NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il cantante vestito da regista

Intervista al baritono Francesco Regazzo che ha firmato l’allestimento de “Le nozze di Figaro”, l’opera lirica portata in scena per il festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Le Nozze di Figaro

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

(foto Luigi De Frenza)

 



L’opera lirica dell’edizione di quest’anno del festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico è stata “Le Nozze di Figaro” di Mozart-Da Ponte. Andata in scena per la prima volta nel 1786, è la prima della trilogia italiana scritta da Mozart insieme al librettista veneto, poi naturalizzato statunitense, Lorenzo Da Ponte. Le altre due opere, andate in scena gli anni scorsi al Teatro Olimpico e dirette dal direttore artistico del festival M° Titta Rigon sono “Don Giovanni” e “Così fan tutte”, quest’ultima con la regia del baritono Lorenzo Regazzo che firma anche l’allestimento andato in scena in questa XXV edizione del festival.

 

Cominciamo dalla fine: in queste “Nozze di Figaro” c’è un personaggio silenzioso , una presenza costante che si rivelerà alla fine inserendosi nella stretta attualità dei dibattiti; una statua vestita da soldato romano che riflette l’intero genere umano al di là delle appartenenze di genere. Spiegaci questa scelta.

lorenzo_regazzo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Lorenzo Regazzo: “Nel primo atto, quando inquadriamo tutti i personaggi, in cui c’è il giardino, l’ho rapportata a una delle varie statue dell’Olimpico. Anche se si vedeva che era un essere umano, l’idea era che fosse un prolungamento delle altre 4 per far vedere che alla fine, in questo palazzo nobiliare, l’odierno punta all’unisex rapportandosi anche in maniera non sacrilega: partendo da un’antichità e aulicità di valori di un certo tipo, il ‘500 ecc, arriviamo adesso e la statua rispecchia il palazzo odierno a cui aspira la società di oggi, senza giudizi critici. Finisce in una festa e non c’è nessun tipo di giudizio morale anzi, è una statua di una grande festa, la rivelazione dell’unisex".

Alcuni registi preferiscono dimenticarsi del libretto e seguire soltanto la musica dando vita ad allestimenti interessanti. In qualità di cantante, nelle tue regie, quanto ti influenzano l’andamento musicale e il libretto nella creazione di un quadro di immagini in movimento?

“Fondamentalmente dalla musica e dal libretto da cui non posso prescindere perché se un cantante, io per primo, ha un esigenza di fiato, di appoggio e di tutte queste cose tecniche, quello ha la priorità. Fare capriole mentre devi fare un fiato o cose così, con me non succederà mai perché mi immedesimo e combatterei subito con il regista a pugni su questo. C’è poi un’altra cosa in cui io prendo parte e difendo: le didascalie del librettista. Le didascalie, molto spesso, maggiormente in Da Ponte, rivelano dei mondi inesplorati. Nel Don Giovanni, nella scena del cimitero, abbiamo un’indicazione di Da Ponte: Don Giovanni con la spada percuote le croci che vengono tutte divelte. A volte il librettista dà delle indicazioni fortissime e il regista non presta attenzione. Anche qui, ne “Le Nozze di Figaro”, Da Ponte scrive: “Cherubino bacia il Conte”, però non c’è scritto “inavvertitamente”, io invece ho messo: “bacia il Conte intenzionalmente". Lì cambi un mondo, però quello che dice Da Ponte c’è e se deve dare il bacio lo dà".

Cerchi sempre di mettere degli elementi che attualizzino il più possibile il contesto della vicenda.

“Si sì, ci credo assolutamente".

oculus (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Quest’anno ci sono i selfie-stick, i visori 3D per cellulare o il “Like” di FB per il selfie collettivo stile notte degli Oscar. La tecnologia ha profondamente cambiato le abitudini, l’espressività e l’emotività del genere umano. Come riesci ad attualizzare una cosa scritta 300 anni fa senza modificare il testo, che non è toccabile, senza essere anacronistico? Dove ti appoggi?

“Se c’è un testo in cui si fa riferimento a cose ben precise, una spilla d’epoca, io non posso intervenire con Oculus. Però in un momento in cui la musica parla di un certo tipo di emozione e non è specificato un oggetto e vedo che la musica mi porta a quello e c’è questo finale secondo che è un’orgia di suoni, lì è una cosa, un equilibrio che si rompe un po’: tutti, dalla serietà, ad un certo punto “scazzano” e il grande selfie ci sta proprio perché la musica di Mozart ti porta a dire “facciamo casino”. Ma non è che quella sia l’etichetta dell’opera, perché poi torna come prima, nella serietà, però quello è proprio un momento di “scazzo” e lì ci sta".

Le figure femminili qui sono più ammorbidite rispetto al “Così fan tutte” dell’anno scorso: la Contessa e Susanna ballano insieme nel “Voi che sapete” e alla fine danno un bacio sulla guancia a Cherubino. Anche in altri momenti, la Contessa in primis, vediamo dei momenti di malinconia un po’ romantica. Sono delle donne diverse rispetto alle altre due opere di Mozart-Da Ponte.

conte_e_contessa (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Si sì, se hai visto è una Contessa che io ho scelto non giovanissima ma elegantissima e col canto ci stende tutti, la Patrizia! (Patrizia Biccirè ndr) Però c’è una certa differenza d’età che ho sfruttato a fini teatrali: lei ha 50 anni e ha sposato un Conte trentenne e questa crisi di età si evidenzia nel fatto che lei favoleggia, vorrebbe essere sedicenne. Questo ballo continuo è vedersi in spiaggia, il falò, poi la cruda realtà guardando lo specchietto e questo vagheggiare è anche nei confronti degli altri, vedi che il rapporto con il Conte è completamente esaurito e quindi è proprio una crisi, ritornare a qualcosa che non c’è più. Lei lo fa molto bene".

L’Olimpico necessita di limitazioni spaziali maggiori rispetto a un teatro normale, in quanto monumento e questo scuramente spinge i registi a sfruttare tutti i dettagli possibili: ho visto che i tuoi personaggi muovono molto le mani e i piedi e c’è un esplicito omaggio a Mondrian, anche negli elementi d’arredo, nei costumi e nel trucco.

“Nel secondo atto”.

Sì, esatto. Mondrian è famoso per le linee rigorose, i colori saturi e spesso primari, come ti è nata l’associazione di idee Mondrian –Palladio?

“Intanto abbiamo caratterizzato ogni anno, penso che sia il primo anno in cui ogni atto ha un cambio scena e ringraziamo questa squadra meravigliosa che fa su e giù, quindi un lavorone. Poi ho voluto rompere completamente col Palladio, le linee rette contro il sinuoso delle statue proprio per caratterizzare la fissità in cui è ridotta la Contessa: quella è la sua camera, la vogliamo appassionata d’arte, però ormai ha chiuso con questo sinuoso che poi fa parte del Conte. Il Conte nel III atto è in mezzo a dei ruderi e vedi che fa un click con le statue che spegne e accende: lui è ancora in quel mondo lì invece la Contessa vuole proprio isolarsi e quindi la scelta dell’arte contemporanea, Mondrian come cliché, è proprio relativa ai personaggi".



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