NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Zanella 1820

di Italo Francesco Baldo

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Zanella 1820

Introduzione

Interessante serata il 15 settembre a Chimapo (VI) ricordando il poeta nato in quella città, Giacomo Zanella. Non si è trattato di una commemorazione, ma di un atto scenico nel quale si è sottolineata l’epoca nella quale nacque l’illustre. Un'epoca difficile quella post-napoleonica e che vedeva il dominio dell’Austria poco tollerato. Con testi e poesie dell’epoca accompagnate da musiche, sempre del periodo. Mario Bardin e i suoi collaboratori (Voci recitanti:Dal Forno,Elena,Zampina Alessandra,Busato Francesco,Piutti Chiara e alle Luci e suoni Ferrari Corrado) sono riusciti a significare i tempi in cui nacque G. Zanella, 9 settembre 1820). Ne diamo in linea generale i testi proposti. che sono stati preceduti da un breve conversazione sui fondamenti dell’educazione dello Zanella e dalla sua visione dell’educazione.


“Io dentro picciol borgo, in erma valle

Cui fan le digradanti alpi corona,

Vissi oscuri i miei dì, finché novenne Oscuri giorni

Alla città mi trasse il mio buon padre

A dibucciar la prima scorza. Il giorno

Era de' Morti. I flebili rintocchi Il giorno dei morti

Della campana all'attristato core Flebili rintocchi

Crescean tristezza. Mal celando il pianto, Pianto

Nell'usato cortil co' vecchi amici

Sull’imbrunir venuti a salutarmi Imbrunire

Giocai l’ultima volta. Un cardellino,

Mio compagno d'esigilo, innanzi all’alba Mondo ignoto

Cantarellando mi destò: del mondo

Al paro conoscenti entrammo in via.”(G. Zanella, A Felice Lampertico)

 

Inizio

Zanella nasce a Chiampo il 9 settembre 1820, in anni difficili, quando inizia quel movimento che porterà all’Unità d’ Italia di cui lui divenne uno degli esponenti, tanto da essere considerato “il poeta dell’Unità”.

 I primi anni della Restaurazione, rimangono ormai sul mercato ben pochi testi. La ricerca si muove praticamente dal 1848, come se il Risorgimento italiano si destasse in quel momento e non avesse trovato precedentemente i suoi germi. Quegli anni, che videro indubbiamente goffi tentativi di aneliti alla libertà, a volte proprio come memoria degli avvenimenti legati all’epopea napoleonica, furono invece fertili.

Molte personalità, legate a quell’epoca, cedettero il passo come Canova, Beethoven, Napoleone stesso, Foscolo, Schubert ma altre ne raccolsero la fiaccola.

Venezia Il porto era stato abbandonato a favore di Trieste. Il nuovo patriarca Giovanni Ladislao Pyrker (Janos Laszlo Pyrker, magiaro di lingua tedesca) ne fa una descrizione precisa. 40% dei veneziani viveva in povertà. La polizia dilagava e controllava tutto. La censura era fortemente oppressiva e controllava anche la posta. I più detestati erano i funzionari imperiali di lingua italiana, trentini o triestini, numerosi negli uffici di polizia e con disprezzo definiti “cagnotti”.

 Zanella venne alla luce proprio in quegli anni.

Zanella 1820 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

Casa dove nacque il poeta a Chiampo

 

Nei primi nove anni di vita, quelli trascorsi completamente a Chiampo, molti avvenimenti precipitano. Tra questi segnalo tre decessi eccellenti: uno al 5 maggio 1821, legato alla parabola umana di Napoleone, il secondo di Antonio Canova, 1822, che molto si prodigò per attenuare i danni prodotti dai furti di Napoleone, l’ultimo 1827, non più in un’isola deserta ma nella frenetica Vienna, lasciava un mondo musicale immenso l’immenso Ludwig van Beethoven, sotto un cielo tempestoso e non poteva essere diversamente. Vicino a Beethoven abitava un giovane compositore, timidissimo, Franz Schubert. Schubert non aveva mai trovato il coraggio di bussare alla porta del grande maestro. Ne portò la fiaccola davanti al feretro e a cinquantamila persone il giorno delle esequie.

 

Formazione di Zanella agli ideali dell’Unità

Domenico o le memorie della fanciullezza del 1871.

(Musica: Paganini, (1830) Adagio dal concerto per violino n 5, 9’)

Voce prima (subito) (Alessandra)

Avea grigia la chioma, e scintillante

Sotto l'irsuto sopracciglio il guardo:

Avea brune le guance e d'onorata

Cicatrice sul mento il solco impresso.

Or d'armaiolo nel paterno borgo

Officina tenea: ma le bandiere ex napoleonico

Di Buonaparte avea seguite un giorno.

Indarno altre madri piú lustri avean de' figli

Aspettato il ritorno. Io le rammento

Le dolorose. A me, che fanciulletto

Alla scuola movea, facean carezze,

E nel pensier vedean quei che

Già le sabbie coprivano, o le nevi reduci e dispersi

De' russi deserti. Al suo villaggio

Domenico tornato era inatteso

E non veduto una piovosa notte di dicembre.

Già tutti avea per via,

Di pieve in pieve, i suoi commilitoni

Domenico lasciati che, soletto,

D'una notte al cader, sotto un nevischio, neve

Che l'ascondea de' curïosi al guardo,

Verso il borgo natío l'orme affrettava.

 

Vienna: sede del cancelliere. Tappeto con l’aquila bicipite, C. Metternich legge da una lettera del conte Strassoldo a Metternich. 29 luglio1820

(Musica Adagio flebile Paganini 2’29’’)


“Lo spirito pubblico in Lombardia è assai cattivo. Senza….L’antica nobiltà e tutta la classe legata al vecchio regime è delusa. Il clero meno illuminato, cioè quello più numeroso, si considera avversato dalle nostre leggi, più di quelle napoleoniche! Il sistema proibizionistico schiaccia il commercio, gli impiegati sono privi di zelo attivo. Crescono i partigiani delle idee liberali. L’amor proprio nazionale è stato urtato, nonostante questo sia il miglior governo d’Europa. I cittadini detestano il sistema di uniformità con cui sono stati posti a pari con tedeschi, boemi e galiziani”.

 

Nota. La chiesa cattolica reagisce contro il movimento carbonaro che soprattutto a Milano aveva messo precise radice. Il papa Pio VII con l’enciclica Ecclesiam a Jesu, del 13 settembre 1821 lo condanna. Sono gli anni dei primi moti risorgimentali. A. Manzoni scrive l’Adelchi il cui coro più famoso significa la volontà di risorgere degli Italiani.

 

(Musica: Sulle trombe della sinfonia VII di L.v. Beethoven)

 

“Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti,

dai boschi, dall’arse fucine stridenti, dal lavoro

dai solchi bagnati di servo sudor,

un volgo disperso repente si desta;

intende l’orecchio, solleva la testa solleva la testa

percosso da novo crescente romor”.

Zanella 1820 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

A. Manzoni, giovane


Che richiama, aggiungiamo noi Marzo 1821, il grande capolavoro manzoniano che celebra le prime grandi rivolte contro il dominio straniero:

 

“Cara Italia! dovunque il dolente

Grido uscì del tuo lungo servaggio;

Dove ancor dell’umano lignaggio

Ogni speme deserta non è:

Dove già libertade è fiorita,

Dove ancor nel segreto matura,

Dove ha lacrime un’alta sventura,

Non c’è cor che non batta per te!”.

