L’esposizione di Anna Fabris nasce dall’esigenza di esporre a Vicenza le proprie opere, in mostra a New York tra il 1999 ed il 2000. Per l’evento, attua una sorta di ricognizione sulla sua creatività presentando i dipinti per la prima volta. Di lei è noto l’interesse per la ceramica a cottura raku, scrive Giorgio Segato nel 1999, il cromatismo del vetro e il profondo interesse per le qualità espressive, costruttive e manipolative delle materie in “figure” dalle modulazioni inattese e sconosciute nello spazio, -tipiche di un certo astrattismo lirico-.
La pittura appare l’ambito meno indagato. I dipinti provenienti da Uma Gallery e da The Belskie Museum of Art and Science richiamano a memorie figurative mentre si collocano al confine con l’astratto. Appaiono, afferma Fabris, pari a citazioni del corpo e dell’anima, presenti in certi quadri dalla luce notturna, che intacca con forza il profilo delle forme senza corrompere la solidità di alcune parti della figura. Nelle tele Femminilità 1 e 2 il nero avanza dominante a coprire le ampie stesure piatte di color rosso e verde dello sfondo, attivando nel vibrare dell’oscura massa un’immagine identificabile, che conduce alla figura femminile. Un nero tiranno, brulicante, mosso da rari spiragli di verdi e di rossi nell’impreciso affiorare tra l’inquieto dilagare del nero, rende il peso, di una figura. Ed ancora, in Incontro riemergono i colori gialli e dei nuovi verdi ancora increspati, accanto alle stesure certe di altri neri a contatto con lo spessore del rosso a richiamare lo sguardo ed accentuare la visione. Un diverso indirizzo di Fabris conduce al tema di alcune figure simili a busti che trattengono nel volume la memoria di un corpo, attraversati in diagonale da lunghi segni neri. Sono immagini per lo più accoppiate: parvenze di personaggi messi in scena, come in Imeneo titolo che nell’antica Grecia riportava al componimento poetico nuziale ed accompagnava la sposa nella nuova casa.