NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quanto Tina Anselmi ricordava
l’Eccidio dei Martiri del Grappa

di Gianni Celi

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Tina Anselmi

Anche il Sindaco di Bassano, Riccardo Poletto, ha assistito, a Castelfranco, ai funerali di Tina Anselmi, a testimonianza dello stretto legame tra l’ex parlamentare e la nostra città, che ne segnò la vita e l’impegno politico e sociale.

Tina Anselmi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Giovanissima – ricorda il primo cittadino -fu costretta ad essere testimone dell’Eccidio del 26 settembre, episodio che ne consolidò le radici bassanesi e che ricordò sempre con grande dolore, vicenda dalla quale nacque la consapevolezza che la fece diventare partigiana durante l’ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale e donna impegnata a favore della libertà e della giustizia negli incarichi istituzionali che ricoprì per tutta la vita”.

Il Comune di Bassano, per l’occasione, aveva richiesto al Comune di Castelfranco di essere presente con il Gonfalone della Città, decorato con Medaglia d’oro al Valore militare.

Voglio ricordare, con questo articolo, quell’episodio dell’Eccidio dei Martiri del Grappa per il motivo che vi vado a spiegare. Ebbi modo di intervistare Tina Anselmi in una delle sue numerose visite bassanesi. Eravamo nell’imminenza dell’anniversario di quel tragico 26 settembre del 1944. “Ero giovanissima studentessa delle magistrali dell’Istituto Sacro Cuore (Mons. Ferdinando Dal Maso ne era il presidente, curato della parrocchia di Santa Maria in Colle n.d.r.) – rammentava – e il giorno dell’impiccagione dei 31 giovani fra il Viale, poi a loro dedicato, e Viale Venezia, un insegnante ci raccontò che cosa stava accadendo. Il giorno dopo, su ordine dei fascisti, tutti gli studenti delle scuole cittadine, furono chiamati a percorrere l‘allora Viale 20 Settembre dove ancora penzolavano i partigiani. Fu una scena straziante che mi lasciò turbata per molto tempo, una scena che mai potrò cancellare dalla memoria”.

Tutti i bassanesi, assieme agli studenti, furono obbligati a visitare i luoghi dell’eccidio: oltre al Viale 20 Settembre, due tratti di Viale Venezia e la parte iniziale della strada che porta a San Vito. Anche Tina Anselmi ebbe modo di assistere ad atti di disprezzo verso gli impiccati, con gente che li sbeffeggiava ridendo divertita, con degli insensati che mettevano loro una sigaretta in bocca, con altri che li strattonavano ridendo. Immagini violente e volgari che la futura parlamentare ricordava con terribile tristezza.

“Fu allora – mi disse Tina Anselmi – che maturò in me l’intenzione di offrire il mio aiuto, pur modesto, alle formazioni partigiane che operavano nella zona. Con il nome di battaglia di “Gabriella” mi accollai il compito di fare la staffetta portando da una parte all’altra del territorio, ma anche fuori, ordini scritti, richieste di ogni genere e quant’altro”.

Tina Anselmi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ma ci fu anche un episodio più cruento che spinse la giovane Anselmi a lottare contro la sopraffazione dei nazifascisti. Una sua compagna di scuola, Francesca Canonico, le aveva raccontato della tragica fine del fratello Lino, uno studente di medicina che aiutava le formazioni partigiane del Grappa. Questi incappò anche lui nel rastrellamento del settembre del '44 e fu portato ad Arten. Qui venne interrogato, torturato e quindi, il 25 settembre, ucciso assieme ad altri suoi amici. “La disperazione di Francesca – mi raccontò un giorno – mi colpì profondamente perché non si poteva eliminare in quel modo quello che loro consideravano un avversario e capii che bisognava fare qualcosa. E qualcosa feci pedalando giorno dopo giorno arrivando, a volte, a percorrere un centinaio di chilometri al giorno per svolgere al meglio il mio incarico di staffetta partigiana”.

Da qui all’impegno politico il passo fu davvero breve e Tina Anselmi. prima si iscrisse al partito della Democrazia Cristiana e poi cominciò la sua lunga carriera politica che la portò ad essere la prima ministra (lavoro e previdenza sociale) della Repubblica italiana, nel 1976 con il Governo Andreotti.

Tina Anselmi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)A ricordarla, fra gli anni settanta ed ottanta, nelle sue frequenti visite a Bassano è anche l’ex assessore Dario Bernardi, allora presidente vicariale dell’Azione Cattolica. “Tina Anselmi – ci dice – veniva spesso a Bassano e io sono andato diverse volte a prenderla, in auto, nella sua casa di Via dei Carpini a Castelfranco per portarla a fare delle conferenze nelle diverse parrocchie del Vicariato. Era una persona molto affabile, sempre disponibile, di una semplicità e di un’umiltà, nonostante il ruolo che ricopriva all’interno e della Democrazia Cristiana e del Governo, davvero encomiabili”.

E, a chiusura di questo ricordo della politica trevigiana, innamorata di Bassano, permetteteci di aggiungere questo episodio inviatoci da un nostro lettore a proposito della giornata dell’impiccagione dei Martiri, anche se non c’entra con Tina Anselmi. È il racconto che fa Aldo Faoro di papà Arcangelo (Nino). “Mio padre – racconta- nell’ultima guerra mondiale fu artigliere telegrafista in Albania, in Grecia e in Francia. Nei giorni dell’Eccidio era nella Todt come elettricista. Il 26 settembre del ’44 stava lavorando in Via 20 Settembre, ora Viale dei Martiri, mentre le camicie nere impiccavano ai lampioni e agli alberi della via i partigiani catturati sul Grappa. Mi diceva che lo costrinsero a guardare la tragica scena. I partigiani erano su un camion. Veniva loro messo un cappio al collo e poi buttati giù a penzolare nel vuoto. I partigiani gridavano “Viva l’Italia” o “Ciao mamma”. A due partigiani, secondo il suo racconto, gettati giù dal camion si ruppe la corda e scapparono. Le camicie nere conciarono a sparare per ucciderli; uno riuscì a fuggire attraverso i campi, l’altro fu ferito. Visto che nessuno soccorreva il ferito mio padre accorse in bicicletta e vide una camicia nera rubargli l’orologio. Mio padre caricò il ferito sulla bicicletta e lo portò all’ospedale, poi tornò in via 20 Settembre e ad un capo delle camicie nere denunciò il furto dell’orologio. Fu individuato subito il ladro e l’orologio fu restituito a papà che tornò in ospedale a consegnare il maltolto al partigiano che, ormai morente, lo pregò di consegnarlo alla fidanzata. A mio padre toccò quindi anche il delicato compito di dare la triste notizia alla fidanzata del partigiano”.

 

nr. 40 anno XXI del 12 novembre 2016

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