 

Gli avvenimenti proseguono

Il tempo trascorre e nel 1828, Zanella all’età di otto anni è a Vicenza per compiervi gli studi. Così ne parla nelle note autobiografiche nella Dedica a “A Fedele Lampertico” premessa all’edizione dei suoi Versi nel 1868:

“Ti dedico questi versi, che meglio di ogni altro conosci come mi venissero fatti. Le fatiche dell’insegnamento, a cui ho già consacrata la mia vita; e l’avere per tempo conosciute le difficoltà dell’arte, mi avrebbero agevolmente distolto da quello studio, se le tue amorevoli esortazioni e di altri amici tratto tratto non mi vi avessero richiamato. Reputo mia somma ventura di essermi legato giovanissimo in amicizia con Paolo Mistrorigo, già professore di filologia e di storia nel liceo di Vicenza: bellissimo ingegno, di cui l’Italia ha vedute e lodate varie versioni da Orazio e da Ovidio. Eravamo nativi dello stesso luogo. All’autunno, nelle nostre passeggiate, una strofa o un distico di que’ poeti ci teneva compagnia per qualche miglio; ed avveniva non di rado che la sera ne separasse, prima che ci venisse trovata la frase da rendere con evidenza il pensiero latino. Utilissimo mi è tornato questo esercizio, al quale io non era nuovo, educato come fui nel seminario di Vicenza, e sotto abilissimi professori, fra cui ricorderò con eterna gratitudine Andrea Sandri e Giambatista Dalla Valle. Ne ho colto un bene non tanto allora avvertito, come adesso; cioè l’abitudine di non contentarmi della prima forma. Nelle cave di pietra che sono in Chiampo, mio luogo natale, ho veduto che i primi strati non hanno valore, come quelli che facilmente si sfogliano e si sgretolano; solamente dopo il secondo o il terzo esce la lastra magnifica, che resiste alla forza dissolvente del sole e del ghiaccio.”

 

Intanto il movimento risorgimentale procedeva, moti del 1830/31 che culminarono nel 1848 dove Vicenza fu protagonista, insieme a Milano e Venezia, ma oggi chi se ne ricorda?. Silvio Pellico dopo 17 anni di prigione allo Spilberg.

Zanella 1820 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

Silvio Pellico

 

Gli iniziali attriti con l’imperial regio governo si attenuarono progressivamente.Ne è testimonianza proprio il toccante finale de Le mie prigioni di Silvio Pellico. Liberato dallo Spielberg nel 1830 lo scrittore si dedicò subito alla stesura delle sue memorie, che si sciolsero in un’aura di rassegnata pacificazione senz’altro gradita ai vertici della politica, al Metternich in particolare per il suo intrinseco e sovrumano distacco. Il successo editoriale superò ogni aspettativa ed ebbe una risonanza europea, dovuta forse al realismo della penna dell’autore intinta nell’amaro calice del perdonismo. Il risultato fu così opposto a quello auspicato dalla censura.

Il cancelliere stesso dovette ammettere l’autogol. Tutto finito?

Tempo di leggere queste righe e l’Europa era di nuovo in fiamme, i sudditi sulle barricate. Osavano chiedere libertà. Il principe Clemens von Metternich, costernato, commentò: “Ingrati! Il mio lavoro di una vita è distrutto”.

La liberazione di Pellico corrispondeva a un clima di pacificazione generale.

Tutto finito? Parigi insorgeva: la libertà non può essere repressa a lungo.

L’anno seguente (1831) toccava all’Italia, con Modena e lo Stato pontificio.

Nuovo intervento dell’Austria.

(Mendelssohn Romanze senza parole, op 19, n. 6 del 1830)

 

Finale da Le mie prigioni:

m'accompagnò sino alla vettura, ove salii col brigadiere di gendarmeria al quale io era stato affidato. Pioveva, e spirava aria fredda.

«S'avvolga bene nel mantello» disse Stundberger «si copra meglio il capo, procuri di non arrivare a casa ammalato; ci vuol così poco per lei a

raffreddarsi! Quanto m'incresce di non poterle prestare i miei servigi fino a Torino!»

E tutto con tono cordiale e voce commossa!

