NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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La libertà base dell’Unità… d’Italia

di Italo Francesco Baldo

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La libertà base dell’Unità… d’Italia

Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (1920-2016), dopo che per anni l’idea stessa di nazione /patria era stata messa in sordina, per non dire dimenticata perché più che ad essa s’inneggiava ad un internazionalismo più di maniera che non di sostanza, volle che si riprendesse il senso stesso del valore che i cittadini debbono avere nei confronti del loro Stato. Lo Stato Italiano nato dall’impegno di molti e soprattutto dal sacrificio che anche a Vicenza fu grande e giace purtroppo, dobbiamo ben ricordarlo, dimenticato negli stessi manuali scolastici.

Il Presidente ripristinò con grande impegno la festa del 2 giugno, la vera festa dell’Italia repubblicana, e Volle anche che l’inno di Mameli, l’inno nazionale risuonasse chiaro perché alla sua base vi era il senso Stesso dell’Unità, della libertà, pur nella naturale diversità delle varie zone che fanno parte dello Stato Italiano, che trae il suo significato da una storia e da una cultura che sono la medesima nei suoi fondamenti. Le divisioni che esistevano nei secoli passati, erano vicende politiche, comprese le varie dominazioni straniere, ma il riferimento, soprattutto religioso era unico. A partire dalla fine del settecento, per l’esattezza; l’idea stessa ebbe il suo inizio a partire dal 1780 dalle idee diplomatiche di Gian Francesco Galeani-Napione e Antonio Genovesi e altri, ma ha il suo momento più importante nel 1797, quando si prospettò addirittura uno stato federale con l’elaborazione del bellunese Giuseppe Fantuzzi (1762-1800). Il veneto, Insieme a Carlo Botta (1766-1837) e Melchiorre Gioia (1767-1829)e altri tra cui Giovanni Giovanni Antonio Ranza (1741- 1801), partecipò al Concorso indetto dall’Amministrazione Generale della Lombardia con in premio una medaglia d’oro del valore di 200 zecchini. L’Amministrazione aveva proposto il seguente tema: Quale de Governi liberi meglio convenga all’Italia. Vinse M. Gjoia con la dissertazione Omnia ad unum”.(Lugano, G. Ruggia e Comp. 1833, terza ed.). Tutti gli Autori sottolinearono il valore dell’Unità e questa prese l’avvio, che iniziò a consolidarsi dopo il Congresso di Vienna (1815-1815) ed ebbe nei moti, condotti per circa un trentennio i momenti più significativa, nel mentre si preparava anche il terreno culturale e più in generale politico alla realizzazione.

La libertà base dell’Unità… d’Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

 

Vicenza. Difesa della Rocchetta 1848

 

L’anelito alla libertà per i popoli italiani è la chiave di volta per intendere tutto il processo risorgimentale da qualsiasi punto di vista lo si guardi e rispetto a tutte le prospettive con cui molti lo pensarono e/o cercarono di attuarlo. Questo vero senso di vita, non a caso la libertà è definita da Dante Alighieri il più grande dono che Dio fè all’uomo, trova fin dal grande Tosco e in Petrarca la sua origine e in tutti gli scritti che propugnano l’unità d’Italia, si pensi a N. Machiavelli e F. Guicciardini, significativa riflessione.

 Ben precise poi le affermazioni che compaiono anche nella poesia dell’Ottocento, a partire da

 Marzo 1821, il grande capolavoro manzoniano che celebra le prime grandi rivolte contro il dominio straniero:

“Cara Italia! dovunque il dolente

Grido uscì del tuo lungo servaggio;

Dove ancor dell’umano lignaggio

Ogni speme deserta non è:

Dove già libertade è fiorita,

Dove ancor nel segreto matura,

Dove ha lacrime un’alta sventura,

Non c’è cor che non batta per te!”

 

Anche Giacomo Leopardi nello Zibaldone, affronta il tema e mostra come in Italia nemmeno la poesia sia libera. Urge dunque questa libertà, perché come dice sempre Dante nella Canzone Spirto gentil:”dormirà sempre…?”; questo popolo che “nome non ha? Ideali congiunzioni tra i grandi poeti e scrittori italiani ve ne sono tantissime e in tutto l’arco della nostra storia letteraria, basti pensare ai grandi nostri vicentini Gian Giorgio Trissino, che ci piace pensare prender spunto dall’ode del Petrarca All’Italia ( Ben provide Natura al nostro/ stato,quando de l’Alpi schermo/ pose fra noi et la tedesca rabbia) o a Carlo Bologna, a Giacomo Zanella ad Antonio Fogazzaro, ecc. ecc. L’istanza nella grande letteratura è ben presente anche nello scledense Arnaldo Fusinato, e sarebbe errore dimenticarsi di come tutto l’Ottocento risorgimentale vide il senso della storia italiana, consapevole delle divisioni politiche, spesso opera dello straniero e non delle genti italiane. Così l’ideale dell’unità non fu solo nei grandi pensatori, ricordiamo di Antonio Rosmini, di Vicenzo Gioberti, di Carlo Cattaneo, ecc. o nei poeti e negli scrittori; questo visse e fu operante anche nel popolo. Chi dimentica il Nabucodonosor di Giuseppe Verdi, l’opera che con il suo coro “Va pensiero” è l’emblema della ricerca di unità. Un coro popolare, cantato nei teatri cittadini e ripetuto anche nelle campagne. Non a caso V.E.R.D.I.(Viva Vittorio Emanuele re d’Italia) è un chiaro simbolo di unità. A questa popolarità del coro, risponde un altro che oggi sta a significare proprio questa unità. È l’inno di Mameli, poesia ottocentesca nei modi, ma perenne nel significato, di quel significato di unità che, pur talora deriso, pur dimenticato, sempre è stato presente.

La libertà base dell’Unità… d’Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

 Copertina dell'edizione del 1860 stampata da Tito I Ricordi: Compositore Goffredo Mameli (testo), Michele Novaro (musica); Tonalità Si bemolle maggiore

 

Questo l’inno degli Italiani che le genti d’Italia ricordano e cantano:

 

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta, 
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa. 
Dov'è la Vittoria? 
Le porga la chioma, 
che schiava di Roma 
Iddio la creò. 
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò. 
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 


Noi fummo da secoli 
calpesti, derisi, 
perché non siam popoli, 
perché siam divisi. 
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme: 
di fonderci insieme 
già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 

La libertà base dell’Unità… d’Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)
 Goffredo Mameli


Uniamoci, uniamoci, 
l'unione e l'amore 
rivelano ai popoli 
le vie del Signore. 
Giuriamo far libero 
il suolo natio: 
uniti, per Dio, 
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 

Dall'Alpe a Sicilia, 
Dovunque è Legnano; 
Ogn'uom di Ferruccio 
Ha il core e la mano; 
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla; 
Il suon d'ogni squilla 
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 
 

Son giunchi che piegano 
Le spade vendute;
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì!

 

Il canto degli Italiani fu eseguito la prima volta in pubblico il 10 dicembre 1847 a Genova sul piazzale del santuario della Nostra Signora di Loreto del quartiere di Oregina, in occasione di una commemorazione della rivolta del quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici durante la guerra di successione austriaca (1740-1748). L’episodio si svolse il 5 dicembre 1746 iniziata con il celebre episodio del Balilla.

 “L’Italia costituita sulla base della libertà ed eguaglianza formerà una repubblica. unica, sola, ed indivisibile”, affermava il Fantuzzi e anche M. Gioia, che federalista non era e come oggi recita l’art. 5 della Costituzione della Repubblica Italiana. Questa unità è il bene di quella che era diventata “serva e di dolori ostello” perché senza “nocchiero” (Dante, Purgatorio, c. 6, vv. 76-77) e preda dello straniero e non aveva una sua vera dignità e un suo ruolo nel mondo, pur erede del grande passato. Un sussulto di orgoglio nazionale di storia e di cultura avrebbe dato nuovi e più importanti frutti.

