NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni

Le amministrazioni sono prive di risorse. E a Bari assemblea nazionale dell’ANCI

di Giulio Ardinghi

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Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni

Ora risulta chiaro a tutti che continuare a trattare la questione alla voce emergenza non aiuta più nessuno ne potrà contribuire a lenire qualche patimento peraltro sempre meglio distinguibile ad occhio nudo. È necessario insomma, come spiegano i vertici dell’associazione nazionale dei Comuni ANCI, che l'accoglienza faccia davvero capo ai Comuni attraverso il sistema Sprar, superando gradualmente il parallelo canale prefettizio di distribuzione attivato dal Ministero degli Interni, un canale che risulta essere continua fonte di sovrapposizioni dannose e difficili da rimediare o semplificare, oltre che troppo spesso gestito senza alcun vero coinvolgimento dei Sindaci. La prossima assemblea nazionale ANCI aprirà i suoi lavori a Bari facendo capo appunto a questo tema che è il principale, il tema centrale per chi voglia trattare il problema dell’accoglienza e dell’eventuale integrazione degli immigrati avendo come obiettivo reale quello di completare al meglio un lavoro già di per sÈ irto di problemi anche senza le distrazioni, le sovrapposizioni da burocrazia, per non dire le facilonerie di gestione di cui sono protagoniste alcune delle associazioni che ai Comuni dovrebbero dare una mano proprio sul terreno della gestione.

Il problema dei problemi insomma è rappresentato dal rischio della non sufficiente informazione fornita ai Comuni dalle associazioni del volontariato sul numero, la dislocazione e i movimenti delle persone delle quali si debbono istituzionalmente occupare. Stato confusionale che permette e favorisce situazioni di pericolosa rottura oltre che di allarme sociale come accaduto a Lusiana, ma non solo. Arzignano, dice il sindaco Gentilin, si è ritrovato a gestire la presenza di una quarantina di profughi siriani calati in città dalla sera alla mattina senza preavviso. Se chiedete a Tonezza che cosa ne pensa del dover ospitare in albergo un’ottantina di profughi in attesa tra l’altro di vedere accettata la propria posizione di chiedenti-asilo, capirete subito che in un paese di montagna con un organico all’anagrafe di 500 persone, questi arrivi a brucia pelo vengono considerati come una specie di pioggia a rovesci violenti e battenti contro cui non c’è riparo possibile.

Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)IN SNERVANTE ATTESA DI ASILO- La questione dei richiedenti-asilo del resto amplifica a dismisura il perimetro del tema accoglienza-integrazione, perché se ne rimane alla periferia pur pesando moltissimo sul totale dei numeri e degli investimenti: l’asilo viene esaminato con tempi da era geologica, in genere non viene concesso, ma nel frattempo chi ha fatto domanda deve starsene buono buono in un angolo, sia albergo pagato o alloggio pagato, e superare se può in completa non occupazione la diffidenza della comunità che ha attorno. Tutto assai poco facile da digerire, come dimostra il caso dei 40 richiedenti asilo all'ex hotel Alpi di Santa Caterina, tra Conco e Lusiana dove dopo l’intervento di Mara Bizzotto oltre che di una troupe della trasmissione Dalla vostra parte", condotta da Maurizio Belpietro, su Rete 4, è successo praticamente di tutto. La Bizzotto aveva sottolineato che “portare 40 clandestini presunti profughi a Santa Caterina, è una scelta totalmente folle e inaccettabile che sta già creando gravi problemi e preoccupazioni tra la cittadinanza”. Peraltro senza nessun preavviso, sostiene la parlamentare europea “in una piccola comunità di meno di 350 abitanti; chi ha deciso tutto questo è un irresponsabile che non si rende conto della pericolosità sociale e della minaccia alla sicurezza che questa situazione rappresenta per tutta la popolazione di Conco e Lusiana”. Gli sviluppi non si sono fatti attendere troppo: come ha segnalato al Giornale di Vicenza Gerardo Rigoni, il problema di Lusiana si è presto trasformato in una battaglia aperta contro la stessa ipotesi di nuovi insediamenti extracomunitari in zona: L’esasperazione ha prodotto un’azione diretta sui tre alloggi che erano stati individuati dalla prefettura vicentina e di proprietà della parrocchia con lo scopo di destinarli ad alcuni richiedenti asilo. La non idoneità di questa prima soluzione ha spinto verso l’alternativa rappresentata da una immobiliare che poteva dare in affitto alcuni appartamenti previa disponibilità dei proprietari. Tre appartamenti giudicati idonei dalla prefettura dovevano dunque ospitare una quindicina di profughi provenienti dalla provincia di Padova; è però successo che di notte questi alloggi sono stati danneggiati (bagni e cucine), con l’aggiunta di scritte su muri e mobili. L’amministrazione comunale aveva già ipotizzato in una lettera al prefetto il problema dell’ordine pubblico, sia perché lo stabile già ospita immigrati da varie nazionalità, in prevalenza macedoni e nord africani, sia perché il numero di profughi da ospitare è troppo alto in rapporto alla popolazione residente, in particolare della zona Pilastro: a un centinaio di metri c’è un’area residenziale di pregio dove vive un centinaio di lusianesi. Il sindaco Antonella Corradin, preoccupata per la caduta di immagine di un tranquillo centro di residenza estiva come Lusiana, si dissocia da qualsiasi iniziativa vandalica di questo calibro mentre d’altra parte si dimostra come logico molto preoccupata per la difficoltà effettiva di conciliare in un paesino così piccolo la presenza di tanti immigrati con le esigenze quotidiana degli abitanti ai quali non si possono certo chiedere miracoli.

