NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Il Museo Chiericati
studi il suo futuro

Sarà il faro del territorio?

di Giulio Ardinghi

facebookStampa la pagina invia la pagina

Il Museo Chiericati<br>
studi il suo futuro

Ora che si è allontanato il problema della struttura da rinnovare e degli spazi disponibili da rendere più ampi, la domanda per il museo Chiericati potrebbe essere da subito la seguente: cercherà di rimanere semplicemente il conservatore di un patrimonio abbastanza rilevante, ma sempre e comunque bloccato lì, oppure studierà meglio la sua vera funzione al servizio della città e della provincia cominciando dal cercare una nuova interpretazione della realtà e della proiezione al futuro? Il quesito non è affatto ozioso, coinvolge davvero il ruolo che il Chiericati ha (o non ha) avuto fino a questo momento.

Se un museo deve semplicemente essere il custode di quanto la cultura del tempo attraverso molti decenni o secoli gli affida con fiducia la sua comunità è la stessa storia del museo di Vicenza la dimostrazione lampante di una missione compiuta sia pure attraverso molte e visibili difficoltà anche di ordine fisico-strutturale. Ma ora che i muri sono diventati praticamente nuovi, ora che gli spazi disponibili si sono trasformati in un vero richiamo per chi voglia metterci le mani e trovare altre soluzioni, altre iniziative, questa stessa missione sembra nettamente e realisticamente superata dai fatti.

Si può fare di più. Senza scivolare nel benaltrismo dei politici di ogni taglia e connotato normalmente anche troppo irritante oltre che troppo facile, quel che si potrebbe cominciare ad immaginare è il frutto di uno studio delle realtà vicine che qualche cosa da indicare ce l’hanno soprattutto se si analizza a fondo come e perché i musei capita che cambino marcia in un certo momento della propria esistenza arrivando a trovare una chiave di lettura nuova e attraente per rapportarsi al territorio di cui sono il centro.

Gli esempi non mancano: da Bassano con la direzione di Fernando Rigon (in precedenza responsabile proprio del Chiericati) per andare poi fino a Verona dove la direzione di Licisco Magagnato (anche lui passato per il Chiericati) ha impresso al museo di Castelvecchio un’accelerazione di iniziative e qualità che dura ancora oggi a distanza di quarant’anni; in particolare questo di Verona è un esempio forte, esauriente, perché il lavoro di rinnovamento e riproposizione del patrimonio custodito è passato attraverso il progetto di Carlo Scarpa, chiamato da Magagnato a trasformare l’essenza stessa dell’approccio ad un contenitore tanto difficile che a prima vista pareva prestarsi poco: un castello medievale tende a rendere insidioso qualsiasi tentativo di adattamento o rinnovamento.

Il Museo Chiericati<br>studi il suo futuro (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Bassano e Verona dunque hanno fatto. Il concetto stesso del museo aperto introdotto dal lavoro di Magagnato e accolto senza problemi anche da Rigon ha avuto tra gli altri anche il grosso merito di mettere sul piatto della bilancia il vero problema di fondo di un museo moderno: limitarsi a conservare, oppure rapportarsi al territorio? Fungere da faro bello quanto vi pare, ma immobile, oppure scendere direttamente in piazza e proporre qualcosa che alla fine faccia gioco alla cultura del territorio di competenza e tradizione storica nel suo complesso? In poche parole: nascondersi nel proprio bozzolo, oppure aprirsi?

Non è nuova la storia della fame di vitalità che caratterizza i piccoli musei: sono loro quelli che pur avendo moltissime carte da giocare non riescono a vincere la partita perché non trovano dialogo e le nuove opportunità che potrebbero essere aperte dai musei di dimensione maggiore. Un caso tipico in questa provincia è quello di Malo: la collezione di Giobatta Meneguzzo raccolta nel Casabianca non è una cassaforte immobile e con la combinazione affidata alle gelosie del proprietario; è invece un formidabile messaggio permanente di cultura, di arte e di iniziative collegate, non vicentino o provinciale, ma prima europeo e poi mondiale. Ci si è spesso domandati nel corso di tutti questi anni perché mai Vicenza non abbia mai pensato, magari attraverso la mediazione istituzionale dell’amministrazione provinciale, a creare con Malo un filo di collegamento che avrebbe avuto e avrebbe ancora oggi un forte significato di messaggio verso tutti, turismo specialistico compreso (la collezione di arte grafica internazionale di Malo, collezione unica per valore anche monetario, oltre che artistico e documentale, è lì da oltre quarant’anni e il suo patron non l’ha mai impoverita, tutt’altro).