 

 Ecco perché si doveva essere uniti e ciò cantavano pure le genti nelle Marche, in Umbria, in Sicilia, in Toscana, nel Veneto. Spesso composizioni nelle lingue locali, dove all’aspirazione di libertà dalla straniero si aggiungeva anche la rivendicazione di vita migliore. Non è, infatti, da scordare, come il risorgimento italiano sia stato visto e vissuto a livello popolare anche come una prospettiva di una migliore condizione di vita, una sorta di guerra di liberazione, perché è la libertà il grande anelito che visse e non le piccole questioni di denaro con le quali si pensa alla gestione dello Stato. Vi sono ideali, che accomunano, ciò che divide è solo l’egoismo interessato, ma uno Stato non vive di questo, pur essendone condizionato. Lo Stato vive perché sa che i suoi popoli sono “uni” come diceva il Manzoni e al di là della contingenza vivono questa prospettiva da secoli. Si è realizzato l’essere italiani fin dal Medioevo, ora resta sempre di rendere questa condizione migliore nella pace.

Non solo nella poesia dei letterati appare l’anelito alla libertà, ma anche nelle composizioni di origine popolare. Nel ricordare “poesie” popolari venete, Venezia e Ghioggia, ricaviamo come grande fosse il desiderio pressante alla libertà d’Italia:

La libertà base dell’Unità… d’Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

 

Moneta della Repubblica Veneta/Unione Italiana

 

“Ferdinando, Ferdinando,

el to regno va calando,

e Pio nono se ingrandisce

le patate sei marcisse.

 

Viva l’Italia!

Viva Manin!

Viva la Guardia

del citadin.

 

No ghe xe più Tedeschi

che xe vegnù Pio nono;

le spie ga cheap sono

‘na malora le andrà.

 

Viva l’Italia,

la concordanza!

Viva la Guardia

della Speranza!

 

Viva Manin

mente divina!

Viva ‘l soldato

de la Marina

Viva l’Italia ogni guerrier

Viva la Guardia

del Granatier.

 

Nota. Ferdinando è l’imperatore d’Austria mperatore d'Austria e re d'Ungheria dal 2 marzo 1835 al 2 dicembre 1848, sposato con Maria Anna Carolina Pia di Savoia., figlia di Vittorio Emanuele I, re di Sardegna,

 

Le donne di Ghioggia:

 

“Nu’altre poverete no savemo

Comuò ste siore tanto razonare;

Ma ne parlemno col cuore, cu’ parlemo,

E per cuore gnessun ne può impatare;

Ma el lenguazo del cuore sempre no piaxe

Perché a’piuò dare, c’a’ piuò tior la paxe:

Cu’ a’ la tiole, a se chiame traditore:

Mi epr mi stimo cuore pi’ ‘celente

Quello che ‘sprime tuto quel che a’sente.”

 

Nota: Cfr. 1848-49, l'insurrezione di Chioggia : atti delle conferenze tenute a Chioggia in occasione del 150. anniversario dei moti del 1848-1849/ a cura di C.Gibin, Chioggia, Comune di Chioggia, c2000

 

L’Italia fu fatta e nel lo cantò Giacomo Zanella, il poeta dell’Unità d’Italia:


”Chiuse son l’Alpi allo stranier: clemente

Rise una volta a’ popoli fortuna:

Tutte al suo desco le città redente

  Italia aduna.

(A Cavour)

 

La libertà base dell’Unità… d’Italia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ma, come sempre il vezzo italiano, iniziò a criticare quanto si era compiuto e anziché operare per una migliore riuscita, si lavorò per interessi particolari, quando non spesso individuali. Il senso dell’unità rimase comunque vivo e ancor oggi si esprime ed in particolare a Vicenza, con buona pace di qualche propagatore di raffazzonate sintesi storiche sul cosiddetto “popolo veneto”, invece di adoperarsi per migliori esiti dell’unità stessa, che è tale quando le parti, insegnò fin dall’antichità Menenio Agrippa, sono tra loro concordi ed ognuna svolge al meglio quanto è capace di fare al suo interno e verso il mondo cui tanto ha dato fin dall’antichità.



nr. 34 anno XXI del 1 ottobre 2016

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