NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Ma fidarsi di un tuffo nel fiume: guai in agguato

Senza contare la condizione igienica di uno qualunque dei corsi d’acqua con la sola eccezione del Bacchiglione tra Dueville e il centro città - Qualche brutto incidente dimostra che un’imprudenza anche minima può costare moltissimo - Sempre indeterminata la condizione dei divieti di balneazione - Il grande canoista dice: “Ho vogato per migliaia di chilometri, ma la mia regola è che in acqua ferma non dimentico mai il giubbotto salvagente” - Intanto per settembre si sta preparando una discesa notturna in canoa da Rettorgole a Ponte Pusterla

di Giulio Ardinghi

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Ma fidarsi di un tuffo nel fiume: guai in agguato

Può costare molto, anzi: moltissimo, come ha rischiato pochi giorni fa un ragazzo che si è tuffato nella pozza della Pria. Gli incidenti di questo tipo, sempre favoriti dal caldo e dal desiderio di trovare un po’ di consolazione dal fresco di un fiume, sono una specie di catena che si scioglie nella diretta proporzione con le temperature ed il grado di umidità. Non è proibito aspirare ad un po’ di refrigerio, può invece diventare fatale agire con leggerezza magari sotto la spinta dell’euforia, di una compagnia numerosa. Da ragazzi è successo a chiunque di trovarsi sull’orlo di una situazione poi difficilmente governabile. E dipende appunto dal sapere usare al momento giusto quel discernimento che ti permette di non fare quel piccolo passo in più, di rinunciare di fronte ad uno stato di precaria sicurezza, quando addirittura non ci sia di fronte a noi una cronaca già scritta, con finale neppure tanto a sorpresa.

Le piscine sono state inventate per una qualche ragione. L’alternativa è quella di andare su un fiume, scegliere una riva non troppo tormentata, entrare in acqua dove ci pare che ci sia poca corrente e provare a nuotare. Il primo problema nasce appena ci si distacca dalla zona in cui si può ancora esercitare un controllo decente della situazione. Alzare i piedi dal fondo e iniziare a muovere braccia e gambe non dà però nessuna reale sicurezza perché il fiume -qualunque fiume, sia chiaro- è infido per definizione, ha uno spostamento nel suo letto che a causa delle irregolarità del fondo risulta sempre meno scontato di quel che può apparire a prima vista. Il fiume è costellato di mulinelli, a volte visibili, a volte completamente inaspettati. Chi incappa in un guaio del genere, specie se appena discreto nuotatore, entra nella zona rossa di uno che cerca di sottrarsi alla morsa per tornare indietro consumando però moltissime energie e mettendosi a rischio di non farcela davvero più. Gli incidenti in genere -tuffomania a parte, è un altro capitolo- si sviluppano secondo questo copione.

Ma fidarsi di un tuffo nel fiume: guai in agguato (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Un vero professionista della canoa non agonistica come Bepi Faresin testimonia nel corso di questa rassegna con addetti ai lavori come la prudenza sia la prima dote essenziale per muoversi sull’acqua. Ha nella sua storia discese anche molto complicate su fiumi anche molto pericolosi: è stato sul Rodano, in Australia, negli Stati Uniti, sul Reno e sul Danubio, sulla Mosella e sul Po, migliaia di chilometri a forza di pagaia, ma giura di non aver fatto un metro senza indossare il suo giubbetto salvagente. Dovrebbe essere una testimonianza come la sua a persuadere gli imprudenti o perlomeno quelli che all’imprudenza anche meno colposa sono più esposti.

L’altro aspetto da tenere presente in tutto questo discorso riguarda lo stato delle acque. Se non sono agitate o malignamente insidiose, per la maggior parte dei casi sono fortemente inquinate, non offrono nessuna garanzia a chi vi si immerge. È tanto vero questo che l’ultimo episodio a memoria risale ad anni fa quando un gruppo di militari americani si presentò per i suoi giochi d’acqua proprio sotto Ponte degli Angeli. Se ne ricavò qualcosa di diverso dalla multa non sappiamo, ma certo la leptospirosi non è una invenzione e di topi ce ne sono dappertutto, oggi affiancati anche da nutritissime colonie di nutrie, che certo non facilitano la disinfezione dei nostri corsi d’acqua. A questo proposito bisognerebbe aprire un discorso a parte per la situazione dei divieti. A domanda specifica il comando dei vigili di Vicenza risponde di non avere conoscenza del dove e se esistano, salvo chiamate mirate. Del tema dovrebbero occuparsi anche le aziende sanitarie ed i consorzi di bonifica. Ammesso che indichino alcune zone interdette alla balneazione, la vera prova la si ha trovando eventualmente i cartelli di divieto. Dopo di che ci piacerebbe sapere chi si occupa di bloccare i contravventori. Ecco perché quella multa agli americani è rimasta nel ricordo ben chiara come un fatto senza precedenti e anche senza seguito.

E comunque basta scambiare poche parole con quelli che sui fiumi ci vanno per sport con la costanza di chi fa allenamento per capire come stanno le cose. Bisogna dire che sono perduti nel tempo i ricordi di una Vicenza che con i suoi tre fiumi (Astichello, Bacchiglione e Retrone) coltivava con affetto una tradizione preziosa direttamente arrivata dall’eredità di personaggi come Valentino Ceccon, Pivetta, Dal sasso che della voga, della frequentazione del fiume e della dedizione ai ragazzi di società sportive o no, come la GI, erano riusciti a costruire tutta una storia ancora oggi disponibile per chi si prende il disturbo di andare a vedere gli archivi fotografici gei che non sono pieni soltanto di ricordi per almeno tre generazioni, ma testimoniano di una città che oggi non c’è più. Ceccon è uno degli intrepidi vogatori che portarono un barcone da Vicenza a Trieste scendendo il Bacchiglione attraverso molte chiuse ed arrivando all’Adriatico. Dal Sasso era il professore che avendo realizzato nello spazio di San Biagio una specie di rudimentale piscina transennata e protetta spendeva la sua estata ad insegnare il nuoto ai ragazzini uno dei quali era Enrico Rossi, negli anni 70 comandante dei vigili a Vicenza. Pivetta invece era il titolare dell’impresa di noleggio delle barche, sempre a San Biagio, pressapoco dove oggi è stata aperta la spiaggetta (con bar). Altri tempi, quando proprio i ragazzi con Enrico Rossi rifecero il percorso di Ceccon avendo però come meta “soltanto” Venezia. Altri tempi, con ragazzi che utilizzando i serbatoi rimessi a posto degli aerei alleati li trasformavano in piccole imbarcazioni a due posti. Il tutto, naturalmente, nella logica del lido dei lidi, il Livelon, dove era possibile farsi un bagno perché il fiume formava una lunga pozza simile ad una piscina. Araldo geremia con il suo Guzzi Falcone era il sovrano della zona. Oggi anche il Livelon sembra un problema anche se torme di extracomunitari vi approdano tutti i giorni e di vicentini sono rimasti solo quelli che vanno a farsi una partita a carte. Altri tempi, davvero.



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