NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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La figura di Neri Pozza

Dal convegno al diario

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Neri Pozza

Ai primi di novembre Fondazione di Storia e Accademia Olimpica, in collaborazione con Biblioteca Bertoliana e Neri Pozza Editore, avevano dedicato alla figura di Neri Pozza una giornata di studi e conferenze a palazzo Giustiniani Baggio in occasione del trentennale della scomparsa dell'artista, scrittore ed editore vicentino. Negli stessi giorni usciva per i tipi dell'editore vicentino Ronzani il libro Neri Pozza - Diario 1963-1971 a cura di Marco Cavalli, la cui collaborazione con Ronzani si era già concretizzata qualche mese fa con la pubblicazione del bel libro dedicato a Virgilio Scapin (La compagnia di Virgilio). Presentato in anteprima alla rassegna culturale Profumo di Carta ad Isola Vicentina a fine ottobre, il libro è un documento di grande importanza pubblicato a trent'anni dalla morte di Neri Pozza (1912-1988) e dedicato ai lettori vicentini ma anche a chiunque voglia conoscere ancor più da vicino una personalità tra le più affascinanti e poliedriche della cultura italiana del secolo scorso. Neri Pozza aveva spiccate attitudini artistiche, ed è stato un pregevole scultore e incisore, oltre che collezionista. Ma soprattutto è stato un editore di fiera e apprezzata indipendenza di giudizio, capace di riconoscere e coltivare gli autori davvero meritevoli di esser portati al successo (si deve a lui la scoperta di Goffredo Parise). Dal piccolo osservatorio provinciale di Vicenza, città assai più amata che odiata, Pozza racconta se stesso alle prese con situazioni, motivi e personaggi di un'Italia che la nascente società del benessere sta trascinando verso un radicale mutamento di cultura e di costumi. E mentre osserva e commenta le fasi convulse di questa trasformazione - per lo più con disapprovazione, ma senza mai rinunciare a prendere parte alla vita contemporanea - Pozza matura a sua volta un cambiamento inaspettato, testimoniato proprio da queste pagine: il passaggio, a quasi sessant'anni, da editore a scrittore.

Neri Pozza (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Nelle pagine introduttive intitolate Una città chiamata Neri Pozza, Cavalli scrive che nel 1963, quando inizia a scrivere questo diario, Neri Pozza ha cinquant’anni. Nell’Italia del boom economico entra da editore che ha le carte in regola e un catalogo di tutto rispetto. Si è fatto un nome anche come scultore, pur avendo abbandonato da un pezzo la scultura a favore dell’incisione. Antifascista della prima ora, si è mantenuto in rapporti con i leader del Partito d’Azione. Politicamente, proviene dal socialismo. È un radicale testardo, che tiene il piede in molte scarpe, ha modi ruvidi e toni sferzanti, ma è stimato e perfino un po’ temuto negli ambienti letterari ed editoriali che contano. A gennaio si è sposato con rito religioso (ma senza iscrizione nei registri civili) con Lea Quaretti, la scrittrice di origini parmensi sua compagna e collaboratrice dal 1945. In una fotografia di quel periodo che lo ritrae a Cortina accanto alla moglie, Pozza ha l’aspetto che manterrà inalterato fino alla morte: i baffi e la breve barba spruzzati di grigio al pari dei capelli; l’espressione di orgoglioso riserbo, ma non arcigna; un’aria di risolutezza accentuata dal fisico massiccio. L’eleganza attillata della persona appare precoce, in anticipo sull’età anagrafica; in compenso, le membra e gli occhi hanno qualcosa di troppo energico ed ardente per non sembrare sfasati anche rispetto all’euforia del momento storico. Come in tutti gli uomini di grande ardore intellettuale - scrive Cavalli - anche in Pozza c’era un misto di razionalità e irrazionalità. È razionale il bisogno di cimentarsi, di sperimentare anche la febbre intermittente del diario. È irrazionale la certezza di riuscire, di eludere le insidie dell’autoreferenzialità semplicemente non occupandosene. Sono scelte compiute con la simpatica protervia o lo “spontaneo ottimismo” dell’autodidatta. Tipica degli autodidatti è l’ostinazione nell’errore, la fiducia cieca in ciò in cui credono. Il Pozza cinquantenne che con ogni possibile candore si impone di tenere un diario ricorda un po’ Cristoforo Colombo che perfino anni dopo aver scoperto l’America rimane certo di poter raggiungere le Indie. D’altra parte, avendo origini vicentine, Pozza non poteva non essere un po’ ambivalente. Niente di paragonabile alla duplicità di un Piovene, di un Parise, nature, più che combattute, abituate a ospitare e a nutrire l’intrico di contraddizioni che alberga in loro. Un indizio di ambivalenza era già nella doppia sede della casa editrice.

Neri Pozza (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Pozza ne ha posto a Venezia la sede legale, per il prestigio del capoluogo veneto e per una specie di riconoscimento a Lea Quaretti, che aveva fatto di Venezia la sua città d’adozione. Ma la sede operativa è e rimarrà fino alla fine Vicenza, e un luogo in particolare di Vicenza: l’appartamento di Ponte San Michele dove Pozza ha vissuto insieme con la madre fino alla morte di lei, e che gli fa da abitazione e da ufficio. Vicenza è il luogo dove, ancorandosi, Pozza si muove, si sente vivo. Venezia è la stazione di andata e ritorno degli spostamenti obbligati non meno che apparenti, soprattutto se paragonati all’altro andirivieni, interno a Vicenza. Personalità dinamica, irrequieta, Pozza sceglie di esplorare un orizzonte mentale e materiale volutamente circoscritto e diventa un viaggiatore anche in polemica verso il costume nazionale, che proprio in quegli anni scopre e propaganda il turismo di massa. Questo del nomadismo in uno spazio risicato, dentro una cella in cui ci si rinchiude per disubbidire a una generale esortazione a evadere, è un motivo che ritorna frequentemente nel diario. I colleghi, artisti o scrittori, che per ragioni diverse hanno preferito allontanarsi dal luogo delle origini, Pozza li valuta secondo l’uso che hanno saputo fare del loro sradicamento. Andarsene in Inghilterra - riferendosi a Meneghello - ha senso se poi una volta lì si scrive in italiano un libro su Malo. Vicenza è uno specchio su cui Pozza si china quotidianamente e che gli restituisce l’immagine di sé più vera perché la più preziosa dopo, il che significa, di solito, la meno gradita subito. La topografia della città palladiana ripetutamente incisa diventa allora un diario, l’unico plausibile diario intimo di una personalità che ha sempre avuto in sospetto l’introspezione. È un diario perché, come nei ritratti, il soggetto dà informazioni soprattutto sulla mano che lo dipinge; è intimo perché al riparo da curiosità oziose perfino una volta reso pubblico. A nessuno infatti verrebbe in mente di cercare i lineamenti di Pozza là dove è sicuro di non trovare i propri.

Nei giorni in cui la Bertoliana dedica a Neri Pozza e ai trent’anni dalla sua scomparsa un ciclo di tre incontri (i prossimi due il 7 e il 18 dicembre), abbiamo incontrato Marco Cavalli e dialogato con lui.

Neri Pozza (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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