NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Una rivoluzione scolastica

di Mario Giulianati

facebookStampa la pagina invia la pagina

Una rivoluzione scolastica

La settimana scorsa La Domenica di Vicenza, la rivista on line sulla quale posto questo mio testo, presentava un interessante articolo, direi quasi un breve saggio, sulla scuola italiana, di Italo Francesco Baldo, titolato “La scuola: da Adamo a Renzi” che val la pena di conservare come un promemoria, almeno per quanti si occupano della scuola. Presenta molti stimoli che permetterebbero di svolgere un dialogo ampio e, forse, esauriente, su di un tema che ha interessato, e che tutt’ora interessa, una moltitudine di persone, dai docenti, al personale non docente, ai dirigenti, ovverossia ai presidi, agli alunni e ai loro genitori. Insomma a tutto l’universo scolastico.

Una rivoluzione scolastica (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Mi permetto di riportare un passaggio, alla fine del testo, che pur nella sua sinteticità dice moltissimo (il prof. Baldo in poche righe centra il bersaglio) e, se inteso nella giusta misura, rappresenterebbe una autentica rivoluzione della scuola pubblica italiana. Eccolo Solo qualche voce osa dire che i docenti dovrebbero svolgere tutte le attività a scuola, con un orario eguale a tutti color che lavorano, ossia circa 36 ore alla settimana, suddivise nelle varie attività necessarie, in fondo si può correggere i compiti anche a scuola, come fa oggi qualche docente durante i Collegi dei docenti, e non si neghi!”. Ho tentato, in tempi diversi e in situazioni diverse di sostenere questa tesi, cioè del tempo pieno non per gli alunni, cosa della quale si parla e si polemizza da decenni e bene o male qualche volta si è anche realizzata seppur parzialmente, ma per i docenti, spesso sentendomi rimproverare anche da colleghi. Ad esempio, sette ore al giorno per cinque giorni alla settimana, magari “timbrando il cartellino”, ma svolgere ogni funzione entro quell’orario, dalle lezioni frontali, ai recuperi per gli allievi, la preparazione del docente, la correzione dei compiti, i colloqui, le riunioni ecc. ecc. ecc. Insomma uscire dalla scuola lasciandovi anche la matita rosso-blu. Se si attuasse questo la riforma della scuola, questa ultima e qualche altra, sarebbero cosa di poco conto. Per farlo necessita che la struttura fisica della scuola, cioè lo stesso edificio scolastico sia adeguato alla presenza costante dei docenti, alle loro necessità, cioè oltre alle aule e laboratori, studioli, una biblioteca didattica, una mensa, luoghi di incontro. Ma anche vi fosse una piena disponibilità dei docenti e del personale non docente di utilizzare tutto il tempo a favore del soggetto fondamentale che è, come dice il prof. Italo Francesco baldo, il discente. Ma, d’altra parte, questo tipo di tempo pieno, analogo a quello di tanti altri lavoratori, vedrebbe cadere il luogo comune, spesso falso ma non sempre, dell’insegnante fannullone. Contemporaneamente obbligherebbe il “datore di lavoro”, cioè lo Stato, a riconoscere al personale della scuola una giusta retribuzione, cosa che oggi non è, nemmeno ieri, ma che, malignità più, malignità meno, sembra far comodo che le cose stiano come sono o pressappoco. Mi permetto solo di aggiungere al pensiero del prof. Baldo una mia piccola considerazione: se è giusto che l’impegno pressoché totale del docente sia riversato al discente, credo anche che una autentica riforma - e quella accennata sarebbe assai migliore di tante riforme o pseudo tali prodotte in questi decenni- dovrebbe avere come obbiettivo la crescita della società italiana nel suo complesso.

 

nr. 29 anno XX del 25 luglio 2015



Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar