NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Musica sacra e jazz
si incontrano al cimitero

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Musica sacra e jazz<br>
si incontrano al cimitero

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom



Anche quest’anno al New Conversation-Vicenza Jazz festival abbiamo assistito al suggestivo evento al Cimitero Maggiore: dopo la passata edizione in cui ci ha proposto un concerto per pianoforte e pietre con nastro magnetico, è tornato il jazzista sardo Gavino Murgia che con l’ensemble vocale Cantar Lontano diretto dal M° Marco Mencoboni hanno proposto un remake di un famoso disco del ’94 “Officium Divinum”, un progetto di ricerca nell’ambito del jazz e della musica sacra che fu firmato da Jan Garbarek e l’ensemble vocale Hilliard, e che fu prodotto da Manfred Eicher. Questo progetto è stato ripreso da Gavino Murgia che ha aggiunto le sonorità del canto a tenore tipico della tradizione sarda.

L’ensemble Cantar Lontano sono 4 voci, alcune molto alte che si sposano bene con il tuo sax. Il jazz è una musica contemporanea e il loro è un canto antico, come si sposano questi due linguaggi?

Musica sacra e jazz<br>si incontrano al cimitero (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Gavino Murgia: “Cercando di unire le sensibilità di ognuno di noi. Hai detto voce alta, uno dei cantori è controtenore e fa la parte di soprano cantando in falsetto: Alessandro Carmignani, uno dei più grandi esponenti di questa tecnica con quel registro di voce in assoluto al mondo. Il sax che ho suonato era un soprano e abbiamo fatto un omaggio a Jan Garbarek e Hilliard Ensemble: sono amico di Garbarek e quando si sono sciolti nel 2015 non ci potevo credere, l’ho chiamato e gli ho chiesto se potevo farlo io. Con l’ensemble che si è esibito con me ( Cantar Lontano ndr), Alessandro Carmignani, Paolo Borgonovo, Gugliemo Buonsanti che tra l’altro è di Vicenza e Riccardo Pisani siamo qui a riproporre questo straordinario connubio tra la musica antica e il linguaggio contemporaneo del jazz e dell’improvvisazione".

Il Jazz nasce come musica degli immigrati italiani o dei figli degli schiavi neri e col tempo è diventata musica di ricerca. Come mai il canto polifonico sacro è rimasto fedele a se stesso rimanendo nell’ambito della musica colta?

“Il jazz è nato ai primi del’900, contemporaneamente allo sviluppo delle tecnologie e dei mezzi di diffusione mentre la musica antica è nata in un periodo in cui l’unico modo per conservarla era quello di scriverla o di tenerla nella memoria. Da allora ad oggi si canta con colori diversi perché nel frattempo l’uomo si evolve e aggiunge alte inflessioni. È una fortuna che si sia conservata in modo fedele da quando è nata perché ci dà modo di ascoltare sonorità che oggi verrebbero immediatamente trasformate: siamo alle origini della polifonia. Tutto può essere modificabile ma deve stare dentro quei canoni altrimenti diventa un’altra cosa".

Musica sacra e jazz<br>si incontrano al cimitero (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)L’anno scorso sei venuto con Enrico Intra al piano e Pietro Pirelli e le sue “pietre sonore”: rocce tagliate dentro le quali lui faceva scorrere un nastro magnetico. Un incontro sonoro molto diverso da quello che hai proposto quest’anno. Queste due esperienze come si pongono nell’ambito del tuo percorso di crescita? Un approccio al suono che per te musicista può essere simile, rocce che suonano e la voce, (perché parliamo di aria che produce un suono) per noi spettatori può sembrare un percorso diverso.

“Lo stimolo che arriva dal suono di pietra è diverso da quello di 4 voci polifoniche e cercando un’interazione sei sempre stimolato a fare una cosa diversa perché da lì ti arriva un’altra cosa. Quelle rocce in realtà nascono come sculture e non come strumenti, sono realizzate da un grandissimo scultore sardo scomparso 2 anni fa, Pinuccio Sciola, le sue opere sono diffuse in tutto il mondo e nel cercare la forma e creare questi tagli ad un certo punto ha intuito che poteva esserci questa voce della pietra che usciva fuori e Pietro Pirelli è uno di quelli che ha lavorato su questa cosa".

Più che un concerto è una performance da museo.

Musica sacra e jazz<br>si incontrano al cimitero (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Eh si anche nei musei l’abbiamo fatta, certo”.

Poi c’è la tradizione del canto sardo che diventa quasi uno strumento concertante con il canto gregoriano e polifonico rinascimentale e l’effetto è di una maggiore ancestralità quasi un ponte storico con quello che poteva esserci prima.

“Brava! Hai intuito bene. in quella polifonia non sempre è scritto che è prevista anche una voce di bordone, che è più o meno quello che faccio io, questo suono forte che crea la base sulla quale si appoggiano le altre voci".

Come si chiama questa tecnica?

“Non ha un nome, questo che faccio io deriva dal canto a tenore, come lo chiamiamo in Sardegna, probabilmente deriva dalla definizione latina ad tenorem che vuol dire forte, potente. Hai detto bene: crea un ponte tra l’ancestralità e la musica antica, infatti quando lo faccio insieme a loro hai visto come lega".

Musica sacra e jazz<br>si incontrano al cimitero (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ti abbiamo sentito seguire l’ensemble mimando col sax il motivo del canto sacro. Il tuo strumento può togliere sacralità a questo canto che vediamo come legato alla Chiesa mentre il sax è qualcosa di più secolarizzato?

“Mah, probabilmente si, i connubi di questo tipo servono anche a rompere gli schemi: si è dissacranti per creare qualcosa di nuovo altrimenti quella musica là rimane uguale dal 1200 ad oggi".

Questa musica, suonata come l’hai suonata tu, con questo strumento mi sembra quasi che assuma un colore marziale, mi sembra di sentire una variante de “Il Silenzio”, che si suona ai funerali militari o all’ammaina bandiera.

“Questa impressione l’hai avuta perché non c’era nessun altro strumento, a parte le voci, che aveva un dialogo in quello spazio che si svolgeva completamente da solo. Probabilmente nella tua esperienza di ascoltatrice uno strumento da solo lo hai sentito quando si suona “Il silenzio” e quindi ti viene da collegarlo".



nr. 20 anno XXIII del 26 maggio 2018

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