NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Adieu

di Italo Francesco Baldo

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Adieu

La grande livella ha portato con sé Dario Fo. Non è il caso di fare “un coccodrillo” perché esso dovrebbe essere irriverente quanto lo fu, in vita terrena, colui al quale vorremmo dirigere il nostro ricordo. Eppure resta qualcosa da dire, al di là delle sue performance, dei suoi atteggiamenti pubblici e di quanto ha scritto e fatto in 90 anni. Una vita lunga, coronata da successi, il premio Nobel, e da molte dichiarazioni di fastidio, di critica anche pesante, ma pari a quella con la quale Dario Fo “gratificava” tutti coloro che non la pensassero come lui, nel momento in cui la pensava. Passò dall’estrema destra fascista, poi si chiamò “repubblichina”, per quasi due anni e fu certo un via dolorosissima per coloro che non rientravano nei parametri ideologici che allora coltivava.

Passata la prima grande sbornia ideologica, trovò nel teatro e nelle piece la sua fortuna; ne ebbe e molta anche nella giovane RAI italiana, che lasciò fare per un po’, ma nel 1962 trovò eccessivo, ridondante e quasi vilipendiosa la sua scena, nella quale, nel frattempo, e si era inserita Franca Rame, una presenza fondamentale, la disse sempre e pensiamo anche il porto dove trovava quiete.

Attore da cabaret, la sua fama iniziò veramente con quella stagione degli anni di piombo, una stagione ideologizzata al massimo, dove si parlava di comunismo da raggiungere, criticando perfino il partito comunista italiano (PCI) e che vide la nascita di miriade di gruppi, gruppetti, gruppuscoli, circoli e circoletti: tutti comunisti, ma con sfumature che nemmeno la tavolozza di Salvador Dalì le potrebbe contenere. Il tutto partì dai campus universitari dagli “odiati”, ma scimmiottati spesso Stati Uniti, si trasferì in Francia, alla Sorbona nel maggio del 1968, quando all’Unesco, sempre a Parigi, l’intellighenzia mondiale, H. Marcuse e Adorno compresi, discutevano e analizzavano il pensiero di K. Marx: Dum Unesco consulitur, Lutetia expugnatur. In Italia partì dalla provincia, da Valdagno-Vicenza con l’abbattimento della statua del senatore Gaetano Marzotto e morirà undici anni dopo (11 aprile 1979) con lo scoppio di una pentola a pressione, bomba rudimentale, tra Schio e Tiene e gli attentatori morti (tre militanti dei Collettivi Politici Veneti, Maria Antonietta Berna (22 anni), Angelo Del Santo (24 anni) e Alberto Graziani (25 anni).

Adieu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

Statua del sen. G. Marzotto abbattuta

 

L’avvenimento più importante fu l’attentato alla banca l’attentato alla banca dell’Agricoltura a Milano, Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969 Fu indagato inizialmente un anarchico, Giuseppe Pinelli, dal Commissario di Polizia Luigi Calabresi. Il 15 dicembre Pinelli morì in circostanze non chiare e immediatamente il tam tam risuonò contro il commissario. Due furono centri dell’accusa pesantissima di assassinio perpetrato dal Commissario nei confronti dell’anarchico. Uno fu il giornale “Lotta Continua” con Adriano Sofri di Adriano, l’altro la pièce teatrale di Dario Fo: Morte accidentale di un anarchico. Per diversi anni l’attore girò le piazze italiane, le università, i centri di aggregazione per denunciare l’assassinio e nello stesso tempo propagandare una visione comunista della società, ma non affine al comunismo istituzionalizzato. Era l’epoca dei gruppi parlamentari dell’extrasinistra da cui iniziarono diversi gruppi che teorizzavano la lotta armata, tra cui il Collettivo Politico metropolitano, padre delle Brigate Rosse, I proletari in divisa, che cercano di diffondere le idee in seno all’esercito, soprattutto tra i militari di leva, Potere Operaio che a Padova ebbe nel professore Toni Negri il proprio mentore e così via, fino a raggiungere il numero di 309, ad oggi, gruppi, gruppetti non istituzionali della sinistra.

