NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Ho visto ridere le beccacce

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Ho visto ridere le beccacce

Con un chiaro e voluto riferimento ad un libro ben noto, firmato qualche anno fa da Giancarlo Ferron (Ho visto piangere gli animali), lo scledense - di Magrè, come lui stesso tiene a precisare con orgoglio - Luca Segafreddo pubblica in questi giorni per le edizioni Itinera di Bassano del Grappa Ho visto ridere le beccacce - Storie di cacciatori, di animali e di vino, suo esordio letterario con una copertina che ritrae l'opera La regina dei betulli dell'artista Giulio Tasca. Dieci racconti che narrano quello che, a volte, succede intorno alla caccia e che quasi mai si dice. Tratti da fatti realmente accaduti e ambientati in ambito locale - ma con una lunga puntata in Sudafrica, nella lontana terra degli Zulu, nel mezzo della natura selvaggia e spettacolare del bush, i racconti vedono come protagonisti alcuni cacciatori in storie che hanno poco dell’aspetto ferino associato alla caccia e in cui è il cacciatore a diventare, spesso suo malgrado, preda di situazioni comiche. E sta proprio in questo la chiave, e il merito indubbio, del libro di Segafreddo: aver affrontato un tema spesso scomodo, come quello della caccia, con una potente dose di (auto) ironia che sfocia a tratti nel comico, tanto che dopo aver letto ognuna delle dieci storie non si può fare a meno di sorridere diveriti e anche incuriositi.

Ho visto ridere le beccacce (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Esilaranti in tal senso i racconti Don Juan (De Marco, maestro d'amore) in cui un sacerdote altovicentino con il "vizietto" della caccia - e delle signore - viene sorpreso suo malgrado mentre si intrattiene con una di esse all'interno di un casotto da caccia; o quella dei due fratelli che si contendono le grazie di una bambola gonfiabile con tanto di arrivo finale dei Carabinieri, allertati da una sospettosa vicina di casa. Ma non è tutto. Un altro pregio del libro, questo davvero originale, è di aver attinto a man bassa alla letteratura classica italiana e mondiale, in una sorta di carrellata in cui ad ognuno dei dieci racconti l'autore associa i versi, o la prosa, di personaggi letterari di altissimo lignaggio: Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, Francesco Petrarca, Ludovico Ariosto, Omero, William Shakespeare. Un libro che si sarebbe potuto scrivere semplicemente attingendo al ricco patrimonio linguistico veneto, noto anche al di fuori dei confini regionali per la sua innata forza espressiva. Tuttavia, pur cercando di mantenerne inalterata l’intrinseca natura, si è voluto renderlo più elegante: le avventure infatti non sono state narrate come lo si sarebbe potuto fare al bar, anzi, le si è nobilitate, appunto, con l’ausilio delle parole eterne di grandi poeti. Il libro sarà presentato in prima assoluta mercoledì 14 giugno alle ore 20 a palazzo Toaldi Capra di Schio.

Ho visto ridere le beccacce (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Come si può intuire fin dal titolo - scrive l'autore nella prefazione - è un libro inusuale, nato con un intento canzonatorio e come risposta ad un modo di intendere e rappresentare la figura del cacciatore e il suo rapporto con la natura, rapporto spesso travisato o semplicemente poco approfondito. La mia vuole essere una finestra, ironica ma veritiera, su questo mondo e sui suoi protagonisti; se chi ha scritto prima di me ha voluto far piangere gli animali io ho preferito farli ridere. Altrettanto importante è ricordare che tutte le storie narrate sono realmente accadute e mi sono state raccontate direttamente dai protagonisti o, sorte loro, da testimoni più o meno oculari degli eventi. Salvo qualche eccezione ho modificato i nomi dei protagonisti, non soltato per salvaguardarne, seppur solo in parte, la dignità ma anche per meglio calare i personaggi nella parte e nel taglio letterario dato a ciascun racconto. Non ho però tralasciato di spargere lungo il percorso qualche indizio che permetterà al lettore più attento di riconoscere, tra le righe, qualche profilo noto, talvolta forse fin troppo. Alcuni dei protagonisti sono "andati avanti", coloro per i quali il ciclo terreno della vita si è concluso ed ora cacciano da un’altra parte. Ricordandoli, sorrido all’idea che non avrebbero mai pensato di veder scritta in un libro qualcuna delle vicende che li vide coinvolti e, chissà, forse a qualcuno avrebbe anche fatto piacere… A qualcun altro molto meno! Tale è il senso del libro, far sorridere, pur rimanendo la caccia, beninteso, una cosa molto seria. Essa è probabilmente l’attività che maggiormente ha condizionato l’intera evoluzione dell’essere umano, accompagnandolo nel corso di tutta la sua storia. Oggi non ne dipendiamo più per sopravvivere ma è rimasta una necessità per tutti coloro che, per suo tramite, rivivono bisogni ancestrali entrando in simbiosi con l’ambiente in cui la praticano e in equilibrio con se stessi. Una passione da vivere con coscienza e serietà estreme, giacché non si può chiedere il sacrificio della vita di un animale per sport e nemmeno per mero egoismo. La caccia è quindi un percorso interiore a cui non tutti sono chiamati, un cammino che richiede impegno, studio, dedizione e che ti fa continuamente crescere, in un trepidare che si rinnova ad ogni stagione, nonostante l’avanzare dell’età. Per questo motivo sono profondamente convinto che cacciatori si nasca; si può anche diventarlo in seguito, ma non sarà mai la stessa cosa. La caccia si alimenta di ricordi ed il mio è un umile tentativo di fissarne qualcuno per condividerlo con chi guarda nella stessa direzione, magari pur non vedendovi le stesse cose.

Abbiamo incontrato l'autore in occasione dell'uscita del libro.

Ho visto ridere le beccacce (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)



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