NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè

Percorso di 23 chilometri, 28mila bracciate per 9 ore di lotta con il mare grosso: dall’isola di Vulcano a Milazzo Enrico Giacomin ha vinto un’altra delle sue sfide in perfetta solitudine ad eccezione della barca con equipe tecnica e medico - Reduce da traversate come a Gibilterra e nella Manica da Dover a Calais il nuotatore di Dueville ridà le misure alla disabilità applicata allo sport – Il presidente di Nuoto Vicenza: “Fantastica traversata e atleta fantastico”

di Giulio Ardinghi

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Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè

C’è qualcosa di perfino poco credibile in questo genere di imprese. Un ragazzo che 25 anni fa è stato vittima di uno spaventoso incidente stradale e che oggi, solo a forza di spalle e di braccia, nuota per decine di chilometri nei punti più cruciali e spesso inaffrontabili per altri. Un ragazzo che oggi ha 46 anni, fa parte di una categoria non rientrante nelle sezioni delle Olimpiadi per i disabili, quelle che si sono appena concluse in Brasile, ma non è affatto preoccupato di cercare il confronto agonistico. E con chi poi? Enrico Giacomin non è soltanto un nuotatore di livello mondiale per i disabili, è una vera e propria forze dalla natura che metterebbe in difficoltà qualsiasi eventuale avversario senza problemi di non completa efficienza degli arti, in questo caso, le gambe. Ha scelto il nuoto in acque libere, che vuol dire scendere in acqua da uno scoglio qualunque con un obiettivo preciso in mente per ritornare a terra molto più in là, dall’altra parte del mare, su una spiaggia o su un altro scoglio distanti più di venti chilometri come minimo, una meta che alla partenza se ne sta oltre la linea dell’orizzonte, non si potrebbe vederla nemmeno con un miraggio. Si può soltanto immaginarla.

Il che implica nella migliore delle ipotesi, e potendo contare sulla benevolenza del mare, almeno otto o nove ore di bracciate con la barca che ti segue, i tecnici che ti danno qualcosa da mangiare e da bere a intervalli di almeno un’ora, mentre un medico veglia sulla parte-salute dell’impresa. Perché oltre alla fatica c’è da considerare anche la possibile graduale perdita di lucidità di testa che lo sforzo può spremere al fisico. In quel caso è chiaro che la nuotata finisce, che è necessario sospendere tutto subito. Un po’ come per chi fa attività subacquea, sottoposto all’insidia che la profondità eccessiva presenta improvvisamente sotto forma di uno stato di mortale euforia. Chi non si ferma prima è spacciato. Da cui si capisce che i parametri di cui tener conto lungo un’impresa così lunga e tormentata come una traversata in mare, magari nelle condizioni meno favorevoli -come è appunto il caso di questa Vulcano-Milazzo- sono molti e non si limitano certo al fattore apparentemente principale dell’impresa sportiva. Armando Merluzzi, presidente di Nuoto Vicenza, la società di viale Ferrarin che segue passo passo le uscite di Enrico, era sulla barca di assistenza assieme al medico e agli addetti al soccorso. Racconta di aver tenuto sotto controllo soprattutto la capacità reattiva, la presenza e la lucidità: nessuna sbavatura, dice, “è stato formidabile, sempre presente a se stesso nonostante qualche difficoltà nell’alimentazione che ha poi superato benissimo; formidabile per una impresa formidabile…”.

Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)UN CURRICULUM CHE PARLA DA SOLO- Il curriculum è presto detto: da Gibilterra al Marocco spagnolo in 4 ore e 37 minuti.Enrico Giacomin era nuovamente pronto per un'impresa unica, il grande obiettivo di tutti i nuotatori in acque libere. Ad agosto era già stato a Dover, per affrontare la traversata in staffetta del canale della Manica, una squadra di sei persone, ognuna impegnata a nuotare un'ora, per portare a compimento una traversata che, causa le correnti, arriva a Calais dopo circa 45 chilometri e che può durare anche più di dodici ore. E si arriva alla terza impresa maturata nell’arco di quest’anno: da Milazzo all’isola di Vulcano. Altri 24 chilometri percorsi in circa sei ore. Il ruolino di marcia non si fermerà qui. Giacomin è in piscina tutti i giorni, ,si allena con la costanza di un agonista da Olimpiadi, ha fatto del nuoto e di tutta questa sua passione una vera e propria arma di contrasto nei confronti di una sua vicissitudine che avrebbe tolto coraggio e fiducia a molti altri: per lui tutte queste imprese sono particolarmente interessanti perché a 46 anni, e ora come portacolori dell'Aspea, è diventato uno dei protagonisti del nuoto in acque libere a livello paralimpico: “Per gli atleti disabili la specialità è stata inserita da poco - spiega - Peraltro le categorie cui è riservata sono solo quelle dalla S8 alla S10. Io sono S7 e quindi gareggio ufficialmente come master”. Giacomin, vicentino di Dueville, ma che gareggia appunto per la storica società padovana, anche se è legatissimo a Nuoto Vicenza, prima dell'incidente automobilistico che 25 anni fa l'ha costretto sulla sedia a rotelle per una lesione spinale prima di quella notte aveva giocato a basket, uno sport che ha continuato poi a praticare anche in sedia a rotelle prima che arrivasse (vincendolo definitivamente) questo grande amore per il nuoto, specialità nella quale è diventato un esponente di valore mondiale. Complessivamente la traversata ha richiesto oltre nove ore per una lunghezza di 23 chilometri. Uno sproposito per chiunque, anche forte nuotatore, cerchi di avvicinarsi mentalmente alle misure di questa impresa: tante ore, mare brutto, forti correnti, tanta fatica, una profondità del mare che mette i brividi dato che tra Eolie e Sicilia supera il chilometro, una spalla che duole, la scelta di nutrirsi soltanto con frutta secca e acqua minerale perché la prima soluzione, a base di integratori, non si mostrava adeguata. Il racconto di chi ha seguito dalla barca Enrico Giacomin parla da solo.

Lo stesso che nuotare da… Vicenza a Zanè (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)IL MARE CHE NON SI MOSTRA AMICO- Partiamo dall’elemento essenziale che l’uomo deve affrontare quanto si propone un’impresa di questa portata: il mare. Il racconto di Armando Merluzzi è eloquente come pochi: “Siamo rimasti in Sicilia per vari giorni dato che le condizioni meteo non erano affatto favorevoli. Il mare era molto agitato e le correnti di conseguenze erano qualcosa di inaffrontabile. Così abbiamo deciso con Enrico di andarcene sulla costa di Taormina, dove si poteva nuotare tranquillamente. È stato bello e ci siamo tenuti in allenamento anche se debbo dire che quei giorni che passavano non favorivano molto l’umore. Quando sei teso alla ricerca di qualcosa ogni contrarietà sembra più grande di quello che è in realtà. Comunque il tempo è passato e siamo arrivati finalmente al momento della decisione perché ad un certo punto la forza del mare è calata e ci è sembrato che si potesse tentare. Enrico ha deciso di sì per cui abbiamo preso il biglietto per l’isola di Vulcano e salutato gli amici di Milazzo che sarebbero rimasti ad aspettarci all’arrivo. Intanto la Capitaneria di porto di Messina aveva diramato gli avvisi necessari alla navigazione: l’uomo in mare deve essere segnalato e protetto perché quella è una zona di forte traffico marittimo, sia di navi che di pescherecci. Una volta arrivati a Vulcano si è svolta la preparazione necessaria ed Enrico è sceso in acqua. Erano le 5,30 del mattino. Da quel momento in poi debbo dire che ho vissuto dalla barca la sua traversata come se la facessi anch’io e come se la fatica sua fosse anche la mia. Sono perfino riuscito a contare le bracciate: 28mila bracciate per 23 chilometri di mare nuotati in mezzo alle onde, non nelle condizioni più favorevoli perché oltre alle condizioni del mare, meno agitato dei giorni prima ma non ancora calmo, c’era da considerare le correnti. Quando ci fermavamo per la pausa di nutrizione le correnti giravano la barca e la trascinavano per decine di metri per cui bisognava riaccendere presto il motore e rimettersi in linea con la rotta giusta e tra l’altro sapevamo dalle carte che sotto di noi c’era una voragine di mille metri. Enrico così faceva una grande fatica e tra l’altro era infastidito da un doloretto alla spalla che avrebbe potuto anche compromettere tutto. Le nove ore sono passate in questo modo, rifornendo il nuotatore ma anche tenendolo d’occhio con cura per essere sicuri che lo sforzo non gli annebbiasse i riflessi e la capacità reattiva. Per fortuna così non è stato. Enrico è sempre stato lucidissimo, abbiamo continuamente dialogato molto più con gli occhi che con le parole, per forza di cose, e così ho sempre saputo che c’era, era ben presente. Quando si è cominciata a vedere la costa di Milazzo lui ha nuotato con gli occhialetti fuori e praticamente la testa non l’ha più tenuta sotto. Non vedeva l’ora di arrivare. Alla fine è arrivato. Un’impresa fantastica compiuta da un nuotatore che è un uomo fantastico, con una forza di carattere incredibile. Pensiamo che è come aver nuotato da Vicenza a Zanè, se ci fosse il mare…”.



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