NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Hemingway in Veneto

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Hemingway in Veneto

Qual è stata l'importanza del territorio vicentino - e del bassanese in particolare - nella vita di Hemingway?

Hemingway in Veneto (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"Il futuro Premio Nobel per la Letteratura, “ragazzo del ‘99”, aspirante giornalista nell’estate ed autunno del 1918, scopre il Vicentino travolto dalla guerra. Giovane sottotenente, volontario, autista della Croce Rossa Americana viene a vivere a Schio, poi a Ca’ Erizzo, la villa lungo il Brenta, a Bassano ci rimarrà come uno dei luoghi del cuore. Percorrerà le strade impervie verso gli altopiani, Arsiero-Asiago diventerà spunto per i suoi versi, il Pasubio e le Piccole Dolomiti si imprimeranno sulla sua mente così come il Monte Grappa, la strada Cadorna che lui racconterà come una nuova via Appia (The Woppian), fisserà Marostica, l’Osteria “Madonnetta” o i locali del “Città di Tripoli” a Rosà, sognerà Vicenza di notte,“bombardata” dalla luna e descriverà tutto ciò nei suoi racconti, concludendo con quell’emblematico suo dire: Che senso averebbe avuto tornare a Washington".

Qual è a suo avviso l'elemento più significativo nelle opere dello scrittore legate in qualche modo al territorio veneto e vicentino?

"Andando, come stiamo facendo da qualche anno con il nostro Museo, sulle tracce di Hemingway in Veneto, stiamo riscoprendo - e questa è la novità anche letteraria - che proprio qui, nelle nostre terre, con le prime esperienze che Hemingway ha fatto della vita e della morte, dell’amore e della paura, della “scoperta” dell’umanità più autentica. La sua storia personale intrecciata con la nostra, percorrendo le strade della Pedemontana e delle Vallate Venete, ha consentito non solo di è forgiare il carattere del narratore. E così la sua curiosità piena è stata appagata, come le ferite inferte sul suo corpo martoriato nel luglio di cent’anni fa hanno segnato un percorso esistenziale. D’altra parte sono segni indelebili per ciascun uomo, arricchiti in questo caso dalla genialità di Ernest".

C'è a suo avviso ancora un legame tra l'esperienza dello scrittore durante la Grande Guerra e le molte celebrazioni del Centenario?

Hemingway in Veneto (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"Non può essere altrimenti. La drammaticità della guerra, come ci racconta la storia dell’arte e della letteratura,, come testimoniano una infinità di narratori in versi o in prosa, musicisti e pittori che hanno vissute nelle trincee degli Altopiani o del Grappa. In quel suo trasformare le esistenze di milioni di uomini (e anche delle donne che attendevano la pace) l’"inutile strage" di cent’anni fa è diventata parte essenziale della vita di chi aveva in più la vocazione del capire, dell’esperimentare per raccontare, per narrare ad altri. Non per niente Hemingway sosteneva: “Amo scrivere, amo il suono e la suggestione delle parole quando si intrecciano con i sentimenti”. Si era letteralmente innamorato della nostra terra. Amava il Veneto alla follia. Perché mai avrebbe lasciato scritto: Sono un ragazzo del Veneto, un ragazzo del Pasubio, del Piave, un ragazzo del Grappa?"

In cosa consiste secondo lei il "mito di Hemingway"?

"Alto, atletico, ardito, vigoroso – come lo racconta un altro scrittore, John Dos Passos, vissuto con Hemingway prima a Schio poi a Ca’ Erizzo – curioso affabulatore, generoso compagno d’avventura, un guerriero, poi perfino bevitore, amante incallito (e non solo per le quattro mogli e le molte donne da lui affascinate) non poteva che essere un mito. Pescatore e cacciatore, guerriero autentico. La sua prosa asciutta, ricca di dettagli. Di più, la sua scrittura, il suo stile disadorno, immediato, minimalista, il linguaggio semplice dei suoi testi ha rivoluzionato il mondo letterario del suo tempo, di ogni tempo se i suoi romanzi sono diventati sceneggiatura per decine di film, Ogni suo passo, fin dalla presenza in Veneto nel 1918, è rimasto avvolto da aloni di mistero. Gli bastava premere il pulsante della memoria, si ricordava tutto".

Quali sono oggi le finalità della Fondazione e del Museo di Bassano?

"La Fondazione voluta dalla famiglia Luca, dal dottor Renato e dai figli Alessandro e Alberto che alimentano di idee e progetti il Museo, si è assunta l’onere di alimentare ed arricchire, nei ricordi e nelle testimonianze, il Premio Nobel per la Letteratura che appena diciannovenne visse la fine dell’evento bellico nella loro casa. Hanno voluto trasformare questi luoghi leggendari per la loro storia e l’arte che vi è impressa in un autentico incubatore di idee, un centro di ricerca a livello internazionale. Se è vero, come testimoniano i racconti, le pagine vergate da Hemingway che proprio qui, poco più che adolescente, egli perse definitivamente “l’illusione dell’Immortalità” la villa, i giardini, gli spazi vissuti dal genio della letteratura mondiale non possono che diventare un nuovo spazio di cultura. Di trasmissione della conoscenza. Va di conseguenza l’impegno a mettere in relazione con Bassano, con Villa Ca’ Erizzo Luca, i luoghi del Veneto amati da lui. Da Schio a Fossalta, da Venezia e dalla laguna di Caorle a Cortina, al resto d’Italia ma soprattutto con i luoghi di Hemingway, da Cuba a Key West il Florida, a Chicago dove è nato, a quella Francia dove ha vissuto ventenne i fast della Generazione Perduta, alla Spagna dei toreri, all’Africa delle sue avventure di caccia. Hemingway è un grande narratore di emozioni, tornava volentieri dalle nostre parti. Diceva: A volte penso che viviamo solo a metà. Gli italiani invece vivono fino in fondo".

 

nr. 11 anno XXIII del 24 marzo 2018

Hemingway in Veneto (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)



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