Dario Fo fu uno dei propagandisti e tra un’analisi, uno slogan e qualche risata su questo o quell’esponente della politica, si faceva strada un mondo che si voleva diverso (per inciso quanti di quei protagonisti, compreso D’Alema che pare lanciasse molotov a Pisa, han fatto carriera e quanti i delusi?).

Fo divenne da quel momento un’icona della sinistra italiana; dalla sua la capacità teatrale che utilizzava con capacità e sulla scia del “dramma didattico” di Bertoldt Brecht, ma senza la sua pesantezza, riusciva a coinvolgere.

 

Adieu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Accanto a Morte accidentale… compariva spesso quello che è, giustamente stato definito il capolavoro di Fo: Mistero Buffo…chiara burla del potere di ogni tipo, soprattutto clericale, che veniva posto alla berlina con un linguaggio inventato, gramelot, derivato dal “pavano”. In realtà un miscuglio, artefatto, di suoni e nomi, ma dalla grande capacitò di suscitare risata, ma anche insegnamento. Quasi imitazione di Angelo Beolco, detto il Ruzante, ma questo scriveva per la raffinata corte di Alvise Cornaro e dei cardinali, Marco, vescovo di Padova, e Francesco. Tanto che le commedie del Ruzzante sono arte di gusto puramente popolaresco, ma nella quale s'innesta la scaltrita finezza dell'uomo di cultura che fa suo il Discorso sulla vita sobria dell’Alvise.

Dario Fo, che rivisitò il Beolco, non colse certo il sereno distacco dalla vicende umane del pavano, anzi ritenne che proprio nell’impegno diretto, fattivo e partecipativo, almeno sul palco, ci fosse la vera natura dell’uomo di cultura, dell’intellettuale, direbbero G. Gentile, A. Gramsci e pure B, Croce, seppur tardivamente, nel 1937.

 

La giullarata del 1969 ci mostra proprio “il matto”, colui che ci “sveglia” dal torpore e ci fa comprendere, dovrebbe farci, come quello che pensiamo sia sbagliato e a che accorra cambiare. “il matto” annuncia la verità, non viene creduto inizialmente, ma successivamente re Lear, comprende la verità.

Dario Fo avrebbe voluto esserlo, il matto, ma la sua non era la ricerca della verità, ma l’affermazione di una visione politica, parziale e pertanto non mai assoluta. Dario Fo si servì dei due testi citati per propaganda, tanto che spesso lo spettacolo poco aveva a che fare con il testo predisposto. Ne è prova la pièce teatrale Morte accidentale… svolta dopo la morte su un traliccio dell’editore Giangiacomo Feltrinelli in occasione di un attentato che aveva predisposto, ma i “malvagi” servizi segreti, venuti a conoscenza dell’atto, non fecero altro che assassinare l’editore. Una panzana colossale, si seppe, ma servì anch’essa alla propaganda.

 

Adieu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Dario Fo e Franca Rame sempre all’attivo e su tutti gli argomenti insurrezionali, tra cui quello del femminismo (cfr. i testi:, Tutta casa, letto e chiesa, Grasso è bello...) che l’amata metà di Dario propagandò, insieme a Soccorso rosso e all’appoggio al feddayn.

Culmine dell’impegno degli attori fu la Palazzina Liberty (1974-1980), luogo concesso per manifestazioni culturali, divenne la sede del Collettivo teatrale La Comune e sede di organizzazione politica a Milano.

Lo spegnersi progressivo e definitivo dopo l’assassinio da parte delle Brigate Rosse, del politico Aldo Moro, placò gli animi e mise termine alle varie ipotesi “rivoluzionarie”. Altro esigenza la società e i movimenti finirono per rifugiarsi in se stessi, mentre diversi esponenti facevano carriera soprattutto nelle istituzioni, celebre l’elezione a deputato di Mario Capanna.

