnia. Lo quarto senso si chiama anagogico, cioè sovrasenso; e questo è quando spiritualmente si spone una scrittura, la quale ancora [sia vera] eziandio nel senso litterale, per le cose significate significa de le superne cose de l’etternal gloria: sì come vedere si può in quello canto del Profeta che dice che, ne l’uscita del popolo d’Israel d’Egitto, Giudea è fatta santa e libera.” (Dante Alighieri, Convivio, II, I) .

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S. Pio X

 

Leggere la Bibbia, significa conoscere questi sensi e aiutandosi anche con le scienze, che per loro natura non sono atee come alcuni vorrebbero (cfr. S. Pio X, Pascendi), e le sue acquisizioni recenti, non significa ridurre il testo ad una sola dimensione, quella storica come voleva i modernisti e certi “sociologismi” alla contemporanea, che finiscono in una prospettiva di parziale visione politica.

Come ben afferma la Dei Verbum in linea proprio con S. Tommaso: “12. Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l'interprete della sacra Scrittura, per capir bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole.

Per ricavare l'intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l'altro anche dei generi letterari. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione. È necessario adunque che l'interprete ricerchi il senso che l'agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso. Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l'autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell'agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani.

 

Perciò, dovendo la sacra Scrittura esser letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell'analogia della fede. È compito degli esegeti contribuire, seguendo queste norme, alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della sacra Scrittura, affinché mediante i loro studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della Chiesa. Quanto, infatti, è stato qui detto sul modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio”.

 

Così solo la connessione e congiunzione di tutti gli elementi che formano la fede, ossia la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, consente quel processo cui il cristianesimo è realizzazione: la salvezza della anime.” Con la lettura e lo studio della Bibbia la parola di dio compie il suo corso e ne è glorificata (Dei Verbum 26).

Una continuità nella Chiesa cattolica nei secoli, che necessita di essere costantemente ribadita perché non si tratta di temere le cosiddette “fughe in avanti”, come quella dei modernisti, ben più accorti di certi odierni teologhetti, che sostenevano doversi:” cambiare l'atteggiamento dell'autorità ecclesiastica nelle questioni politiche e sociali, talché si tenga essa estranea dai civili ordinamenti, ma pur vi si acconci per penetrarli del suo spirito. In fatto di morale, danno voga al principio degli americanisti, che le virtù attive debbano anteporsi alle passive, e di quelle promuovere l'esercizio, con prevalenza su queste. Chiedono che il clero ritorni all'antica umiltà e povertà; ma lo vogliono di mente e di opere consenziente coi precetti del modernismo. Finalmente non mancano coloro che, obbedendo volentierissimo ai cenni dei loro maestri protestanti, desiderano soppresso nel sacerdozio lo stesso sacro celibato. Che si lascia dunque d'intatto nella Chiesa, che non si debba da costoro e secondo i lor principî riformare?”

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A. Dürer

 

Non si tratta di far professione di antiquariato, come qualcuno sostiene, anche a proposto del grande teologo S.Tommaso, ma di vivere quanto di importante è nella costanza della fede e non si lasciarsi avvincere dalle mode di letture parziali o strumentali della sacra Scrittura, che lasciano il tempo che trovano, perché è “vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta di dentro (S.Agostino, Serm. 179,I) cui fa eco quanto dice l’attuale pontefice Francesco: “Farmi felice? Leggete la Bibbia" e sempre con l’indicazione che questo è preghiera.

 

nr. 20 anno XXI del 28 maggio 2016

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