NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Scoperto il più grande ghiacciaio nel ventre delle dolomiti ampezzane

Un gruppo di speleologi vicentini e padovani protagonisti di una eccezionale spedizione a quasi tremila metri di quota

di Giancarlo Marchetto

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Scoperto il più grande ghiacciaio nel ventre delle

Eccezionale scoperta sulle dolomiti ampezzane da parte di un gruppo di 13 speleologi veneti composto da Matteo Burato, Lina Padovan, Angelo Roncolato e Giampaolo Visonà del Club Speleologico Proteo di Vicenza con i colleghi Martina Schiavinotto, Greta Guidi, Winder Alexander Gonzales, Federico Buia, Domenico Carletto, Luca Gandolfo, Cristiano Zoppello e Francesco Sauro del Gruppo Speleologico Padovano. A quasi 3000 metri di quota, in un week-end di intensa attività esplorativa, gli speleologi si sono calati all'interno del "Pozzo di quota 2900" meglio conosciuto come El Cenote o Buco nell'Acqua sul "Piz dles due Forzeles", nei pressi di Cima Lavarella, nel cuore delle dolomiti del parco naturale Fanes-Sennes-Braies. La recente segnalazione dello speleologo del CS Proteo Gianni Lovato sullo scioglimento del tappo di ghiaccio che impediva l'accesso all'abisso, si è rivelata vera ed il risultato è stato strabiliante. All'interno l'abisso è occupato da un maestoso ghiacciaio, il più potente di tutte le Alpi. All'imboccatura un laghetto effimero nascondeva alla vista la prosecuzione ipogea ma quando il bacino si è svuotato naturalmente, gli speleologi hanno avuto accesso ad un vasto sistema di pozzi e gallerie che si sviluppa al contatto fra ghiaccio e roccia e in alcuni punti, i più suggestivi, nel ghiaccio vivo.

La prima discesa di "El Cenote" risale all'estate del 1992 quando, al termine della dura salita con bombole e mute sino agli oltre 2900 metri di quota del lago per tentarne l'esplorazione subacquea, gli esploratori lo trovarono totalmente prosciugato, a meno di una settimana dalla precedente verifica.

La successiva esplorazione speleologica della cavità rivelata dalla scomparsa del lago ha portato alla scoperta di un sistema complesso in cui si debbono utilizzare tecniche di progressione da speleologia e da ghiaccio.

Nell'estate 2003, ad oltre 10 anni da quel primo approccio, quando gli speleologi del "Proteo" hanno ritrovato il bacino idrico nuovamente svuotato e la grotta accessibile, si sono spinti per circa 130 metri all'interno del ghiacciaio sotterraneo fermandosi sulla sommità di un grandioso pozzo strapiombante della profondità stimata di almeno  150 metri.

Si è quindi dovuta attendere l'estate del 2005 per la terza esplorazione nelle viscere del Cenote. Il team esplorativo era formato dagli speleologi Francesco Coccimiglio, Roberto Farinati, Paolo Verico (presidente del CS Proteo), Giampaolo Visonà del Club Speleologico Proteo di Vicenza e da Harald Frenner, della stazione del Soccorso Alpino di S. Vigilio di Marebbe.

Un sogno che Verico era arrivato ad accarezzare quando, per problemi tecnici, aveva dovuto interrompere l'esplorazione all'imboccatura di un enorme pozzo profondo oltre cento metri in una cavità rivestita per uno spessore di almeno 200 metri di ghiaccio fossile.

All'inizio del 2006 una malattia incurabile ha portato via Verico ed il suo sogno di esplorare la più grande caverna nel cuore delle dolomiti.

La scommessa di Verico e del Club Speleologico Proteo di Vicenza, era iniziata agli inizi degli anni 80 sulle dolomiti, attraverso una serie di collaborazioni con l'ente parco e le locali amministrazioni pubbliche che hanno portato allo studio della grande voragine sulla Tofana di Mezzo, delle cavità delle Conturines e soprattutto sulla circolazione idrica nelle aree dolomitiche del Fanes, Sennes e Braies, è legata allo studio dei fenomeni di scioglimento dei ghiacciai dolomitici. Una scommessa suggestiva anche se molto impegnativa per le difficoltà estreme dell'ambiente ipogeo dolomitico e per i problemi connessi alle esplorazioni a quote elevate.  

Nel week-end del 4 e 5 ottobre scorso, a cinque anni di distanza dalle ricerche di Verico, la nuova squadra di esploratori ha dovuto fare i conti sia con le temperature sotto zero ma incredibilmente con la mancanza di acqua da bere per cui si sono dovuti accontentare di recuperare quella di stillicidio. Rispetto al 2005, la via nel ghiaccio si è spostata e gli speleologi hanno dovuto seguire il flusso dell'aria per trovare la strada giusta poi con una breve risalita con piccozza e ramponi raggiungere una finestra che dà accesso a un incredibile condotta di ghiaccio lungo altri pozzi tra le pareti di roccia ed il ghiacciaio.  La sofferenza maggiore per gli esploratori è stata la sete perché la grotta è fredda, congelata ma secca e l'acqua di scioglimento che sono riusciti a recuperare è priva di sali, quasi amara, e dopo averla bevuta hanno accusato, in fase di risalita, problemi di nausea e conati di vomito.

Il gigantesco pozzo non finiva mai di scendere e le corde non sono state sufficienti per toccare il fondo che si apriva sotto i piedi degli esploratori in un nero spaventoso.  Matteo Burato si è così sacrificato risalendo verso la superficie per recuperare la corda del traverso lasciata all'inizio della voragine. 

Quindi l'urlo di gioia irrefrenabile a rimbombare nel buio del pozzo quando Cristiano è arrivato a toccare il fondo. L'ambiente è impressionante, supera i 100-120 metri di lunghezza toccando i 60 metri nel punto più largo ed i 40 in quello più stretto, un enorme "rock glacier". Il baratro subito intitolato a Paolo Verico indicativamente ha un volume pari a quasi un milione metri cubi. Impossibile stabilire lo spessore interno del ghiaccio comunque si tratta senza alcun dubbio del più grande ghiacciaio interno esplorato sulle Alpi. Sul fondo del salone è ben visibile un biscione morenico, chiaro indice che il ghiacciaio è in costante svoluzione. Impossibile contenere l'emozione degli speleologi anche se la stanchezza alle 5 di mattina, a - 280 metri di profondità, si è fatta sentire quindi la risalita per il rientro trionfante nel rifugio a far festa.

Il primo brindisi è stato per Paolo Verico ed al suo sogno che si è materializzato poi al Cenote che ha svelato la sua vera identità di cuore pulsante dei monti pallidi di Dino Buzzati.

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