«D'or innanzi, ella non avrà forse più nessun Tedesco vicino a sé» soggiunse «non udrà probabilmente mai più parlare questa lingua che gl'Italiani trovano così dura. E poco le importerà. Fra i Tedeschi ebbe tante sventure a patire, che non avrà troppa voglia di ricordarsi di noi. E questo vale anche per me, di cui ella dimenticherà presto il nome. Io, signore, pregherò sempre per lei.»

«Ed io per te» gli dissi, toccandogli l'ultima volta la mano.

Il pover'uomo gridò ancora: «Guten Morgen! gute Reise! leben Sie wohl!

(buon giorno! buon viaggio! stia bene!)». Furono le ultime parole tedesche che udii pronunciare, e mi suonarono care come se fossero state della mia lingua.

Io amo appassionatamente la mia patria, ma non odio alcun'altra nazione. La civiltà, la ricchezza, la potenza, la gloria sono diverse nelle diverse nazioni; ma in tutte vivono anime obbedienti alla gran vocazione dell'uomo, di amare, compiangere e giovare agli altri”.

 

Molti gli altri brani e le musiche proposte, qui ne abbiamo dato solo una piccola scelta.

 

Conclusione

La serata è stata conclusa con molta partecipazione dalla recita di testi di U. Foscolo, G. Leopardi e dello stesso G.Zanella. Costoro, con tanti altri, S. Pellico, N. Tommaseo, F. de Sanctis e tanti altri, espressero modi diversi di una sensibilità che formò la cultura italiana e nella ricchezza della diversità espressero l’unità di un popolo e di una nazione, affermando ciò che A. Rosmini diceva la massima unità nella naturale diversità.

 

(Musica: Dal tuo stellato soglio, preghiera dell'ultimo atto del Mosé in Egitto di G. Rossini nella rielaborazione di N. Paganini per violino).

Zanella 1820 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

 

U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni

 

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo

di gente in gente, me vedrai seduto

su la tua pietra, o fratel mio, gemendo

il fior de' tuoi gentil anni caduto.

La Madre or sol suo dì tardo traendo

parla di me col tuo cenere muto,

ma io deluse a voi le palme tendo

e sol da lunge i miei tetti saluto.

Sento gli avversi numi, e le secrete

cure che al viver tuo furon tempesta,

e prego anch'io nel tuo porto quiete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!

Straniere genti, almen le ossa rendete

allora al petto della madre mesta.

 Zanella 1820 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

G.Leopardi, Infinito

 

Sempre caro mi fu quest'ermo colle, solitudine

e questa siepe, che da tanta parte

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete silenzio

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s'annega il pensier mio: planetario

e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Zanella 1820 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

G. Zanella Sonetto XXXV dall’ Astichello

 

Amai garzone del natio torrente torrente

Il sassoso fragor. Nell’Alpi errando,

Se d’aereo macigno onda cadente

Rapida a’ piedi mi venia spumando,

E come scinta Mènade furente menadi

Usa sull’Ebro a vibrar tirso e brando,

Fra le rupi avvolgea la sua corrente,

Con muta voluttà stetti mirando.

E de’ venti il romor, che di foresta vento

In foresta passava allor mi piacque,

Ché non di fuor soltanto era tempesta. tempesta Or che l’età quella baldanza ha dóma, cultura

Amo, Astichello, le tue placid’acque, vento

E l’aura che a’rosai scioglie la chioma.

 

Così riscoprire gli avvenimenti, la poesia, la musica di un’epoca riesce ad interessare e avvincere, perché fatta anche con il cuore.

L’importante avvenimento ha inoltre avviato la collaborazione tra i Comuni di Chiampo e quello di Monticello Conte Otto nella cui frazione, Cavazzale, si trova il villino sulle rive del fiume Astichello, dove Zanella morì il 17 maggio 1888.

 

nr. 33 anno XXI del 24 settembre 2016

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