NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Parte XXV Stirner

Il grillo parlante: Parte XXV
Max Stirner: solo il singolo

di Italo Francesco Baldo

facebookStampa la pagina invia la pagina

Parte XXV Stirner

e non ci sarà più dio.....

perché ci sono io!”

(Vasco Rossi, Gabri)

Introduzione

Il secolo decimonono è ricco di pensatori e di prospettive nuove e originali, tra i tanti filosofi, uno su tutti può essere considerato il più attuale: Max Stirner che ha però pagato l’ipercritica e di conseguenza l’ostracismo di K. Marx e F. Engels e di tutte le correnti di pensiero e di prassi politica che a lui hanno fatto capo. Non solo il marxismo ma anche l’ambito religioso cristiano ha considerato il Filosofo come negativo e l’ha soprattutto accusato di “egoismo”. Nel corso di 172 anni la grande opera di Stirner L’unico e la sua proprietà, uscita nel 1845 (ed. italiana con uno studio di V. Roudine sulla vita e l’opera di M. Stirner, Milano, Casa Editrice Sociale, 1922) è stata giudicata solo come il testo di riferimento, quasi fondativo, dell’anarchia e pochi studiosi l’hanno affrontata nella sua complessità. Tra questi il già citato K. Marx che lo compie solo al fine di demolirla ed impiegò più pagine dello stesso saggio. Ne L’ideologia tedesca i padri fondatori del comunismo tra il 1845 e il 1846, edizione italiana, dedicano ben 345 pagine alla critica di Stirner, detto “San Sancio o san Max”, mentre il testo stirneriano, sempre nell’edizione italiana (IntroduzioneE. Zoccoli, Milano, F.lli Bocca, 1921), consta di “sole” 335 pagine. Una polemica a tutto campo che si conclude con un giudizio molto negativo: “Il cervello d più vuoto e meno dotato fra tutti i filosofi doveva far «morire» la filosofia proclamando che la sua mancanza di pensiero è la fine della filosofia e quindi l’ingresso trionfale nella vita «corporea». La sua filosofeggiante mancanza di pensiero era già di per sé la fine della filosofia, così come il suo linguaggio inesprimibile era la fine d’ogni linguaggio". (tr. it. F. Codino, IntroduzioneC. Luporini, Roma, Editori Riuniti, 1969 ³, p. 442). L’avversione a Stirner e all’anarchismo sarà evidente in tutta la storia del marxismo, basti ricordare V. Lenin e il suo Stato e rivoluzione sulla scia di quanto scrisse K. Marx stesso nella Critica del programma di Gotha (cfr. anche K. Marx. F. Engels, Tre articoli sull’anarchismo, Napoli, Libreria Colonnese, 1970.

Il pensiero di Stirner così liquidato non incontrerà molto successo, anzi fu quasi oscurato e ricordato solo per esser considerato uno dei padri fondatori dell’anarchia, insieme al russo M. Bakunin (1814-1876), anche lui non molto “amato” da K. Marx ed F. Engels, come tutti gli anarchici anche dei tempi successivi, come ben ricorda G. Orwell in Omaggio alla Catalogna (tr. it di G. Monicelli, IntroduzioneM. Maffi, Milano, Mondatori, 1985 rist.), scritto durante la sua permanenza in quella regione durante la guerra civile spagnola (1936-1939), quando i commissari del comunismo sovietico spararono più volentieri agli anarchici che non ai franchisti.

