NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Trilogia dell'acqua
in scena Amleto

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

Amleto

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

Questa settimana al ridotto del Teatro Comunale di Vicenza è andato in scena “Amleto” di William Shakespeare messo in scena dalla compagnia Teatro del Lemming diretta dal regista Massimo Munaro. Primo episodio di una trilogia shakespeariana che ha come fil rouge l’elemento naturale dell’acqua è stata portata in scena a Vicenza dopo gli altri due episodi: “Giulietta e Romeo- lettere dal mondo liquido” proposto ad Arzignano e “WS Tempest” presentato a ottobre in Basilica Palladiana nell’ambito del festival di spettacoli classici del Teatro Olimpico.

 

Trilogia dell’acqua: “Amleto”, “Giulietta e Romeo- lettere dal mondo liquido” e “WS Tempest”. Come mai per te l’acqua è un elemento così importante?

Amleto (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Massimo Munaro: “L’acqua è il simbolo dell’emotività e ho scelto questo elemento che unisce questa trilogia che ha che fare con le emozioni profonde e con l’inconscio. In questo Amleto ho scelto di usare solo parole dell’Amleto shakespeariano, senza nessun aggiustamento, nel Giulietta e Romeo, nemmeno una parola di William Shakespeare perché mi interessava interrogare il mito. Ne La Tempesta invece ho scelto di utilizzare tutte parole di Shakespeare prendendole dal suo corpo di opere ma anche prendere altri autori affini con quello che può essere WS".

Il dramma di Amleto comincia con la rivelazione del fantasma del re morto. Come in Macbeth all’inizio, avviene con qualcosa di soprannaturale. Come mai secondo te Shakespeare nel suo essere molto razionale affida l’apertura a un “coro” che ha un valore affettivo e simbolico, che tocca corde interiori ma che alla fine è qualcosa che non esiste?

“In qualche modo Shakespeare interroga l’inconscio e i fantasmi in Shakespeare sono quelli del proprio animo profondo, del proprio passato e del proprio presente. Nel Macbeth in particolare c’è un rapporto col destino che queste maledette vaticinano al contrario: come tutti gli oracoli sono ingannevoli, l’oracolo di Apollo, come in Edipo e in tante tragedie greche. L’errore di Macbeth è ascoltarle, come spesso siamo ingannati da falsi oracoli e false sirene, questo anche ci dice Shakespeare".

Come nell’Edipo e in Giulietta e Romeo, ci sono parti in altre lingue, in siciliano…

“In realtà è pugliese salentino; una delle grandezze di Shakespeare è quella di confondere sempre l’alto e il basso e il dialetto è una lingua oscura perché se uno non è di quel territorio non lo comprende. Ha sempre a che fare con qualcosa di inconscio e profondo perché il dialetto è una lingua arcaica, è anche la lingua della madre, come già ti dicevo per Edipo, e anche qui, in qualche modo, sentire questo attore che dice queste cose un po’ misteriose ci inquieta e ci turba un po’ perché non riusciamo bene ad afferrarle però ne sentiamo tutta la veemenza espressiva".

Anche qui le musiche le hai scritte tu, bellissime, e la canzone stupenda: ci sono atmosfere deliranti, un’ispirazione al Bernard Hermann di Psycho, con questi violini stridenti?

Amleto (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)“È un complimento e ti ringrazio: più a Hitchcock. Roland Barthes, ne “Il piacere del testo”, un suo piccolo saggio, diceva che in fondo la funzione dello scrittore è quella di costruire sempre un po’ degli strip-tease nel senso di tenere sempre eccitato lo spettatore e Hitchcock è uno straordinario incantatore perché ci incatena alla sedia. La musica ha una funzione portante perché costruisce la drammaturgia in Hitchcock. Per me la musica è una colonna portante, costruisce dei momenti lirici e degli spiazzamenti radicali che ci costringono sempre a un’attenzione e a uno stravolgimento. La musica concorre, come altri elementi, a questa continua tempesta. Tutti e tre i lavori hanno in comune l’idea di mettere gli spettatori e gli attori in una dimensione di tempesta, di scardinamento continuo delle abitudini percettive".

Come in Romeo e Giulietta, qui abbiamo una visione frontale; ho avuto quasi l’impressione che fosse più difficile seguire la molteplicità delle azioni rispetto ad uno spettacolo immersivo: in Basilica i ragazzi erano sparsi eppure si riusciva a seguire tutto, qui invece, comunque con una “stereofonia” d’azione, si fa più fatica, perché?

“Innanzitutto lo spazio dove hai visto Amleto non è lo spazio ideale, ci vorrebbe uno spazio senza palcoscenico, a terra e su una gradinata, gli spettatori, mentre qui diventa molto difficile entrare e uscire da palco. Il palco crea sempre questo muro imbarazzante, per cu in qualche modo la versione che hai visto tu è depotenziata. Cerchiamo di adattare il nostro lavoro il meglio possibile agli spazi che abbiamo. In questo caso non è nato per questo tipo di spazi".



continua »

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar