NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Sognare l'America
e poi riscoprire il Sud

Al via a stagione di prosa dello Spazio Bixio

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Sognando la Mèrica in pausa caffè

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom



La stagione di prosa dello Spazio Bixio è cominciata con una prima assoluta: “Sognando la Mèrica in pausa caffè” scritto e diretto dal giovane drammaturgo Roberto Maria Napoletano, e interpretato in un impeccabile veneto da due attori giovani e bravissimi: Lorenza Lombardi ed Eros Emmanuil Papadakis. Nella pièce due giovani attori in pausa provano un'idea per uno spettacolo sui migranti veneti dell'Italia post-unitaria. Viene rivelato uno spaccato di storia poco conosciuto che mostra come non solo il Sud ci abbia rimesso con l'Unità d'Italia: un nuovo Stato disinteressato ai contadini, che punta sull'industria ma che quando ha bisogno di soldi li chiede anche a loro. Tanto vale partire per il Sudamerica per scoprire, dopo un viaggio lungo e durissimo come una Quaresima, che lì c'è meno che a casa e che è tutto da costruire.

 

La prima grande ondata migratoria del 1870. Si parla sempre di quella del Sud poiché l’unificazione dell’Italia è stata molto sofferta lì: i Savoia e i massacri di Pontelandolfo e Casalduni, il brigantaggio, ecc. Anche il popolo veneto ha subìto dei soprusi territoriali e se ne parla pochissimo: ora si comincia un po’ con gli istriani ma è una cosa recente. È stata proprio una migrazione completamente italiana questa del 1870?

Sognando la Mèrica in pausa caffè (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Roberto Maria Napoletano: “Sì, assolutamente: 10 anni prima c’è stato un cambiamento enorme dove quelli che sono diventati gli italiani hanno sentito che, d’improvviso, lavorare per quello per cui si lavorava prima non bastava più. La cultura contadina è infinita ma ad un certo punto è comparso questo nuovo Stato con una nuova ideologia di cultura e sviluppo. È sempre stato così: ogni nascita di una nazione porta una nuova ideologia, filosofia e psicologia di vita. Vallo a spiegare a milioni di persone che d’improvviso non contano quasi più niente per un nuovo Stato. Si è innescato un nuovo processo della nazione, dello stato, delle leggi, dei governi ma anche di un nuovo popolo: da lì sono partite milioni di persone che hanno pensato che piuttosto che non contare più niente qui, hanno provato a puntare tutto su un nuovo Paese".

Parliamo della fine della Serenissima, al Sud del Regno delle Due Sicilie: in “Camorra sonora” (precedente spettacolo di RMN ndr) parlavi del fatto che al Sud si gesticola molto perché ogni 100 anni o meno cambiava la lingua del padrone, qui invece il contadino si sentiva talmente defraudato da Dio che doveva insultarlo. Perché al Nord non hanno imparato ad esprimersi coi gesti e al Sud non hanno cominciato a bestemmiare?

Eh contano sempre, al 100%, le varie dominazioni dei popoli. I veneti hanno avuto una storia grandiosa ma era una repubblica. A Napoli e al Sud ci sono state pochissime repubbliche".

E quella che c’è stata è durata un anno (1799 ndr)

Esatto. Ci sono state molte più dominazioni, quasi tutte totalitaristiche, come le chiamiamo adesso. Una repubblica ti può permettere di essere anche agiato, di parlare, un totalitarismo ti fa nascondere nel tuo buio, ti crei un tuo linguaggio perché gli altri non te lo consentono. In una repubblica quasi tutto è consentito, ovviamente ci sono delle leggi da rispettare ma in un totalitarismo, in quelli antecedenti al ‘900, si devono creare dei nuovi linguaggi. In tutto il Regno delle Due Sicilie si usavano i gesti per potersi esprimere con nuove culture che arrivavano: normanni, francesi, spagnoli, perfino inglesi e austriaci".

C’è la canzone che cantano i due ragazzi.

America America. Gianluca Parisella, il nostro musicista, fantastico, ha creato un remix di questa canzone che è nata proprio negli anni della prima ondata migratoria, è l’unica canzone che abbiamo voluto salvare della storia. Per raccontare delle vecchie storie alle nuove genti che vengono a teatro abbiamo messo il nuovo, il nostro linguaggio, l’elettronica e due ragazzi giovani e formidabili; cerchiamo di essere un'unica grande famiglia dove il dialetto veneto riescono ad assimilarlo questi attori che non sono veneti: lui greco-napoletano e lei di vicino Roma".

Il tema della migrazione nelle canzoni: qui abbiamo quella veneta, connotata al testo e alla situazione, ma se pensiamo a quelle di migranti in America, West Side Story, “America” dove le ragazze dicono che lì è bello e che sono libere, sono speranzose e i ragazzi invece ricordano che sono “di colore” e che fanno lavori da poveri. Poi come non dimenticare “Lacrime Napulitane” di Mario Merola, forse una delle canzoni di migrazione più famosa tra le recenti. Nelle tue ricerche ci sono canzoni moderne?

Sognando la Mèrica in pausa caffè (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Guarda, il materiale è stato tantissimo sul quale dover studiare, forse non abbiamo raccontato tutto e non abbiamo ascoltato tutto. Abbiamo voluto raccontare questa storia e abbiamo voluto farlo con il dialetto venetoperché siamo sul territorio veneto, attraversare la loro cultura senza dimenticare che siamo emigrati tutti almeno una volta: il primo essere umano migrò dall’Africa all’Europa all’Asia. Sentiamoci tutti migranti perché lo siamo tutti".

Non c’è un’identità veneta o campana, è una provenienza, lei dice che comunque lì ha della terra che la salverà perché quello sa fare: i migranti tra di loro è come se fossero stati un unicum, sebbene poi non si capissero.

"Sì, certo, attraversiamo una nuova cultura, arriva la nuova filosofia della miscellanea e dobbiamo mischiare tutto come quelle galassie che dopo collassano per poi fare un nuovo grande big bang: dobbiamo creare una nuova lingua, una nuova cultura non dimenticando quello che siamo stati perché stiamo vivendo ora, questo momento, il 1870, senza essere strafottenti o suprematisti verso quelli che sono già in quei territori. Se mischi tutto diventi un'unione salda e fiera della vita".

C'è la scena del metateatro: la ragazza in pausa che chiama la mamma e le racconta come un personaggio migrante contemporaneo, le dice che è tutta una fregatura perché la gente parte per andare a stare peggio. Gli italiani che stanno andando in Germania, Olanda, Danimarca, vanno a stare peggio? Non si fa altro che vedere servizi e reportage di gente che sta benissimo.

"Quando uno decide di cambiare, prima, c'è già stata una decisione: lui punta al miglioramento di sé e dei propri ricordi che prima erano molto tristi e che possono diventare felici. Trovando un nuovo orizzonte la gente può diventare felice, pensare positivo giorno dopo giorno e trovare un nuovo obiettivo. Vorrei credere in questa cosa qui: ho sofferto tanto per il fattore dell'emigrazione, sono cresciuto in questo territorio che amo, perché comunque non avrei scritto questa storia in dialetto veneto, ma non posso non ricordare che ho vissuto tanti anni di emarginazione e di solitudine. Io non faccio alcuna distinzione di razza e territorio: quando varco il Po mi sento ancora in Italia, in Europa, nel mondo".

Nella pièce viene detto che i migranti vengono attirati con degli espedienti. Secondo te sta succedendo qualcosa di simile per cui ci sono dei governi che hanno bisogno di migranti magari europei perché gli costano meno in burocrazia?

"Credo che la storia dei tempi più recenti di migrazione, ma secondo me anche prima, sia sempre legata a un fattore di mercato, altrimenti non ci sarebbero state ondate migratorie da quel Paese a qualsiasi altro nel mondo e ogni giorno è così, ogni minuto, anche in questo momento. Stanno scappando da una guerra e da fattori in cui rischi la vita perché il rischio è un calcolo di mercato e la vita ha un prezzo, la vita che metti in gioco per te e per i tuoi figli che possono diventare qualcuno. La felicità ha un prezzo ma non calcoliamolo in denaro, calcoliamolo in felicità di vita. Il bisogno crea un mercato: ho bisogno di un orizzonte, di qualcosa in cui credere. Quelli che rinunciano all'orizzonte rinunciano al mercato e ai loro sogni. Certo, qualcuno poi riuscirà a crearsene uno nel proprio territorio, magari anche più di uno comunque la felicità ha un prezzo: pagatelo, puntate tutto per raggiungerla, attraversate mille ostacoli perché avranno un valore, diventano il tuo background, il tuo curriculum e la tua esperienza, quello che diventerai, un valore che magari altri non hanno, tu sei unico".

Loro sono gente di montagna, che affronta il mare, quello vero, quello con la nave dove non c'è acqua. Arrivano a terra e riscoprono la terra attraverso il mare".

Sognando la Mèrica in pausa caffè (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"La terra vista dal mare, che cosa strana".

Ma secondo te chi è nato e cresciuto lontano dal mare cosa vede e cosa non capisce e a sua volta, la gente di mare, cosa non capisce di noi?

"Mah, più che aver paura di non capire e paura del nuovo, pensiamo a quanta ricchezza potrà darci conoscere una nuova cosa, pensiamo al valore che può avere quella nozione in più che ci manca. Parlare con un contadino veneto: ti parla di quando bisogna seminare, quando potare, quando mondare il riso; potresti ascoltarlo per ore perché la conoscenza ti rende più ricco nell'anima".

Hai affidato il monologo finale, meraviglioso, a una ragazza che ha perso tutto, non ha niente, ha solo se stessa.

"E si gioca tutto".

Si gioca tutto e parli di speranza come Chaplin nel monologo finale de "Il Grande Dittatore". Ti sei ispirato a quello o è un'influenza involontaria? Quello è uno dei più grandi monologhi di speranza e di pace.

"Non ti nascondo che durante le prove ho ascoltato una canzone di Paolo Nutini, "Iron Sky" e all'interno si sente la voce di Chaplin quando recita il monologo davanti al popolo simil-nazista e l'ho sentita più volte e quando ad un certo punto lui parla in modo molto "soffice" e dice che non ha niente, che non saprebbe cosa dire però all'improvviso sente crescere qualcosa, quel valore che dicevamo prima e lo vuole far conoscere a tutti perché lui non ha paura di condividere una ricchezza che ha: quando perdi tutto non hai più paura di essere ricco".

 

nr. 39 anno XXII del 4 novembre  2017

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