Solo pochi filosofi coevi, oltre ai già citati, tra cui B. Bauer e L. Feuerbach si occuparono di Stirner, etichettato anche come “sofista reazionario”. A. Schopenhauer e S. Kierkegaard conobbero (?) il pensiero di Stirner, ma la loro impostazione induce a ritenere che non gli siano debitori. F. Nietzsche negò di aver letto il testo stirneriano, anche se risulta invece che lo lesse e parte del suo pensiero, secondo alcuni, trae origine proprio dall’Unico (cfr. B. A. Laska, Nietzsches initiale Krise, “Germanic Notes and Reviews”, vol. 33, n. 2, 2002, pagg. 109-133). Sul finire dell’Ottocento, l’originale pensatore fu studiato ma quasi sempre in relazione all’anarchismo e il suo pensiero fu qualificato addirittura come “ sistema delirante paranoico” da E. Schultze nell “Archiv für Psichiatrie und Nervenkrankheiten” 1903 (pp.793-818). Tra i filosofi più noti che dedicarono studi a Stirner si annoverano M. Buber, K. Loewith e G. Lukacs che lo qualifica come “feroce facitore di astrazioni“. A. Camus in L’uomo in rivolta (Milano, Bompiani, 1976, p.88 e p. 250) presta un’attenzione maggiore, considerandolo come colui che ha iniziato il movimento di rivolta che spazza via tutti i succedanei delle divinità e della morale, anche quelle degli pseudorivoluzionari. “Le concezioni che pretendono di guidare il nostro mondo in nome della rivoluzione sono divenute in realtà ideologie di assenso, non di rivolta".

Parte XXV Stirner (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) In Italia Stirner fu conosciuto dapprima negli Scritti minori e risposte ai critici de l'Unico, raccolti da J.H. Mackay, tr. it.di A. Treves, Milano, Sociale editrice, 1897, ma solo dal 1902 L’unico ebbe la sua prima traduzione con un’Introduzione di E. Zoccoli (Torino, F.lli Bocca). Seguirono sino ad oggi molte edizioni e studi tra cui piace ricordare tra i primi quelli di P. Orano (1875-1945), Max Stirner in Italia: l'unicismo, Bologna, Stab. tip. Zamorani e Albertazzi, 1903 e quello di F. Cantella, Giacomo Leopardi e Max Stirner, in “ Rivista Filosofica”, 6(1904), vol VII, pp.642. 677 e Pavia, Bizzoni, 1904). Il saggio di A. Borelli, L’individualismo assoluto di Max Stirner e la negazione dello Stato, Firenze 1942) lascia intravedere uno spiraglio di lettura non solo politica. Sarà però solo con l’originale studio del pensatore patavino G. Penzo (1925-2006), Max Stirner (Torino,Marietti, 1971) che in Italia s’inizierà a studiare l’opera stirneriana con l’ottica della filosofia più che quella della politica e così verrà sdoganato dalla esclusiva considerazione di essere il padre dell’anarchia. Non fu facile l’accoglienza del testo di Penzo nelle aule aristoteliche di Padova e dove il pensiero di K. Marx era in auge, ma proprio lo studioso tomista patavino Carlo Giacon (1900-1984) rilevò il valore del saggio che contribuiva a mostrare l’originalità dell’interpretazione genziana anche alla luce dei suoi studi su M. Heidegger e F. Nietzsche. Penzo tende a “rilevare un’affinità essenziale tra la tematica esistenziale-ontologica dell’essere-in rivolta di Stirner e la tematica di Hiedegger” (Introduzione a M. Stirner, L’unico e la sua proprietà, Milano, Mursia, 1992, p 23) 4, ma questa interpretazione non è sempre accettata. Stirner non è un esistenzialista, come ritiene Penzo, perché, come Nietzsche egli non può essere allogato in una corrente, sfugge a qualsiasi restrizione perché non fa riferimento ad una visione o modello di pensiero e quand’anche lo collocassimo in una, immediatamente, ne fuggirebbe, dato che l’unico ha riposto la sua casa nel nulla.

Tra gli ultimi studi meritano particolare attenzione quelli di A.M. Bonanno, Max Stirner, Catania, Edizioni della rivista Anarchismo, 1977, ultima ed. 2003 e ID, Teoria dell’individuo: stirner e il pensiero selvaggio,Trieste,Anarchismo, 2003.

 Parte XXV Stirner (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

Max Stirner (schizzi di F. Engels)

 

Johan Kaspar Schmidt, che assumerà come pseudonimo il nome di Max Stirner, dal tedesco Stirn (fronte) con cui era chiamato dai compagni di scuola, nasce a Bayreuth in Baviera il 25 ottobre 1806. Dopo una preparazione liceale s’iscrive all’Università di Berlino e segue i corsi di G.F. Hegel, F.D. Schleiermacher, J. Michelet. Dopo la laurea insegna privatamente e in una scuola per “signorine bene” di Berlino. Nel 1837 si sposa una prima volta ma resta ben presto vedovo. S’inserisce nell’ambiente dei “Liberi” un gruppo di pensatori che sviluppa una critica al pensiero hegeliano, consoce K. Marx e F. Engels, stringendo però amicizia soprattutto con B. Bauer.