COMUNI SENZA… SINDACATO- Non è la prima grossa tensione e non sarà l’ultima: a Tonezza ci sono ancora 80 profughi richiedenti asilo che aspettano da mesi e si sa benissimo che della domande in lavorazione ne passeranno si e no una su dieci; è successo d’altra parte anche ad Arzignano, come vedremo tra poco nel corso del colloquio con il sindaco Giorgio Gentilin, che mesi fa in una notte qualunque e senza alcun preavviso l’amministrazione si è ritrovata a dover gestire 40 siriani poi trasferiti verso il nord Europa. Tutto questo serve anche a spiegare che pretendere dai singoli Comuni un appoggio senza condizioni e per di più spesso quasi estorto nei fatti significa mettere in fortissima difficoltà piccole comunità che non hanno i mezzi e in qualche caso neppure la voglia di sostenere un peso extra superiore alle rispettive possibilità.

Profughi e migranti il grido di dolore dei comuni (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)I Comuni hanno un loro sindacato che li rappresenta di fronte al governo nazionale: è appunto l’ANCI: “Non mi riconosco nell’Anci nazionale e ne sono uscito, ma siamo rientrati nell’associazione di livello regionale”. Il sindaco di Arzignano è arrivato alla rottura clamorosa di qualche tempo fa ed oggi parzialmente mitigata in compagnia di altri dodici sindaci che rappresentano tutto l’ovest vicentino: L’accusa principale dei sindaci riguarda l’ANCI perché “allineata politicamente alle scelte del governo che penalizzano quotidianamente l’attività dei Comuni virtuosi della nostra regione”. Oltre ad Arzignano la rottura aveva avuto come protagonisti Montecchio Maggiore, San Pietro Mussolino, Brendola, Trissino, Grancona, Castelgomberto, Montebello Vicentino, Lonigo, Creazzo, Nogarole Vicentino e Gambellara. Precedentemente si erano già staccati i Comuni di Crespadoro e di Altissimo: “Sia AnciVeneto che l’Anci Nazionale –aveva dichiarato Gentilin- non svolgono più il compito di sindacato dei Comuni. A livello veneto non difendono adeguatamente presso il governo centrale le esigenze dei nostri comuni virtuosi, oberati dalla pressione fiscale e dai tagli dei ritorni di risorse da Roma. Operiamo da anni ormai in estrema incertezza, non possiamo più fare programmi di investimenti pubblici e siamo nella condizione non poter garantire, e di sicuro non per nostra volontà, i servizi ai cittadini. Mi è stato chiuso un ufficio postale nella frazione di Tezze e l’Anci, che doveva intervenire, ritengo non l’abbia fatto. Tutto ciò è dimostrabile. Quelli che hanno subìto tagli e chiusure non a caso non appartengono all’area di centrosinistra. L’Anci è mosso da motivazioni politiche. Dopo l’era di Dario Menara, per decenni direttore e dopo l’occupazione politica del PD tutto è cambiato in peggio”. Dopo di che, ripetiamo, almeno Arzignano è rientrato nell’associazione veneta rimanendo invece fuori dall’ANCI nazionale. Gli altri non hanno dato per ora alcun segnale.



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