Il movimento si ritrovò in luogo che nel tempo divennero i “centro sociali” ad oggi esistenti in diverse città. Il Leoncavallo a Milano fu il prototipo anche di quello vicentino Ya Basta, oggi Centro Sociale Bocciodromo.

La politica italiana dall’inizio degli anni Ottanta fino al 1992, prese altri lidi e anche Dario Fo, pur continuando nella sua visione, ebbe minor successo, ma il suo talento, riconosciuto, gli consentì ancora di essere un protagonista nello spettacolo. La stagione di tangentopoli, non lo vide grande protagonista, forse più defilato, ma sempre in resta contro la novità “borghese” di Berlusconi, e vicino alla nuova corrente “cultural-poltiica” di Walter Veltroni. Ebbe, pare grazie anche alla sponsorizzazione governativa di Veltroni, allora potente uomo della sinistra nel governo Prodi, il più ambito dei riconoscimenti: il Premio Nobel per la Letteratura. Fu contestato a destra come a manca, ma rimane un vincitore, dopo Montale che lo ebbe nel 1975 e Mario Luzi che lo ambiva.

La stagione di Fo continuava nelle linee tracciate, ma l’avvento di Beppe Grillo sulla scena politica italiana, il suo movimento interessò ancora l’attore, che ne divenne un mentore, perché? Perché era un movimento ed e questo quello che ah sempre interessato Dario Fo, novello seguace di Eraclito: tutto scorre non ci si può bagnare due volte nell’acqua dello stesso… partito/movimento ecc. Per questo Dario Fo non fu mai un politico, ma un “militante” della politica.

Celebrato e talora perfino osannato dall’intellighenzia, non ebbe mai un riconoscimento veramente da parte di tutti, come hanno attestato le dichiarazione per la sua morte e il suo funerale. Che ha voluto “laico” perché lui non era certo interessato alla fede, alla trascendenza. Per lui la religione era solo un fatto storico di potere, quindi da criticare.

Il suo teatro, a differenza di molti altri, ma come altri, è chiuso nella prospettiva storica, in un tempo ben determinato, che interesserà più gli studiosi che non possibili spettatori. Certo per diverso tempo lo si ricorderà, ma da lui non abbiamo quella tensione alle risposte fondamentali dell’uomo, ma solo di quelle parziali, appunto politiche, che spesso muoiono, come quelle di tanti gruppi e gruppetti del ’68, anche nello spazio di una sola assemblea.

Oggi comunque ci piace ricordarlo, e le risate che coi ha fatto fare, dispiace che non abbia dato un messaggio all’uomo, ma solo agli aspetti terragni.

L’ultima “burla” gliela ha giocata il Paradiso, quando, inconsapevoli, hanno designato Piazza Duomo a Milano per i Funerali, rigorosamente “laici”. Dall’Alto vegliava la famosa Madunina e magari intercedeva per lui presso Colui che tutto può.

Il figlio ha cercato di ribadire la militanza atea e comunista del padre, ma su di lui, ancora benevola la Madunina che ci dice quanto effimero sia il mondo e che non basta esser sepolti in terra sconsacrata, da laico, per non far i conti con Chi tutto può e che è, Lui sì, il Mistero Vero.

Adieu (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica) 

A Te, lo presento

 

All’ ultima… Dario

All’ultima tua apparizione

Sulla scena del mondo,

Mai avresti pensato,

Tu sbeffeggiante ogni

Trascendenza,

Che il materno sguardo

Di Lei, la Madunina de Milan,

In piazza t’avrebbe accompagnato

All’ultima dimora.

 

Anche in Paradiso han bisogno di

Sorridere un po!

 

Il giorno dopo la Madunina

Io son ancora qua a vegliare

Sulla gran città!

Chi al ciel rivolge

Mi trova.

Tu, te ne sei ito.

La terra ti rinserra

Alle parole, inutili,

Del tuo figlio,

Il Mio è ancor invece

Fonte d’amore, di speranza

Di pace.

 

Piccole differenza

Che rendon degni

Di vivere

 

nr. 37 anno XXI del 22 ottobre 2016

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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