In seconde nozze sposa nel 1843 Maria Dahnhardt, che lo abbandonerà dopo poco, emigrerà in Australia e tornata in Europa, ricca e convertita al cattolicesimo, non ricorderà volentieri il suo matrimonio.

Nel 1842 inizia una collaborazione con la “Gazzetta generale di Lipsia” e la “Gazzetta renana”, e infine con il “Giornale del Lloyd austriaco”. Questi lavori furono pubblicati nel 1897 da J.H. Mackay (Berlin, Schuster & Loeffler, 1898; recente edizione Bologna, Patron, 1983) che curò anche una biografia del filosofo (Berlin, Schuster & Löffler, 1898). In realtà Stirner è l’autore di un solo ed importante saggio di filosofia, Der Einzige und sein Eigenthum che uscì a Lipsia nel 1845 presso Wigand. Fu subito sottoposto alla censura, che però non diede grande importanza al saggio, che ebbe qualche risonanza, ma le critica immediata e pubblica di B. Szeliga, L. Feuerbach e M. Hess e la feroce critica da K. Marx e F. Engels nello scritto L’ideologia tedesca, che però sarà conosciuta dalla prima edizione nel 1932 a Mosca.

L’opera di Stirner fu quasi da subito considerata come il saggio dell’Io e della una visione egoistica in morale e anarchica in politica. Tale destino è ancor oggi presente, ma le nuove letture forniscono luce diversa su L’unico.

Stirner continuò, dopo la pubblicazione del saggio, la sua faticosa vita; fu licenziato dall’insegnamento e per ben due volte fu in prigione per debiti. Una puntura d’insetto, mal curata, pose termine nel 1856 alla sua vita, all’età di 49 anni. Il suo feretro sarà seguito solo dall’unico amico: B. Bauer. Il suo genio filosofico, non sempre riconosciuto anche oggi, ha una importante attualità; quell’attualità che fa di lui il vero antesignano dei nostri giorni nei quali la coscienza e la libertà non sono altro che l’espressione dell’io che si pone come Io e nulla ha altro di riferimento.

 

Guardate Stirner, quel circospetto distruttore di idoli.

In questo momento, è della birra ch’egli beve.

Ma attendete: egli berrà presto del sangue.

Gli altri gridano selvaggiamente: abbasso i re!

E Stirner li completa gridando: abbasso anche le leggi!

(Canzone dei Liberi del 1842, ritrovata e pubblica nei “Dokumente des Sozialismus"  1904)

 

L’unico e la sua proprietà

Parte XXV Stirner (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Fin dal titolo dell’introduzione del saggio, Stirner chiarisce subito il fondamento del suo pensiero: “IO HO RIPOSTO LA MIA CAUSA NEL NULLA”. Non vi sono altre cause, Dio, la Verità, la Libertà, l’Umanità, la Giustizia oppure il mio Principe, il mio Popolo, la mia Patria, e infine quella dello Spirito o mille altre, "la mia propria causa è la mia causa, cioè Io stesso come io, perché Io sono Io e nient’altro: “Io riporrò la mia causa in me stesso: come Dio, io sono la negazione di tutto il resto; io sono per me tutto – sono l’Unico.[…] Il divino concerne Dio; l’umano concerne l’Uomo. La mia causa non è né divina né umana; non è né il vero, né il buono, né il giusto, né il libero: è ciò che è mio; essa non è generale, ma unica, come io sono unico. Nulla v’è disopra di me". (cfr. M. Stirner, L’unico, op. cit. p.51 e p.53).