La risposta non c’è o quanto meno si confonde nel labirinto dei campanilismi meno edificanti e di tutta la storia della cultura ufficiale vicentina, punteggiata di direttori che vengono e se ne vanno, frequentata spesso dall’equivoco permanente tra burocrate della conservazione e intellettuale in grado di proporre ma impedito a farlo. Certo è che questo avvicinamento non c’è stato. Se qualcuno si è avvicinato a Malo questo è stato il museo di Bassano, non certo quello di Vicenza. E per quanto riguarda appunto palazzo Trissino e il Chiericati con la novità della ristrutturazione l’altra domanda è la seguente: che fine ha fatto la collezione che Neri Pozza ha lasciato a Vicenza con la condizione che andasse in una non ancora esistente galleria d’arte moderna?

Di tutto questo parliamo con Giobatta Meneguzzo e Fernando Rigon protagonisti di primo piano e conoscitori diretti della realtà-museo, ma anche con Antonio Stefani e Stefano Ferrio, entrambi scrittori e giornalisti che stanno contribuendo da tempo ad identificare un disegno culturale applicabile a Vicenza e alla sua provincia magari restando al di fuori delle vie obbligate dell’arte devozionale o dell’altra, la più importante, che però tra seicento e settecento imprigiona tutto a lucchetto, come in una cristalliera impenetrabile e infrangibile.

Il Museo Chiericati<br>studi il suo futuro (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)MAXI E MICRO DA CONCILIARE- Non è che bisogna mettere d’accordo i musei, vanno conciliate le misure, perfino quelle mentali. Dal Casabianca di Malo Giobatta Meneguzzo testimonia una attività di promozione internazionale che data dai primi anni 70, ma rappresenta allo stesso tempo la tipica situazione di totale scollamento di entità che per vocazione e forse obbiettivi dovrebbero conoscersi e sapere non superficialmente della rispettiva esistenza: “Credo che il ministro Franceschini abbia dato una bella frustata a tutto l’ambiente quando ha invitato i grandi musei ad occuparsi anche di quale realtà hanno attorno oltre che delle cose loro. Non è un invito da poco. Significa che se il maximuseo non si occupa anche del suo territorio lascia non scritta una pagina importante che lo renderebbe ancora più grande. È un po’ la nostra storia qui a Malo. È chiaro che istituzionalmente parlando Vicenza non aveva titoli a produrre rapporti con noi, ma dovrebbe essere la Regione a creare un coordinamento all’ombra del quale potrebbero nascere grandi iniziative comuni rispettando ciascun museo la propria autonomia di movimento e di proposta. Sono contento che il Chiericati sia finalmente rinnovato, si è chiusa un’attesa di molti decenni. Nello stesso tempo però mi domando che cosa posso aggiungerci di veramente inedito nel panorama generale di quel che la città offre: forse la terrazza sulla Basilica? Certo che no. Il Chiericati è lo stesso museo che ho sempre visto e rivisto fin dagli anni della scuola? Che cos’ha di nuovo? Perché il punto è proprio questo: non è che un museo lo ricarichi come un pupazzo meccanico a molla semplicemente rifacendogli i muri; il museo si rinnova e rivive lungo progetti diversi se i progetti ci sono, se c’è un manager in grado di pensarli e se alle sue spalle c’è una entità istituzionale che lo appoggia perché ha un suo cammino da percorrere per poter lavorare su tutte le occasioni possibili e utili. Un museo che non si rinnova nei progetti non è tramontato, ma certo non è al passo con la sua stessa attualità del momento. Ho trovato nella mia raccolta di archivio storico le copie di Lettura, un vecchio periodico del Corriere della sera: ha la data del 1906 ed ha cominciato le pubblicazioni nel 1901. Per noi rappresenta un formidabile documento che ci propone una realtà della quale, noi che ne viviamo un’altra, prendiamo atto con interesse magari cercando di imparare qualcosa. Mi domando tra cent’anni che cosa sarà in grado di trasmettere il museo Chiericati se non comincia oggi a rinnovarsi. Diciamo che per quanto riguarda la sua storia in rapporto con il mio Casabianca ho avuto più contatti con Neri Pozza ricevendone sicuramente più soddisfazione. E Neri Pozza è morto trent’anni fa…”.



continua »

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar