NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Paesaggi della Resistenza

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Paesaggi della Resistenza

Perché, con Calvino e Fenoglio, la vostra scelta è caduta sul vicentino Luigi Meneghello e I piccoli maestri?

"La scelta è stata quasi naturale. Calvino, Fenoglio e Meneghello sono tre grandi scrittori del Novecento; hanno preso parte alla lotta di Liberazione; hanno riversato quella loro esperienza in opere di alta letteratura; hanno trattato la Resistenza senza cedere alla retorica. Proprio per quest’ultima ragione, i loro romanzi “resistenziali” sono stati considerati quasi come “eretici” da chi, nel dopoguerra, si era eretto a esclusivo custode della memoria di quel periodo della nostra storia".

Che impressione si è fatto dell'Altopiano di Asiago e di quei luoghi in cui si sono combattute battaglie così terribili e sanguinose?

"Ciò che normalmente definiamo paesaggio è il risultato dell’interazione tra uomo, storia e ambiente. L’Altopiano di Asiago è in questo senso il paesaggio dei Piccoli maestri. Si configura come un palinsesto, in cui si sono sedimentate le vicende degli uomini nel corso del tempo (come quando nell’avventura dei protagonisti riemergono le tracce lasciate dalla Grande guerra), e condiziona profondamente i giovani partigiani, trasformandoli. Quando, ad esempio, giungeranno nella malga Landrina, il narratore potrà dire: Siamo arrivati, siamo partigiani".

Cos'era per Meneghello "l'andare in montagna"?

Paesaggi della Resistenza (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)"Questa è un’espressione che ritorna di frequente nei racconti dei partigiani. Evoca il momento del distacco dalla pianura, l’abbandono della vita civile, con tutto il suo corredo di sicurezza e comodità. È il momento della scelta, di una scelta i cui esiti erano in quel momento imprevedibili. Per Meneghello, il momento della “salita” è anche quello in cui sente quei monti veramente familiari e suoi. È come se, distaccandosi dalla pianura, iniziasse anche per lui quel processo di «fusione tra paesaggio e persone», che, secondo Italo Calvino, costituirebbe il carattere distintivo della Resistenza".

Un'altra figura importante di cui si parla nel libro è il partigiano vicentino Antonio Giuriolo, scomparso di lì a poco. Che uomo era?

"Il gruppo di partigiani vicentini di cui si parla nel romanzo di Meneghello si era formato alla scuola di Antonio Giuriolo, «nobilissimo esempio di educatore senza cattedra», come lo definì Norberto Bobbio. Per il nostro scrittore, Giuriolo fu una sorta di santo laico. Non aveva potuto accedere all’insegnamento, poiché si era rifiutato di prendere la tessera del partito fascista, ma, come scrisse Alessandro Galante Garrone, «aveva socraticamente raccolto attorno a sé un gruppo di giovani, parlando di Croce, di Omodeo, di Salvemini». Cadde in combattimento nel dicembre del 1944".

Cosè per lei la montagna? Una terra di libertà e di ideali, un ambiente da proteggere, un luogo sacro, come direbbe Mauro Corona?

"Io sono un uomo di pianura. La montagna l’ho scoperta da adulto. L’ho sempre guardata e frequentata con rispetto, perché nei racconti familiari era il luogo mitico in cui aveva combattuto mio nonno nel corso della Grande guerra. Ho imparato a conoscerla proprio attraverso le opere che ci hanno accompagnato nella stesura di questo nostro libro. E alla fine di questa esperienza, abbiamo compreso meglio ciò che scrive Meneghello, là dove dice che «lassù ci siamo sentiti liberi» e che il paesaggio dell’Altopiano era entrato a far parte della sua coscienza, "associato per sempre con la nostra idea della libertà".

 

nr. 14 anno XXIV del 13 aprile 2019

Paesaggi della Resistenza (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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