Sono sufficienti queste poche parole per comprendere che Stirner non ha in mente nessun programma politico, sociale, perché egli nega che vi possa essere qualsiasi causa che non sia l’Io, unica e sola realtà. Non vi è più né metafisica, il vero, né morale, né diritto e soprattutto non vi è libertà, quella posta a fondamento: nulla esiste sopra l’Io, che è se stesso per se stesso, con se stesso e quod mihi placuit est verum, bonum, justum o altro.

Non si pone l’uomo, come faceva L. Feuerbach o B. Bauer, e nemmeno la società e la politica con le esigenze tipicamente del comunismo d’emancipazione e liberazione dal lavoro, non vi è un obiettivo che mi distolga dalla mia realtà perché l’autentica liberazione, come quella del fanciullo, consiste nel penetrare le cose fino in fondo, decidendo Io che cosa sono per me (cfr. ivi, p.56). nemmeno la natura può perché anch’essa nulla può contro la nostra. Ci scuotiamo da qualsiasi giogo, liberandoci da ogni autorità umana e non si obbedisce che alla propria volontà, al proprio Io: “siamo i servitori dei nostri pensieri, noi obbediamo ai loro ordini” (ivi, p.58), e ciò perché io ritrovo solo i miei pensieri dato che li creo e li possesso (ivi, p.61).

Nei tempi antichi e con il Cristianesimo la causa era riposta in qualche cosa, in una natura, in un dio, in altre parole in una verità alla quale obbligarsi con rigore logico. Qualcosa, come lo stesso spirito dei cristiani, legava opprimeva, ma chi è spirito libero non si cura di ciò, sa di sé per sé, e per sé vuole quello che vuole. Lo stesso “amore”, posto a fondamento nega la realtà unica dell’Io. “ Esaminate il modo con cui si comporta oggi un uomo “mortale”, che pensa di essersela sbrigata con Dio, e rigetta il Cristianesimo come un ferrivecchi (riferimento a Feuerbach). Domandategli se non gli è mai accaduto di mettere in dubbio che i rapporti carnali fra fratello e sorella siano un incesto; che la monogamia sia la vera legge del matrimonio; che la pietà sia un dovere sacro, ecc.: lo vedrete scosso da un virtuoso orrore, all’idea di potersi accoppiare con sua sorella ecc. ecc.. E donde gli viene questo orrore? Perché egli crede a una legge morale. Questa fede morale è solidamente radicata in lui. A nulla valse il suo insorgere contro la pietà dei Cristiani; egli è rimasto egualmente per la morale". (ivi, p.93).

L’Unico invece non ha nessun riferimento alla morale, non va nemmeno al di là dell’uomo e della sua morale, è quello che egli è, ossia se stesso come se stesso. Perfino il liberalismo borghese che veglia con cura sulla libertà individuale, “non implica affatto la perfetta e totale autonomia dell’individuo (per la quale tutti i miei atti sarebbero esclusivamente miei), ma solo l’indipendenza delle persone. Possedere la libertà individuale vuol dire non essere responsabile verso alcun uomo". (ivi, p.159 e il mio La solitudine dell’”uomo”. La fine della possibilità del diritto, “Acta Histriae”,15 (2007), 1, pp. 87-102).

Non vi è dunque né il bene, né la giustizia che realizza tra gli uomini il bene, esisto solo Io e ciò che io pongo: questa la mia unica qualità. Dall’Io-nulla nasce, si cresce tutto quello che l’Io intende far nascere/creare.

Parte XXV Stirner (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Non si tratta nemmeno di radicalità rispetto a qualche cosa, ma di una novità, mai prima posta. Ich bin Ich: Io sono Io e nient’altro che Io.

Qualsiasi realtà si posa esaminare e in tutti i possibili campi, tutto è condizionamento dell’io, per questo l’io si nel nulla pone come causa di se stesso, perché vi è veramente un mondo da conquistare. Infatti: “ libero, io non lo sono in nessun Stato (ivi, p.285). Ciò è certamente stato assunto dalla dimensione politica dell’anarchia, ma se ripongo la mia causa nell’anarchia, cado nella stessa realtà di coloro che pongono, ad esempio, Dio come fondamento. Il “nulla” è la causa e tutto quello che Io pongo, è ciò che Io pongo per me stesso.

Esiste solo quello che io pongo, ma questo non può in alcun modo limitare l’Io che lo ha posto. “l’amore non è un comandamento, esso è mia proprietà. Meritate, cioè acquistate la mia proprietà, ed io ve la cederò. Io non debbo amare una religione, un popolo, una patria, una famiglia, ecc. che non sanno meritarsi il mio amore; io vendo la mia tenerezza al prezzo che mi piacerà di stabilire".(ivi, p.361). Non quindi un dovere, un bene comune, una legge, o anche un interesse materiale, ma solo quello che mi piace porre.

La mia coscienza, il mio Io, stabilisce ciò che è per me e nient’altro.

Qualsiasi realtà storica o attuale, qualsiasi causa, contenuto, dovere ecc. non hanno alcun valore, esiste solo quello che io pongo: “La libertà di pensiero esiste quando io posso avere tutti i pensieri possibili; ma i pensieri diventano una proprietà solo quando non hanno più il potere di diventare i miei padroni. Fino a tanto che il pensiero è libero, sono i pensieri (le Idee) che regnano; ma se io riesco a fare di queste idee la mia proprietà, esse sono per me delle mie creature". (ivi, p.419)

 

Il saggio di Stirner possiamo condensarlo in quanto abbiamo riportato, perché qualsiasi altro pensiero, considerazione esaminassimo sempre andrebbe esaminato alla luce dell’Io. Così: ”proprietario dei mie pensieri, proteggerò, certo, la mia proprietà, col mio scudo; così come proprietario delle cose non permetterò al alcuno di toccarle (K. Marx non amerà certo questo pensiero). Ma in pari tempo accoglierò indifferente l’esito della lotta, e sorridendo deporrò il mio scudo sul cadavere dei miei pensieri e della mia fede, e benché vinto, sorridendo trionferò". (ivi, p.437. Tutto ciò porterà Stirner all’ultima sua grande affermazione, posta a conclusione dell’opera: “Io sono il proprietario della mia potenza; e tale divento appunto nel momento stesso in cui acquisto la coscienza di sentirmi Unico. Nell’Unico, il possessore ritorna nel Nulla creatore dal quale è uscito. Qualunque essere superiore a me, sia esso Dio o Uomo, deve inchinarsi davanti al sentimento della mia unicità, e impallidire al solo di questa mia coscienza. Se io ripongo la mia causa in me stesso, l’Unico, essa riposa sul suo creatore effimero e perituro che da se stesso si consuma; quindi potrò veramente dire: à ho riposto la mia causa nel nulla. “ (ivi, p.445).

 

Conclusione

Parte XXV Stirner (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La novità di Stirner è ben condensata nelle ultime parole e non si tratta di una visione morale, l’egoismo, come spesso è stata considerata; si tratta del singolarismo, ben diverso dal soggettivismo moderno compreso quello di G. Fichte, perché esso non ha una definizione, una funzione, un fine, ma è solo se stesso che pone se stesso e ciò che intende porre, perfino gli amici perché così gli piace. La libera espressione dell’Io non ha una direzione, prende quella che piace, tanto che la libertà è ciò che mi piace perché io voglio che mi piaccia. Ben lontano dalla distruzione dei valori che Nietzsche porterà per approdare ad un nichilismo, tanto ben studiato dal vicentino Franco Volpi, ( Il Nichilismo, Roma-Bari, Laterza, 1996 e Nietzsche – Stirner, Atti del convegno (Tarquinia, dicembre 1983) a cura di P. Ciaravolo, Roma, Aracne, 2006).

Stirner non è un nichilista, perché non distrugge nulla, ma pone il nulla come causa; in questa consiste la novità e la radicalità del suo pensiero, che apre alla fine del vero, del buono e del giusto, affermando solo quello che l’Io pone come suo piacere e al quale tutto è rapportato ma non come “somma” come pensava J. Bentham, ma solo come il mio piacere che non si relazione a nient’altro che all’Io che l’ha posto: è l’inizio della disfatta della morale, perché non esistono più né il bene né il male, ma solo il nulla dal quale io creo quello che mi piace.

 

nr. 28 anno XXI del 23 luglio 2016

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar